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Stefano Zurlo per “il Giornale”
Premio Guido Carli Fedele Confalonieri Ignazio Abbrignani Giuseppe Vegas
La pesca dà i suoi primi frutti. La Consob ha tra le mani una lista con i nomi degli intermediari che si sarebbero mossi con straordinario tempismo, forse sul filo dell' insider trading, facendo incetta in anticipo di titoli delle banche popolari che Renzi ha trasformato in spa per decreto legge.
Se ne saprà di più oggi quando il presidente dell'organismo di vigilanza, Giuseppe Vegas, verrà ascoltato alla Camera. Ma è chiaro che qualcosa di anomalo è avvenuto poco prima che il premier uscisse allo scoperto, disegnando con un decreto la rivoluzione che dovrebbe cambiare il volto degli istituti di credito da sempre considerati un salvadanaio vicino alle esigenze del territorio: abolizione del voto capitario e trasformazione entro 18 mesi in Spa. Un terremoto che ha innescato una feroce contesa politica: la linea di opposizione al decreto taglia trasversalmente il governo contrapponendo l'Ncd, contrario al cambiamento, al Pd, e rischia di logorare ulteriormente i rapporti già tesi tra il partito del premier e Forza Italia, ai ferri corti dopo la rottura del patto del Nazareno.
Premio Guido Carli Giuseppe Vegas con la moglie
Gli aspetti politici della questione si intrecciano con le possibili speculazioni di chi tra il 15 e il 16 gennaio, a ridosso della svolta renziana, ha anticipato i tempi acquistando in Borsa le azioni delle popolari per passare poi all'incasso dopo il 19, quando ormai la partita era diventata ufficiale. Qualcuno, malignando, ha provato a illuminare il parterre degli amici di Renzi.
«Nel mirino delle polemiche - ricorda Dagospia - è finito il finanziere Davide Serra, grande amico e consigliere del premier, che ha ammesso di avere una posizione di rilievo in una popolare (dovrebbe essere Banco Popolare), ma che ha escluso di avere operato in Borsa sulle popolari in questo 2015». Ma le voci e le suggestioni si inseguono. È stato lo stesso presidente del Consiglio, ospite di Porta a porta , a mettere le mani avanti, con una sorta di insistita dichiarazione preventiva: «Se qualcuno, chiunque sia, o comunque si chiami, ha utilizzato informazioni riservate, io stesso chiederò un'indagine rigorosa alla Consob e ad altri, così che pagherà fino all'ultimo centesimo e all'ultimo giorno».
In realtà l'indagine già c'era e non si capisce perché Renzi abbia sottolineato l'ovvio. Venerdì scorso, il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, ha risposto all'interpellanza di Renato Brunetta mettendo il dito nelle piaga: «Le analisi finora effettuate hanno rilevato la presenza di intermediari aderenti ai mercati con posizioni premianti. Tali posizioni risultano articolate in acquisti antecedenti al 16 gennaio, eventualmente accompagnati da vendite nella settimana successiva». È la fotografia, sia pure iniziale, di quel che è accaduto dietro le quinte del decreto che ha modificato il Dna delle prime dieci popolari (quelle con asset superiori agli 8 miliardi di euro).
Dagospia prova a fare un passo in più: «Molti acquisti sono partiti da Londra e dal Lussemburgo, tanto che la Consob è impegnata in indagini delicate anche all'estero, indagini che richiederanno qualche settimana». Ma chi si occupa del dossier sottolinea che, più che i rialzi, sono rilevanti i volumi delle transazioni, elevati e molto al di sopra della media. Si sussurrano dunque i nomi di alcuni finanzieri, ma sarà oggi Vegas a fissare, davanti all'emiciclo di Montecitorio, i primi paletti.
davide serra matteo renzi maria elena boschi
Intanto alla Camera ci si prepara alla battaglia. Il mondo cattolico è contrario alla riforma che travolgerebbe una realtà preziosa: le popolari, pur con tutti i loro difetti, sono sempre state vicine al territorio, alle esigenze delle piccole imprese, al tessuto produttivo che è alla base del miracolo italiano. La riforma Renzi non raschierebbe solo le incrostazioni di potere, ma farebbe morire questo piccolo mondo antico.
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