DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
IL DAGO-RETROSCENA DI IERI CHE SVELA I GIOCHI DI POTERE DIETRO LA NOMINA DI MUSTIER
L' ASSE TRA LE FONDAZIONI HA MESSO IN FUORIGIOCO I CANDIDATI ITALIANI
Giovanni Pons per “la Repubblica”
Sei mesi di grandi giochi dietro le quinte tra azionisti forti, manager e istituzioni, dell' unica banca italiana giudicata "sistemica" hanno prodotto un calo del titolo in Borsa senza precedenti e un nuovo amministratore delegato francese.
A prima vista, tutto ciò appare come una debacle per il sistema bancario italiano e in primo luogo per i banchieri italiani, le cui candidature si sono susseguite per questo lungo periodo, da Marco Morelli a Fabrizio Viola, da Flavio Valeri ad Alberto Nagel, da Viktor Massiah fino a un clamoroso ritorno nel settore di Corrado Passera. Tutti con un curriculum impeccabile ma alla fine vittime dei veti incrociati e delle interferenze tra azionisti di vario genere.
Non è un caso, infatti, che Alessandro Caltagirone si sia astenuto e Luca Montezemolo abbia dato il suo sì a denti stretti nel comitato nomine di mercoledì sera, visto che Mustier non era il loro candidato preferito. Mentre i rappresentanti delle fondazioni lo hanno sostenuto.
Il primo candidato autorevole, Morelli, era stato buttato nella mischia da Caltagirone e da Paolo Biasi, tuttora l' uomo più influente della Fondazione CariVerona. Ma in quel frangente l' opposizione di Fabrizio Palenzona, braccio politico della Fondazione CariTorino, ha avuto la meglio nel contrapporgli un banchiere d' affari, Nagel, che da tredici anni è sulla tolda di comando di Mediobanca.
L' ultima convergenza non risolutiva ha visto andare a braccetto Caltagirone e Montezemolo per sponsorizzare il gran rientro nell' arena bancaria di Passera dopo i passi a vuoto sul terreno della politica. Il colpo di reni sembra l' abbia avuto ancora Palenzona, che si è incamminato sulla strada di Verona per ricucire i vecchi strappi con il collega fondatore Biasi. E la ricongiunzione ha prodotto i suoi effetti tanto che la scelta di Mustier può essere a buon titolo considerata una medaglia al petto delle fondazioni azioniste.
Caltagirone Alessandro e Moglie
Un banchiere che per carattere e formazione è quanto di più lontano vi possa essere dalle ovattate stanze degli enti che erogano laute risorse ai territori di riferimento. Uomo di mercato e soprattutto di trading (era il capo di Jerome Kerviel quando si scoprì il buco alla Société Générale, ma si dimise subito), parla un inglese stretto farcito di termini tecnici ed è abituato ad una gestione molto attiva del bilancio della banca dove lavora.
Chi l' ha conosciuto bene in questi anni dice che è un manager capace di decisioni forti, anche se spiacevoli, ma che sa giocare con la squadra. Nei due anni passati in Unicredit aveva cercato di ristrutturare il Cib (l' area corporate and investment banking) riunendo tutte le anime del gruppo in questo settore, ma nel cercare di farlo si è scontrato duramente con la componente tedesca.
L' acquisizione di Hypovereinsbank ai tempi di Alessandro Profumo aveva portato nel gruppo una banca presente su un territorio ricco, ma con molto personale e con una liquidità che la banca centrale tedesca non ha mai voluto venisse trasferita in Italia. Memore di quell' esperienza ora Mustier, prima di essere nominato, sembra abbia chiesto agli azionisti carta bianca su management e partecipazioni e a parole tutti si sono dimostrati concordi.
Dunque non ci sarà da stupirsi se nei prossimi mesi le prime e le seconde linee di Unicredit si modificheranno in maniera consistente. E sarà interessante vedere come un banchiere internazionale come Mustier si comporterà con la partecipazione più importante, quell' 8% di Mediobanca che a cascata controlla il 13% di Generali e ne nomina il cda.
Dalle prime indicazioni Mustier non conosce il conterraneo Vincent Bolloré, l' altro azionista forte di piazzetta Cuccia (con una quota analoga), e ha incontrato qualche volta Philippe Donnet, il nuovo ceo di Generali. Ritorneranno in campo le voci di un' integrazione tra i due istituti?
Presto per dirlo, ma prima di prendere qualsiasi decisione, incluso quella più delicata dell' aumento di capitale di cui Unicredit avrebbe bisogno, Jean Pierre farà una ricognizione di tutto il gruppo presente anche in diversi paesi dell' est europeo. E, a sentire chi gli ha parlato, la banca di piazza Gae Aulenti non rischia di perdere la sua caratteristica internazionale.
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