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DAGOREPORT - SERVIZI E SERVIZIETTI: IL CASO ALMASRI E' UN “ATTACCO POLITICO” ALLA TRUMPIANA MELONI?…
1. DRAGHI NON CAMBIA LINEA: ECONOMIA EUROPEA FERMA. BCE PRONTA A NUOVE MISURE
Andrea Tarquini per “la Repubblica”
“Super Mario” è passato al contrattacco, e sembra spiazzare i falchi rigoristi alla Bundesbank, in seno alla stessa Banca centrale europea e altrove. Dopo giorni di critiche alla sua politica di misure non convenzionali, dopo l’allarme per le voci di fronda contro di lui dei governatori nazionali al vertice dell’Eurotower, il presidente Bce ieri ha ammonito — dopo la riunione del board — che la situazione nell’eurozona sta peggiorando, e che «il Consiglio direttivo è unanime nel prendere in considerazione ulteriori misure non convenzionali» da adottare «solo se necessario», se si prolungherà il periodo di bassa inflazione. Non è finita: il bilancio Bce aumenterà di mille miliardi, «a quota 2012», per poter effettuare in corsa ogni intervento.
I tassi restano al minimo storico, lo 0,05 per cento, le obiezioni tedesche anche su questo sono state ignorate. E poche ore dopo, Draghi incassava indirettamente un successo politico: a sorpresa, il potente ministro delle Finanze federale, Wolfgang Schaeuble, annunciava un piano d’investimenti pubblici di Berlino per almeno dieci miliardi nei prossimi tre anni concentrati soprattutto sulle infrastrutture, per sostenere crescita e lavoro «ma senza aumentare il debito tedesco».
Un passo inatteso, che politicamente sembra rafforzare Draghi Poche riunioni del board Bce sono state attese come quella di ieri. Attacchi di Weidmann, riserve di altri membri del vertice come l’austriaco Ewald Nowotny contro il quantitative easing e contro passi verso l’acquisto di titoli sovrani, le diffuse voci sulla fronda dei governatori, avevano creato un clima pesante, che la cauta Sueddeutsche Zeitung descriveva come “La solitudine di Mario Draghi”.
SCHAEUBLE DRAGHI FOTO LAPRESSE
Ma il presidente appunto ha contrattaccato. La situazione nell’eurozona peggiora, egli ha in sostanza ammonito. «E’ in corso un indebolimento della dinamica di crescita che indica una revisione al ribasso della crescita del prodotto interno lordo reale fino al 2016».
Situazione allarmante, dunque, tanto che l’Ocse suggeriva apertamente alla Eurotower di procedere verso il quantitative easing, acquisto di titoli anche sovrani direttamente sul mercato, con cui la Fed ha risollevato gli Usa dalla recessione e che la Bank of Japan sta ampliando.
Il consiglio Bce è unanime nella determinazione a usare in corsa ulteriori misure non convenzionali, la loro preparazione è già a uno stadio avanzato, ha aggiunto Draghi. E poi appunto ha confermato la decisione di aumentare di mille miliardi il bilancio dell’istituto, ignorando i no tedeschi.
«Non c’è una linea di demarcazione tra Nord e Sud dell’Europa nel Direttorio», egli ha poi incalzato minimizzando voci di fronde, scontri, attacchi alla sua leadership. Alla cena coi governatori l’altro ieri sera la discussione è stata franca, ma nel complesso «è andata meglio del previsto».
Non si spegne la polemica a distanza tra Renzi e il presidente della Commissione Jean Claude Juncker: «Dicono che non sono un covo di burocrati? Ce lo dimostrino, liberino le risorse dal patto di stabilità, per gli investimenti, per il futuro ». Reazioni da Bruxelles dal presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem e in particolare il commissario all’Economia Pierre Moscovici: «Usiamo tutta la flessibilità possibile, ma senza esagerare con la creatività».
2. STOP A WEIDMANN MA LA RESA DEI CONTI ARRIVERÀ
Federico Fubini per “la Repubblica”
Quando in un’istituzione qualcuno muove dal dissenso sulle scelte alle insinuazioni sul conto di chi le compie, di solito il momento della verità è vicino. La partita si fa sleale perché sta entrando nei momenti decisivi: per la Banca centrale europea quella fase è iniziata in questi giorni con le (presunte) rivelazioni calibrate all’indirizzo del suo presidente, Mario Draghi.
Anonimi banchieri centrali lo hanno accusato di agire senza ascoltare quasi nessuno, di ignorare i colleghi, muovendosi quasi in segreto. La reazione di Draghi ieri, all’uscita di una delle riunioni più delicate nella storia della Bce, dimostra però che attaccare la sua reputazione può ritorcersi contro chi lo fa.
Ieri Draghi non ha battuto i suoi critici provenienti dalla Bundesbank, dal Lussemburgo o dai Paesi baltici, né peraltro è andato alla resa dei conti con loro. Ha dimostrato però che è in grado aggirarli e ha mosso un altro piccolo passo verso l’obiettivo suo e della maggioranza dei banchieri centrali europei: la creazione di moneta per circa mille miliardi di euro, per poi immetterla nell’economia dell’area anche comprando titoli di Stato. Da ieri l’obiettivo di muovere verso l’alto le dimensioni del bilancio da duemila in direzione della soglia dei tremila miliardi circa, benché ambiguamente, è diventato politica ufficiale della Bce.
È attorno a quest’idea che da due mesi i rapporti tra Draghi e Weidmann, il presidente della Bundesbank, si sono avvitati. Draghi aveva indicato l’intenzione di far crescere il bilancio della banca “ai livelli di inizio 2012”, cioè a 2.700-3.000 di euro, quando a settembre accelerò sul piano di acquisti di pacchetti di prestiti privati (i cosiddetti Abs) e di bond garantiti.
Era la sua risposta alla frenata dell’economia in Europa e alla caduta continua negli indici dei prezzi. Otto Paesi su 18 in zona euro, Italia inclusa, sono sulle soglie o già nella trappola della deflazione. Nell’area il carovita si ferma allo 0,3%, molto sotto agli obiettivi e già a livelli tali da paralizzare i consumi e gonfiare il peso dei debiti (anche quello del governo italiano) rispetto ai redditi.
La chiave dello scontro fra Draghi e Weidmann è dunque proprio in quell’obiettivo di creazione di moneta per mille miliardi per sostenere un po’ i prezzi. Lo è, perché è del tutto improbabile che la Bce riesca a fare ciò che indica Draghi grazie alle sole misure decise fin qui: le nuove aste di liquidità a lungo termine avviate in autunno hanno una soglia massima di 400 miliardi, ma per ora le banche stanno raccogliendo appena una frazione di quelle somme.
Quanto agli acquisti di pacchetti di prestiti, la banca di Londra Barclays stima che nel 2015 porteranno 60 miliardi e quelli sui bond garantiti altri 50. Per allargare il bilancio del- la Bce di un terzo e arrivare a mille miliardi in più, come detto da Draghi in settembre, non resterebbe dunque che acquistare titoli di Stato di tutti i Paesi: Italia, Grecia, Germania, Francia e via elencando.
È qui che Weidmann, sostenuto da olandesi, lussemburghesi e baltici (ma non dai governatori di Finlandia e Austria) ha accusato Draghi di giocare con colpi bassi. L’annuncio di settembre, ha detto il tedesco, non sarebbe stato deciso in comune ma ora vincola la Bce.
Non è un caso se un mese dopo quel primo impegno, nella riunione della Bce tenuta a Napoli in ottobre, il presidente italiano ha dovuto fare una parziale marcia indietro. Ieri è andato in scena un nuovo episodio dello stesso duello, ma di segno opposto: la dichiarazione letta da Draghi dopo la riunione con i suoi 23 colleghi del consiglio direttivo, per la prima volta, mette nero su bianco il progetto di alzare il bilancio della banca “verso il livello” a cui era all’inizio del 2012: intorno ai tremila miliardi e non a duemila come oggi.
In quell’indicazione di direzione, non di una soglia fissa, si nascondono l’ambiguità e la vaghezza che hanno permesso a Draghi non passare per una vera conta dei favorevoli e dei contrari. In queste condizioni è passato in qualcosa che somiglia all’unanimità, senza che le linee di frattura sotto la superficie si siano richiuse. La Bce si è poi detta pronta a fare anche di più se l’inflazione deludesse nei prossimi mesi. Draghi segna un punto in un momento difficile. Ora la scena per la resa dei conti del 2015 con la Bundesbank è pronta, se davvero deciderà di prendere quella strada.
COPERTINA DELL'ECONOMIST RENZI DRAGHI HOLLANDE MERKEL
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