DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Aldo Fontanarosa per “la Repubblica”
La Commissione Ue muoverà nuove contestazioni al gigante americano Google, e lo farà già entro luglio. Il Wall Street Journal spiega che il motore di ricerca – secondo i tecnici del “governo” europeo – favorisce il suo servizio Alphabet quando una persona si interessa a un prodotto da comprare online. Per questo, Bruxelles sta limando una nuova lista di obiezioni (un altro “statement of objections”) che aggraverà le accuse già formulate nel 2015. Accuse di abuso di posizione dominante. Queste ultime contestazioni riguarderebbero anche i servizi di pubblicità di Google.
Il primo colpo di cannone, la Commissione europea lo ha sparato ad aprile del 2015 accusando Google di un peccato molto simile. In quel caso, nel mirino è finito il servizio Google Shopping che avrebbe «favorito sistematicamente» i prodotti dell’azienda americana nelle pagine di ricerca generali. Per Bruxelles questo accorgimento ha «violato le norme Ue contro le concentrazioni danneggiando i consumatori» finali. Google ha avuto tempo fino al 31 agosto 2015 per presentare la sua difesa.
Il colosso a stelle e strisce ha sostenuto - dati alla mano - di aver aiutato al massimo la concorrenza giudicando quasi beffarde le obiezioni della Commissione Ue. In concreto, Google avrebbe «indirizzato oltre 20 miliardi di clic gratuiti verso aziende che fanno shopping online». Senza Google, società come Amazon ed eBay non avrebbero conquistato una fetta di traffico rilevante, e molto più grossa rispetto agli annunci di Google Shopping, introdotti nel 2012.
La Commissione Ue ha congelato il suo giudizio suo caso e, nello stesso tempo, ha aperto un nuovo fronte polemico che riguardava stavolta il sistema operativo e di funzionamento dei cellulari Android. Ad aprile 2016, poche settimane fa, il “governo” comunitario è uscito allo scoperto con l’ennesimo cartellino giallo sventolato sotto il naso di Google. In questo caso, l’indagine comunitaria ha documentato che l’azienda obbliga i produttori di smartphone e tablet a pre-installare Play Store, il negozio virtuale di Google dove comprare le app.
A sua volta, PlayStore può essere scaricato solo attraverso Google Search, il quale viene trovato soltanto con Google Chrome. Con questo schema a tenaglia, il gigante americano - questa è l’accusa più pesante - «si è assicurato che le due applicazioni sono pre-installate sulla maggioranza dei dispositivi venduti in Europa».
A cascata, «l’80% degli smartphone o tablet utilizza Android in Europa». Anche in questo caso, Google si è difesa spiegando che Android è un sistema gratuito e aperto che qualsiasi azienda può scaricare e modificare come crede, «e anche Amazon lo ha fatto». Android sarebbe infine una porta aperta a piccoli sviluppatori di app, altrimenti emarginati.
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