
DAGOREPORT - LA SITUAZIONE DEL GOVERNO MELONI È GRAVE. PROBABILMENTE NON SERIA, MA DISPERATA SÌ - SE…
andrea guerra matteo renzi leopolda
1. DAGOREPORT
Tuoni, fulmini e colpi di scena continui sul futuro di Cdp. Allora pare che Renzi sia incazzato con il super consulente del governo Andrea Guerra e Marco Carrai per tutte le uscite sulle nomine. Voglio fare una nomina che non sia uscita su mille giornali come se fosse un idea di altri.... Sono io che decido chi va dove.....
Sono settimane ormai che si vocifera sulle possibili candidature come presidente e Ad di Cdp. All’inizio Guerra caldeggiava il nome dell’ex Prodi boy oggi presidente di Impregilo Claudio Costamagna. Che da qualche tempo è alla ricerca di una presidenza di prestigio per ritornare ad essere come lui stesso si definiva, ricordando i tempi d’oro di Goldman Sachs, nel 2013: “l’europeo più importante in assoluto”.
E, infatti, per finalizzare l’operazione nei dettagli l’armatore Manfredi Lefebvre, un paio di settimane fa, ha riunito su una delle sue “Silver” navi un insolito gruppetto di amici: da Fabrizio Palenzona (vice Unicredit) a Giovanni Gorno (ad di CDP), da Andrea Guerra allo stesso Costamagna. Come a dire che, anche al tempo di Renzi, le relazioni contano.
Ma scalzare Franco Bassanini non è cosa facile. E nonostante l’offerta di un posto alla Consulta fosse più che appetibile, Bassanini sembra oggi ancora saldo. A meno che non decida lui di mollare le redini della sua creatura a un uomo di sua fiducia. Per riposizionarsi altrove. In grande stile.
Decisamente più incerto il futuro dell’attuale Ad Giovanni Gorno. Molte le voci su chi potrebbe prendere il suo posto. Da Fabio Gallia, torinese doc, grande manager e attuale ad di Bnl in pole position a Gaetano Miccichè, da dodici anni il “Mister Wolf” del colosso corporate di banca Intesa e di banca Imi.
GAETANO MICCICHE DG INTESA S PAOLO
Tramontata invece l’ipotesi di sostituire Gorno con Marco Morelli, ex dg di Banca Intesa, defenestrato all’epoca di Cucchiani che già anni fa era stato chiamato in Intesa al posto di Gallia allora in pole position per il ruolo.
E mentre Renzi e il ministro Padoan cercano di chiudere il cerchio in questi giorni potrebbero emergere nuovi nomi e nuove possibilità. E nuovi incroci. Con molte sorprese.
2. CDP - IL TESORO VUOLE APRIRE LA FASE 2 MA SERVE L’OK DELLE FONDAZIONI
Alessandra Puato per “CorrierEconomia - il Corriere della Sera
C i si deve attendere una Cassa depositi e prestiti più interventista nelle situazioni di crisi industriale? Più disposta ai salvataggi, che finora — gestendo il denaro dei cittadini, il risparmio postale — non ha potuto, né voluto affrontare? È questo uno degli interrogativi sulla futura strategia della Cdp, per la quale l’azionista Tesoro (all’80,1%, il resto è in capo alle Fondazioni bancarie) avrebbe ormai deciso il cambio al vertice.
A venerdì scorso, la nomina di Claudio Costamagna alla presidenza, in sostituzione di Franco Bassanini, era data come prossima, e possibile l’avvicendamento di Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato, ex Mittel, Caboto e JP Morgan, con un altro banchiere come Fabio Gallia, amministratore delegato di Bnl. Tempi a parte, è chiaro che la rivoluzione al vertice della cassaforte di Stato riflette la concezione del governo Renzi di uno strumento di politica industriale flessibile e organico. Potrà segnare una svolta.
starace bassanini guerra tian guoli
Resta da capire, però, il ruolo delle Fondazioni socie, che espressero un politico come Bassanini (Pd) nel 2010, al primo mandato. Tocca a loro infatti indicare il presidente. Sono 65, in testa Mps, San Paolo, Crt, Cariplo, Verona con il 2,57% ciascuna. E la Cdp, con i suoi ricchi dividendi, è per loro strategica. Avranno voce in capitolo. Allo stesso modo richiedono il consenso delle Fondazioni le modifiche dello statuto. Se si decidesse di cambiarlo ad esempio per intervenire nei salvataggi in modo più diretto, dovranno essere d’accordo e non è affatto scontato. A tutela del risparmio Cdp, insomma, ha una governance abbastanza blindata.
Maurizio Tamagnini Giovanni Gorno Tempini
Costamagna, ex Goldman Sachs, presidente di CC & Soci srl e della Salini che vinse la partita sull’Impregilo sottraendola a Gavio con tessitura diplomatica con i fondi esteri, è però uomo da muoversi con agio negli ambienti di Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri, e nell’area della finanza cattolico-prodiana. Un candidato di teorica convergenza, dunque.
L’era Bassanini-Gorno Tempini è durata, a oggi, cinque anni. È della primavera 2013 il secondo rinnovo del loro mandato, che essendo triennale scadrebbe dunque l’anno prossimo. Un’uscita anticipata dei due manager sarebbe perciò conseguenza di una contrattazione e, certo, dovrà tenere conto dell’enorme lavoro svolto su Cassa, gestita in modo manageriale e portata in questi anni non solo a 402 miliardi di attivo (2014) e alla profittabilità, ma anche all’espansione internazionale.
In cinque anni sono state mobilitate risorse di sostegno all’economia per 70 miliardi e negli ultimi due anni distribuiti 1,7 miliardi di dividendi, le disponibilità liquide sono salite dal 2013 del 21% a 184 miliardi. L’attività dei prestiti agli enti locali è stata nel tempo superata da interventi di politica industriale e di finanziamento alle imprese e alle famiglie, quando le banche stringevano sui crediti. Di concerto però — ed è stata questa la sfida — proprio con Abi, l’Associazione bancaria.
Stesso impegno sull’immobiliare, la finanza pubblico-privata e le infrastrutture. È al 100% di Cdp il Fondo strategico di Maurizio Tamagnini che si è appena alleato, infine, con F2i, Vodafone e Wind in Metroweb Sviluppo, per il piano del governo sulla banda ultralarga. Un’operazione letta dalle aziende private di telefonia come una vittoria della Cdp e di Bassanini stesso, che di Metroweb è presidente. E sarà nelle infrastrutture, nelle privatizzazioni immobiliari, nel sostegno all’industria il fronte ancora aperto di Cdp.
Ma proprio su Metroweb, dove nelle lunghe trattative con Telecom alcune posizioni possono essere state ritenute eccessive, e sull’Ilva che Gorno non voleva assolutamente finanziare senza garanzie per non ricalcare l’Iri, possono essere nate frizioni con il Tesoro.
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