DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Alessandro Barbera per “la Stampa”
In cassa restano duecentosessanta milioni di euro, una cifra sufficiente a far decidere alle autorità di controllo la messa a terra dei velivoli Alitalia in qualunque momento. «Attendiamo un segnale dal governo in tempi rapidi, diversamente l'operatività è a rischio», spiega una fonte che chiede di non essere citata.
L'odissea della ex compagnia di bandiera non conosce fine. Nonostante le ripetute ricapitalizzazioni, un turbinio di manager più o meno capaci, i tentativi di privatizzazione falliti per l'invadenza della politica, i generosi ammortizzatori sociali per ridurre il personale, l'azienda è di nuovo agli sgoccioli. Dei tanti dossier irrisolti è il più urgente.
La pandemia ha fatto bruciare più di due miliardi di ricavi in nove mesi, quanto necessario per pagare gli stipendi a 11.500 persone quasi tutte residenti nella capitale, più l'indotto. Il governo promette una ricapitalizzazione da tre miliardi di euro sin dall'estate, e invece nulla: per ripartire occorre il via libera della Commissione europea. La commissaria alla Concorrenza, la danese Margrethe Vestager, dice che è questione di giorni.
paola de micheli parla fitto fitto con stefano patuanelli
Con sprezzo del ridicolo, di «pochi giorni» parlano da settimane anche il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli e quella dei Trasporti Paola De Micheli. Al commissario Giuseppe Leogrande - colui che rischia la faccia più di ogni altro - non resta che lamentarsene in Parlamento. Il decreto per il lancio della nuova società (una delle condizioni poste dall'Unione è la discontinuità con la vecchia azienda) ancora non c'è.
Leogrande ricorda di aver chiesto di mettere in sicurezza l'azienda «a fine maggio», e siamo a ottobre. «Mi appello perché stavolta si proceda», dice ai deputati e senatori della commissione Trasporti. Basti dire che dei 260 milioni ancora in cassa, 199 sono indennizzi ricevuti «con fatica» dall'Unione per affrontare l'emergenza Covid. Se non fosse per quelli, gli aerei sarebbero già a terra.
La disperazione ha spinto Leogrande a chiederne a Bruxelles altri 150, ma manca ancora persino la procedura di notifica del ministero dello Sviluppo. Un'incuria tale da far sorgere in alcuni il sospetto (soprattutto dentro l'azienda) che nel governo ci sia chi voglia vedere davvero a terra i velivoli per giustificare la discontinuità aziendale con le autorità d Bruxelles
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