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Arturo Zampaglione per “la Repubblica - Affari & Finanza”
Tutto è pronto nel quartiere generale di Amazon, a Seattle, per un cambio della guardia dal sapore epocale. Lunedì 5 luglio, Jeff Bezos, che era solo trentenne quando mise a soqquadro il mercato internazionale dei libri, e che ha poi guidato la rivoluzione dell'e-commerce a livello globale e si è imposto in diversi settori (dal giornalismo e all'esplorazione dello spazio, dal cinema all'intelligenza artificiale), diventando nel frattempo l'uomo più ricco del mondo, passerà il testimone ad Andy Jassy.
Il nuovo chief executive, 53 anni, finora responsabile del cloud computing del gruppo, guiderà un impero con un milione e 200mila dipendenti e una capitalizzazione di borsa di 1.650 miliardi di dollari.
«Fidatevi di lui, è un ottimo manager», ripete Bezos, nel tentativo di tranquillizzare investitori, analisti (e politici), ancora confusi per il nuovo corso e preoccupati per il passo indietro del fondatore (e maggior azionista), che da luglio si accontenterà del ruolo di "presidente esecutivo" del gruppo.
Resta il dubbio: perché Bezos lo ha fatto? Perché, a soli 57 anni, ha rinunciato a una posizione di tanto potere e immenso prestigio? «Per perseguire altri interessi e altre passioni», risponde lui, ricordando che negli ultimi anni si è già lanciato in tante altre avventure imprenditoriali, a cominciare da Blue Origin, la società texana per l'esplorazione dello spazio, in cui investe annualmente 1 miliardo di dollari.
Del resto, proprio dallo spazio, comincerà la seconda vita di Bezos: il 20 luglio, appena due settimane dopo aver lasciato la poltrona di Amazon, sarà a bordo della capsula New Shepard (Nuovo pastore), inaugurando insieme al fratello Mark la prima missione "turistica" della Blue Origin.
«Sarà una grande avventura», ha detto Bezos dando l'annuncio su Instagram. «Sognavo di andare nello spazio sin da quando avevo 5 anni». Intendiamoci: si tratterà di un breve volo suborbitale, a non più di 100 chilometri dalla superficie terrestre. Ma ovviamente comporterà vari rischi, forse troppi.
Lui non ci fa caso. Chi lo conosce, dice che è entusiasta del progetto ed è convinto più che mai convinto della svolta esistenziale: che, dall'esterno, può apparire anticonformista, quasi bizzarra, ma che in realtà ricalca un modello molto diffuso tra i "tech billionaries", i giovani miliardari dell'alta tecnologia.
Basta ricordare che Bill Gates aveva appena 53 anni (ed era ancora l'uomo più ricco del mondo, prima di essere superato da Bezos) quando lasciò a Steven Ballmer la gestione quotidiana della Microsoft per dedicarsi, insieme alla moglie Melinda da cui ha appena divorziato, alla sua Fondazione filantropica.
E che nel 2019, a soli 47 anni, i due fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin, hanno abbandonato la tolda di comando del motore di ricerca di Mountain View per dedicarsi ad altri interessi (e godersi i miliardi accumulati).
Questo modello si discosta in modo netto da quello di altre epoche e altri settori, quasi a indicare un diverso dna degli imprenditori hi tech. Tradizionalmente e ovunque nel mondo, capitani di industria, grandi banchieri o magnati del petrolio sono rimasti al timone delle aziende fino a tarda età.
Ancora adesso, Warren Buffett, che ha 90 anni (e 96 miliardi di dollari), coltiva la sua immagine di "mago di Omaha" lavorando sodo e diffondendo i dogmi della sua saggezza finanziaria, quasi a dispetto di criptovalute e "meme stock”.
Rupert Murdoch continua a guidare il suo impero editoriale a 90 anni suonati. Anche Charles Koch, paladino (e finanziatore) della destra americana, non demorde: a 85 anni, e con 46 miliardi, non pensa minimamente ad andare in pensione. Bezos e i suoi colleghi del mondo hi tech hanno invece un atteggiamento molto diverso: legato a ragioni generazionali, finanziarie e psicologiche.
È vero che per tutto il mondo - e non solo per il club dei baby-miliardari - la vita media si è allungata, aprendo per molti la possibilità di una seconda vita, o addirittura di una "terza", dopo la prima parabola professionale: come ha raccontato bene Enrico Oggioni nel suo libro I ragazzi di 60 anni (Mondadori).
L'industria tecnologica ha poi permesso arricchimenti rapidissimi, quasi inconcepibili nel passato: Bezos era appena trentacinquenne quando entrò nella classifica dei Paperoni stilata annualmente a Forbes, con un patrimonio di 10,1 miliardi di dollari (adesso, di miliardi, ne ha 188).
La rapidità (e relativa facilità) dell'accumulazione patrimoniale ha avuto due altri effetti: da un lato ha ridotto l'incentivo a lavorare più a lungo nella speranza di ulteriori guadagni, favorendo così i prepensionamenti; dall'altro ha reso più effimero il concetto di ricchezza, che è finito per passare in secondo piano rispetto ad altre motivazioni, come amori, passioni, benessere, ruoli sociali e retaggio.
Certo, in America più che altrove, viene alimentato il mito del pensionamento precoce. L'etica calvinista del lavoro cede il passo al miraggio di una vita opulenta, fattiva, proiettata nelle bellezze del mondo e incoraggiata dall'aiuto (interessato) di Wall Street.
Ma, alla fine, è anche una questione genetica: i nuovi e giovani miliardari dell'industria tecnologica tech sono "diversi", sempre pronti a mettersi in discussione e rischiare nuove imprese. E poi sono tanti, tutti ricchi: secondo l'ultima classifica di Forbes del 2021, grazie all'effetto Covid i "tech billionaires" hanno raggiunto una ricchezza complessiva di 2500 miliardi di dollari, cioè poco più del pil annuale dell'Italia, e superando i loro colleghi della moda, del commercio e della finanza.
Questa seconda vita dei big dell’hi tech rappresenta un trend, un nuovo corso del settore. Sembra una moda: ogni protagonista vuole lasciare un segno al di là del marchio della sua azienda. La difesa dell'ambiente è uno degli obiettivi di maggior interesse. Anche lo spazio. Ma non sono i soli: c'è quasi una competizione verso nuovi obiettivi e nuove frontiere.
Larry Page, ad esempio, ha finanziato la nascita della Singularity Univesrity, un think-tank che si definisce transumanista. Mentre Elon Musk, capo di Tesla e fondatore di Space X (la maggiore società spaziale privata), che compirà 50 anni la settimana prossima, ha già annunciato ufficialmente dove vorrà essere sepolto: su Marte.
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