DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
COME BOLLORE’ E’ FINITO BOLLITO
Gianluca Paolucci per La Stampa
«In Italia, il tradimento è un fenomeno istituzionalizzato», che andrebbe «scritto nella costituzione», diceva Antoine Bernheim. Forse memore delle parole del suo mentore, Vincent Bolloré nelle sue avventure italiane ha avuto, più che amici, semplici conoscenti.
Compagni di strada, buoni per fare un pezzo di cammino finché gli interessi convergono e da abbandonare malamente quando gli affari puntano altrove.
Dopo anni di rapporti felpati e «istituzionali», di manovre consumate nei salotti, il finanziere bretone si trova però anche in Italia «in terra ostile» e circondato da nemici.
Proprio in Italia l' imprenditore francese ha consumato il suo tradimento più grande e clamoroso, ai danni - guarda un po' - dello stesso Bernheim.
Bruscamente estromesso dalla presidenza delle Generali nel 2010 grazie all' assenso dell' uomo che lo stesso Bernheim aveva portato in Italia, facendone il perno della filiera Mediobanca-Generali, ovvero del cuore del capitalismo italiano. Lo stesso Bernheim che pure si vanterà di averlo salvato, quando era un giovane erede di una dinastia imprenditoriale in disgrazia, aiutandolo a ristrutturare le cartiere di famiglia e a diversificare gli investimenti nella logistica, nel settore minerario, nella pubblicità e nei media.
In Italia arriva alla fine degli Anni 90 e si trova un gran bene: Mediobanca, Generali, poi Telecom e Mediaset. In Francia ha fama di raider spregiudicato che non esita di fronte a nulla. Quando vince prende tutto, se non vince comunque ci guadagna.
In Italia segue una strategia diversa e diventa in pochi anni, all' inizio del nuovo millennio, «una figura che conta nel sistema». La definizione è di Cesare Geronzi, che grazie all' appoggio di Vincent arrivò prima al vertice di Mediobanca e poi delle Generali. Prima, sempre con il suo appoggio, c' era stata la drammatica uscita da piazzetta Cuccia di Vincenzo Maranghi e la salita di Alberto Nagel e Renato Pagliaro.
E' sempre nel decennio passato che il Bolloré tricolore costruisce un altro rapporto che sembrava solido. Quello con Silvio Berlusconi, cementato negli anni grazie ai buoni uffici di Tarak Ben Ammar. Cementato si fa per dire, perché nello spazio di qualche mese quella che sembrava un' operazione fatta per aiutare l' amico Silvio in difficoltà, l' ingresso in Premium, diventa un assalto bello e buono. Solo che Tarak non è più in giro tra piazzetta Cuccia e i palazzi romani, impegnato a tenere in piedi i suoi affari in America. L' amicizia - se c' è mai stata - tra Silvio e Vincent è materia per i tribunali e Marina Berlusconi lo ha paragonato appena ieri ad Attila.
Ed è così che il finanziere che «si chiama Vincent ma si legge Vincenzo» - definizione brillante, su queste colonne, per un francese «più italiano degli italiani» capace di costruire intrecci di partecipazioni e alleanze al solo scopo di incrementare il proprio tornaconto - si è trovato solo.
Difficile dire se ha pesato più lo strappo con Berlusconi o la scalata a Tim. Di certo c' è che proprio durante l' assalto ai telefoni, recatosi a Palazzo Chigi per «rassicurare» il governo sulle sue buone intenzioni venne liquidato con poche parole e l' allora premier Matteo Renzi si lasciò andare a sferzanti giudizi con i suoi collaboratori dopo l' incontro («Non ci si può fidare»).
E dietro all' offensiva di Elliot, è cosa nota, si è saldato un gruppo di personaggi molto, molto più italiani di lui fatto di ex manager pubblici, gran commis e figure che per anni hanno fatto da collante tra politica e affari. Il bretone troppo italiano è finito all' angolo.
IL BOA DELLA FINANZA COL VIZIO DELLA QUERELA
Luana De Micco per Il Fatto
I soprannomi che gli sono stati affibbiati in Francia la dicono lunga sul personaggio, da "squalo" a "Pirata del capitalismo" a "piccolo principe del cash flow". Gli specialisti parlano persino di "metodo Bolloré". Consiste nel prendere di mira le aziende in difficoltà, entrando nel capitale con una quota sufficiente a condizionarne le scelte a risucchiarle nell' orbita a poco a poco, sempre col sorriso e piazzando uomini di fiducia nei posti chiave.
VINCENT BOLLORE TARAK BEN AMMAR
Anche in Italia il finanziere bretone si è costruito una reputazione di raider senza scrupoli per la scalata a Mediaset. Mentre scriviamo il patron di Vivendi, primo azionista di Tim, 66 anni, sta passando un brutto momento nei locali della polizia giudiziaria di Nanterre accusato di aver pagato tangenti in Africa. È uno degli uomini più ricchi del mondo. Forbes lo classifica al dodicesimo posto in Francia, con un patrimonio di 7,7 miliardi nel 2017. Un impero messo su a partire dal 1981 quando, da giovane banchiere d' affari in Rothschild, decise di riprendersi per due franchi la cartiera di famiglia in difficoltà.
I suoi business fortunati vanno ben oltre la Francia. Dopo aver investito nel gruppo telefonico Bouygues, nel 2001 Bolloré approda in Mediobanca (di cui oggi è secondo azionista, con l' 8%) e nel 2004 entra nel capitale del gruppo di pubblicità Havas. Il suo campo di azione si allarga ai trasporti, all' agricoltura, all' energia. Nel 2012 diventa il primo azionista di Vivendi, una vera media company attiva nel settore delle telecomunicazioni, dei media, della musica e dei videogiochi.
TARAK BEN AMMAR BOLLORe? PADRE E FIGLIA
Nel 2016 inizia la seconda e vera campagna d' Italia: entra nel capitale di Telecom, di cui oggi è socio col 23,9%. In Italia è presente anche in Generali (dove Mediobanca è primo azionista), di cui è stato vicepresidente fino al 2013, con lo 0,13%.
In Africa si è costruito un impero nei porti, in Guinea, Congo, Costa d' Avorio, e nelle ferrovie in Camerun, Burkina Faso, Benin. Detiene anche il 38,8% della Socfin, una holding del Lussemburgo che controlla aziende che producono olio di palma in Africa e Asia. "Niente sembra poter fermare l' industriale. O quasi", scriveva ieri il giornale economico Les Echos, che paragona Bolloré ad un "serpente boa" e a una "belva feroce", più abituato alle comodità della sua bella villa parigina o del suo lussuoso yacht (quello che nel 2007 aveva prestato all' amico ed ex presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, anche lui nei guai fino al collo con la giustizia) che ai locali scomodi di un commissariato di polizia.
Gli italiani hanno imparato a conoscere Bolloré soprattutto per la sua battaglia con il fondo americano Elliott per il controllo di Tim e per il blitz in Mediaset. Una guerra iniziata nel 2016 quando, rompendo gli accordi con Berlusconi, Vivendi ha stracciato il contratto d' acquisto della disastrata Premium, la pay tv del Biscione, per poi salire in Mediaset fino a quasi 30%. Fininvest lo ha accusato di aver fatto crollare apposta i titoli Mediaset in Borsa per poi far partire la scalata, organizzata per tempo. La battaglia legale è ancora in corso.
È un momento delicato dunque per l' industriale bretone, un tipo fumantino poco avvezzo a a subire ingerenze nei suo affari. Lo sanno i media francesi che si prendono denunce a tutto spiano quando indagano negli affari del magnate, soprattutto in Africa dove ha stretti legami con i politici locali.
Dal 2009 Bolloré avrebbe avviato una ventina di denunce in diffamazione contro testate francesi, tra cui anche Le Monde, che a inizio anno, insieme ad altri giornali, tra cui Libération, aveva pubblicato una lettera aperta contro i metodi dell' industriale. Ora i pesanti sospetti di corruzione in Africa sono stati formulati dai magistrati.
Proprio ora che l' industriale sembrava prepararsi un po' alla volta a farsi da parte. Di recente, forse intuendo la burrasca in arrivo, ha lasciato a sorpresa le redini di Vivendi al figlio Yannick, 38 anni, già presidente del gruppo Havas dal 2013. E ha più volte fatto capire che sarebbe stato pronto per la pensione, magari nel 2022, per i suoi 70 anni.
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
DAGOREPORT: BANCHE DELLE MIE BRAME! - UNICREDIT HA MESSO “IN PAUSA” L’ASSALTO A BANCO BPM IN ATTESA…
FLASH – IL GOVERNO VUOLE IMPUGNARE LA LEGGE REGIONALE DELLA CAMPANIA CHE PERMETTE IL TERZO MANDATO…
FLASH – IERI A FORTE BRASCHI, SEDE DELL’AISE, LA TRADIZIONALE BICCHIERATA PRE-NATALIZIA È SERVITA…
DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…