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Giuseppe Guastella per il Corriere della Sera
In Italia gira troppo contante e troppo non si muove, arenato nelle cassette di sicurezza delle banche o nascosto sotto il classico materasso.
Le stime parlano di 150 miliardi di euro, il 10% dell' intero Pil, un enorme fiume sotterraneo di «liquido» che alimenta l' economia sommersa nella quale sguazzano beati evasori fiscali e criminali e che preoccupa magistrati e forze di polizia che per farlo riemergere vedono come soluzione una nuova voluntary disclosure e norme che incoraggino l' uso della moneta elettronica.
Gli italiani preferiscono ancora le banconote fruscianti alla carta di credito e al bancomat. I dati più recenti dell' Abi dicono che con appena 30,1 operazioni pro capite l' anno siamo agli ultimissimi posti in Europa nei mezzi di pagamento alternativi al contante, seguiti solo da Bulgaria, Grecia e Romania.
La media continentale è di 202,32, ma gli svedesi ne fanno addirittura 402,32 a testa, anche se da noi qualcosa sta cambiando, visto che nel 2013 le operazioni di pagamento elettroniche sono aumentate del 9%, trainate da un più 30% di quelle via internet conseguenti all' esplosione dell' homebanking e dell' ecommerce.
Resta che in Italia ogni 100 operazioni, ben 87 avvengono in contanti, la media dei paesi Ue è di 60. Nel dicembre 2014, il Ministero dell' economia e delle finanze sosteneva che «l' eccessivo uso del contante e l' economia sommersa influenzano negativamente in modo significativo il livello di rischio-Paese» che quando è elevato allontana gli investitori stranieri i quali considerano il contante, che garantisce la non tracciabilità dei flussi finanziari e l' anonimato, «il mezzo di pagamento preferito per le transazioni riferite all' economia informale ed illegale».
Proprio per questo la Bce ha deciso di sospendere dal 2018 l' emissione delle banconote da 500 euro, che sono diventate il mezzo preferito dalla criminalità e dal terrorismo per trasportare agevolmente e in spazi molto ridotti tanto denaro da investire nel traffico di droga o di armi.
Anche la corruzione si alimenta in contanti. Nell' inchiesta Mafia Capitale la Procura di Roma ha sequestrato a un funzionario comunale arrestato 570 mila euro in banconote; i magistrati di quella di Milano ne hanno trovati 265 mila nella cassetta di sicurezza di un giudice tributario arrestato perché prendeva mazzette per aggiustare i processi per evasione fiscale.
Come far venire a galla il denaro occulto senza offrire ai criminali un mezzo legale di riciclaggio? Magistrati, polizia giudiziaria in prima linea nelle indagini finanziarie e fiscali ed esperti si interrogano, elaborano proposte, si scambiano informazioni. Sono mesi che si parla di una nuova voluntary disclosure dopo quella che nel 2015 ha fatto emergere 60 miliardi depositati dagli italiani nei paradisi fiscali facendo entrare nelle casse dell' erario tra uno e due miliardi di euro sotto forma di tasse e sanzioni, ma aggredendo il contante solo in minima parte, tant' è vero che pare che nelle banche italiane e svizzere non si trovino più cassette di sicurezza libere.
Si pensa a un' azione mirata del governo che, dietro la garanzia della non punibilità penale riservata però solo a chi ha evaso le tasse, imponga a chi aderisce alla voluntary di rivelare la provenienza del «nero» e di pagare contemporaneamente un' una tantum.
Un' ipotesi che convince Stefano Simontacchi, direttore del Transfer Pricing Research Center dell' Università di Leiden (Olanda) e consigliere di Rcs MediaGroup, secondo il quale «una volta entrati nel sistema bancario, i soldi dovrebbero essere monitorati per impedire che vengano impiegati per usi incompatibili con l' attività del titolare». Per Simontacchi, «si sta presentando un' occasione imperdibile per reperire i fondi che mancano per gli interventi a favore della crescita». Accanto a concessione di agevolazioni fiscali e ulteriori sanatorie a chi investe i contanti in attività produttive, le ipotesi che circolano prevedono iniziative per favorire l' uso della moneta elettronica.
Tra le proposte, ci sono quelle di chi pensa che si potrebbe permettere a coloro che acquistano beni o servizi con la carta di credito o il bancomat di dedurre dalle tasse almeno parte della spesa, mentre chi vende potrebbe dedurre le commissioni bancarie e i costi degli apparati elettronici necessari.
In questo modo nessuno accetterebbe o chiederebbe più pagamenti in nero, per il semplice fatto che non conviene e perché parallelamente le sanzioni diventerebbero molto più pesanti di quelle attuali. È il cosiddetto «conflitto tra contribuenti» che ha già dimostrato di funzionare in Argentina, Colombia e Uruguay e in Corea del Sud, dove le transazioni elettroniche sono aumentate dal 5% del 1990 al 75% attuale.
Ce la si può fare anche in Italia, sempre ammesso che in un Paese in perenne emergenza elettorale si abbia il coraggio di andare contro fino in fondo a chi continua a fare il furbo ai danni dei cittadini onesti.
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