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Massimo Giannini per "Affari&Finanza - La Repubblica"
Non c'è bisogno di evocare Ian Fleming e la Spectre, centrale del crimine globale smantellata da James Bond nel fantaspionistico «Operazione Tuono». E nemmeno Philip Roth e Charles Lindbergh, burattino nelle mani di Hitler nel fantastorico «Complotto contro l'America». Ma l'attacco a freddo lanciato da Standard & Poor's contro le Generali non può passare sotto silenzio.
Romano Prodi, sempre più lontano dai veleni della politica ma sempre più vicino ai grandi temi dell'economia, me lo dice con indignazione: «Ma possibile che qui nessuno si renda contro della gravità di quello che è successo?». Appunto. à un caso da manuale, che fa il paio con il precedente del gennaio 2012, quando la stessa agenzia declassò a sorpresa l'Italia a BBB+, lo stesso livello del Kazakistan.
Ora tocca al più grande gruppo assicurativo tricolore, tra i primi tre d'Europa, che può scivolare a BBB perché ha in pancia un «bolo» considerato indigeribile: 60 miliardi di euro in Bot e Btp. Nell'offensiva di S&P è folle la «destinazione»: Generali fa 1,6 miliardi di utili in 9 mesi, ha il 75% delle attività all'estero, ha già ridotto a 55 miliardi i suoi investimenti in Bot e Btp. Ma è ancora più folle la spiegazione: Generali è in creditwatch negativo perché è troppo esposta in titoli italiani, e l'Italia è a sua volta esposta al rischio default.
Un sillogismo irrealistico: i pur non eccellenti «fondamentali» di bilancio non autorizzano a pensare a un'insolvenza a breve o medio termine. Soprattutto un sillogismo illogico: se davvero saltasse il nostro debito sovrano, il downgrading delle Generali sarebbe l'ultimo dei problemi, visto che (insieme a tutte le aziende italiane), salterebbero l'intero Sistema Paese e l'intera Eurozona. Lo capisce anche un bambino. à impossibile che non lo capiscano i Signori del Rating. Ma allora perché lo fanno? I cattivi pensieri suggeriscono che sia partita, o possa ripartire, un'offensiva contro la moneta unica, che usa l'Italia come anello debole, o agnello sacrificale.
Ha ragione Massimo Mucchetti, che parla di «una manovra gravissima contro la Repubblica». Una manovra che parte, ancora una volta, da una delle «tre sorelle» (oltre a S&P, Moody's e Fitch) che in un regime di «oligopolio perfetto» tengono da almeno cinque anni in ostaggio i mercati, taglieggiando gli Stati e lucrando un fatturato annuo di 4,5 miliardi. Come ha detto a suo tempo Mario Draghi, delle agenzie di rating si dovrebbe fare a meno. E questo vale ancora di più per campioni come Generali, che non hanno bisogno di «certificati» per collocare sui mercati i propri bond. Ma resta una domanda. Di fronte a questo strisciante «complotto contro l'Italia», perché Letta e Saccomanni non battono un colpo?
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