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1. BONOMI TENTA IL BLITZ PER NON ASPETTARE LA SCADENZA DI APRILE
DAGOREPORT
Grande fermento in piazza Meda storica sede della Banca Popolare di Milano dove, dopo Massimo Ponzellini, e' arrivato come Presidente Andrea Bonomi, più noto per ora solo per essere nipote di Anna e figlio di Carlo.
I dipendenti, da sempre il nucleo forte dell'azionariato della Banca, denunciano in queste ore il blitz dello stesso Bonomi di farsi rinominare per altri tre anni a capo della Banca dal Consiglio di Sorveglianza a lui "amico". In questo modo non rispetterebbe la scadenza di legge dell'aprile prossimo e il voto dell'Assemblea dove sta perdendo la maggioranza che lo aveva portato al vertice e che ora, delusa dal suo operato , lo sta per disarcionare.
Il tentativo di blitz non è sfuggito alla banca d'Italia e alla Consob che hanno sempre considerato l'Assemblea come l'unico momento giuridicamente legale per i rinnovi dei vertici.
A meno che la situazione non precipiti e allora, viene fanno notare riservatamente , e non ci sia bisogno di nominare un commissario così come e' avvenuto in Banca Marche. Ma allo stato il commissariamento della Bpm aleggia nell' aria ma non sembra all'ordine del giorno.
2. BPM, SCONTRO FINALE SU PIANO INDUSTRIALE E NUOVA GOVERNANCE - BRACCIO DI FERRO TRA I "VECCHI" DELL'ISTITUTO E GLI UOMINI DI BONOMI
Vittoria Puledda per "la Repubblica"
Stavolta il bicchiere lo vedono tutti mezzo vuoto e forse questo è l'unico punto su cui Andrea Bonomi e larga parte dei dipendenti-sindacalisti interni la pensano allo stesso modo. Probabilmente è abbastanza scontenta anche Banca d'Italia: insomma, la riforma della governance così com'è stata immaginata dal consiglio di gestione - il che vuol dire in larga misura dallo stesso Bonomi - non piace a nessuno.
E infatti non si escludono colpi di scena dell'ultimo minuto: di sicuro, nei prossimi dieci giorni si fanno gli ultimi giochi, da qui al 12 novembre, quando verranno approvati i risultati relativi ai primi nove mesi dell'anno e verranno presentati il nuovo piano industriale e la nuova governance. Secondo i 'vecchi' della Bpm, infatti, lo strapotere espresso dagli Oicvm, i fondi di investimento collettivi (leggi ancora una volta Bonomi, anche se non solo) è eccessivo, con i loro sei posti in consiglio di sorveglianza su 13.
E per motivare il loro scontento sottolineano anche il fatto che questo tipo di investitori non è stabile e di lungo periodo, perché per definizione una volta massimizzato il profitto escono. Per la componente più dinamica - e se non altro più nuova - che puntava invece ad una spa (sebbene con qualche correttivo) accontentarsi di questa Popolare rivisitata è poca cosa, anche se magari si cercherà di fare buon viso a cattivo gioco.
E sotto sotto quelli che lo conoscono da vicino dicono che nemmeno Piero Lonardi, storico rappresentante dei soci non dipendenti della Bpm, con la sua riserva di legge di un posto in consiglio sia proprio contento. Sulla carta Lonardi è l'ago della bilancia (altri sei posti quattro più due - sono riservati ad azionisti dipendenti e pensionati); ma forse puntava a un ruolo più strutturale. Quel che si sente dire in giro è che in realtà il carattere cooperativo della banca non è sufficientemente salvaguardato.
Alla fine non è detto che sia proprio questo schema a sopravvivere, anche se i progetti alternativi, di cui ufficiosamente si parla e che farebbero capo alla componente dei pensionati, sembra siano troppo legati alla struttura precedente della Popolare. Ma a quanto pare il clima interno è da redde rationem; insomma, si prepara battaglia, da qui al momento della presentazione del nuovo piano industriale.
E ancora di più da qui al momento del voto assembleare per approvare le modifiche statutarie (fine dicembreprimi di gennaio). Nei corridoi della banca, molti sostengono che sia già partita la campagna di reclutamento delle forze, in vista dell'assemblea. Quella di aprile, quella che dovrebbe rinnovare le cariche sociali e su cui qualcuno comincia apertamente a puntare per il grande ribaltone e per mandare a casa Bonomi & co. Follia? dipende.
Di sicuro qualsiasi accordo venga raggiunto tra le forze in campo ora deve passare al vaglio degli azionisti e finora la componente 'storica' dei soci dipendenti ha dimostrato di tenere manu militari l'assise. Se dunque gli umori della base non entreranno in sintonia con il progetto che verrá presentato, nulla può essere escluso, anche che si arrivi ad aprile con la situazione attuale e che il voto assembleare porti a disarcionare la squadra di Bonomi.
Certo, in questo scenario estremo ci sono varie incognite: ad esempio l'atteggiamento di Banca d'Italia, che non solo spinge per un rinnovo della governance ma anche per la realizzazione dell'aumento di capitale da 500 milioni, che già cosà è destinato a slittare alla prima metà di gennaio.
Un mancato accordo sulla governance potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso, spingendo l'autorità di vigilanza a decisioni radicali. Il tempo stringe e infatti proprio per questo una delle soluzioni che si era studiata era di arrivare a dimissioni collettive del consiglio di gestione, votato in una nuova versione e per la durata di tre anni, con cui presentarsi al mercato e realizzare l'aumento di capitale, dando certezze agli investitori. Una delle mille ipotesi circolate nei giorni scorsi. Prima che si entrasse in questa fase di stallo.
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