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Colpo di scena ieri al Tribunale di Milano durante l' udienza del processo Saipem, la controllata di Eni travolta dall' inchiesta giudiziaria per corruzione internazionale. Sul tavolo una maxi-tangente da 197 milioni di dollari finita, è l' ipotesi dell' accusa, nelle tasche dell' ex ministro del Petrolio algerino. In cambio Saipem avrebbe ottenuto sette commesse.
Nel processo sono imputati anche Eni e il suo ex Ad Paolo Scaroni. A trascinarlo nel processo, in parte, sono state le dichiarazioni, messe a verbale e congelate in un lungo incidente probatorio, di Pietro Varone ex dirigente Saipem, anche lui imputato e sentito ieri in aula. Lungo interrogatorio durante il quale Varone, in parte, ha ritrattato quei verbali, più volte contestati dal pm.
Nello specifico ha rimodulato due aspetti: per l' acquisizione di First Calgary, ha detto, Eni aveva già tutte le autorizzazioni e dunque nessun bisogno di oliare gli ingranaggi governativi attraverso l' intermediario Farid Bedjaoui, molto vicino al ministro. Ha poi sfumato la conoscenza dell' ufficio legale di Eni dei rapporti tra Bedjaoui e la Pearl Parteners, società sulla quale sarebbe transitata la tangente.
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