FLASH! - RUMORS ALLA FIAMMA (GIALLA): IL COMANDANTE GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, ANDREA DE…
Francesco De Dominicis per "Libero"
Unicredit va avanti per la sua strada e non ha allo studio la fusione con Intesa Sanpaolo. Dopo quattro giorni di voci incontrollate, l'amministratore delegato di piazza Cordusio, Federico Ghizzoni, mette un punto fermo sul presunto matrimonio con Ca' de Sass. I due principali gruppi bancari del Paese fusi? Niente da fare, dice Ghizzoni: «Non ho commenti, andiamo avanti per la nostra strada» ha osservato ieri riferendosi alle tappe del piano strategico che prevede, tra altro, l'avvio, da gennaio, della riorganizzazione in Italia. Tema, quest'ultimo, al centro di un incontro - nel pomeriggio di ieri - con 250 manager, ai quali l'ad ha presentato, insieme al country chairman Gabriele Piccini, il progetto «banca unica» per dare ai territori più poteri sul creditio e sui prezzi.
Di là dalle parole di Ghizzoni, della integrazione fra i due principali player bancari italiani si continuerà a parlare . A gettare il sasso nello stagno, lo scorso 1 novembre, un articolo del Corriere della sera, secondo cui la fusione sarebbe caldeggiata da alcuni banchieri e avrebbe una logica difensiva. Giusto ieri la Libia post Gheddafi è ritornata in possesso delle sue quote in Unicredit (e pure in Finmeccanica) grazie al dissequestro deciso dai giudici di Roma.
C'è da dire che a piazza Cordusio, Ghizzoni era stato preceduto da Fabrizio Palenzona. Il vicepresidente Unicredit, sabato, aveva bollato l'idea come «totalmente irrealizzabile, fuori da ogni senso reale, industriale e finanziario». Palenzona non vede rischi di scalate estere su Unicredit che, con i suoi 20 miliardi di capitalizzazione in Borsa, è vulnerabile in caso di «aggressioni».
Tesi rigettata al quartier generale. Insomma, è solo una boutade? Meno secche del vertice di Unicredit sono sembrate le prese di distanza degli alti esponenti di Intesa che nelle logiche del merger dovrebbe fare la parte del leone. Ne hanno parlato sia il ceo, Enrico Tommaso Cucchiani, sia il presidente del consiglio di gestione, Andrea Beltratti. Quest'ultimo si è trincerato dietro un prudente «no comment», mentre l'ex numero uno di Allianz si è limitato au n «tanto rumore per nulla».
Dichiarazioni che lasciano aperte le porte per le nozze più importanti della storia bancaria del Paese. I mercati sono possibilisti: ieri in una giornata nera per il settore bancario, è stato più contenuto del comparto sia il calo di Intesa (-2,13%) sia quello di Unicredit (-0,85%). In ogni caso, una delle alternative su cui sono puntati i riflettori, la meno dolorosa per le sovrapposizioni della rete e quindi anche per gli eventuali tagli all'occupazione - prevede lo spin off del ramo italiano di Unicredit (che resterebbe in mano alle fondazioni di piazza Cordusio: Cassamarca, Carito e Cariverona) e il passaggio degli asset esteri sotto il cappello di Intesa.
Delle smentite più o meno nette non può che prendersi atto. Tuttavia, il progetto è stato perlomeno accarezzato: del resto, lo stesso quotidiano di via Solferino ha riferito di un dossier curato dal banchiere d'affari Claudio Costamagna. Il quale avrebbe sondato Unicredit sulla fusione, per mettere in sicurezza anche la filiera Mediobanca-Generali, su sollecitazione di Giovanni Bazoli e Giuseppe Guzzetti, rispettivamente presidente del cds di Intesa e della fondazione Cariplo. Sul possibile ruolo di Costamagna è intervenuto con una battuta Giovanni Puglisi, presidente della fondazione Banco Sicilia, piccolo azionista di Unicredit. «Costamagna ha già fatto l'operazione Capitalia, lo stimo e gli voglio bene, però un'operazione ogni mezzo secolo basta» ha osservato il rettore della Iulm. Ma non è la parola fine.
ENRICO CUCCHIANI GIOVANNI BAZOLI GUZZETTI FEDERICO GHIZZONI A CERNOBBIO jpegFABRIZIO PALENZONA ANDREA BELTRATTI alessandro ovi claudio costamagna lapIl rettore dello Iul Giovanni Puglisi
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