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1- COSÃ FACEBOOK CI "VENDE" ALLE AZIENDE GUSTI, ORIENTAMENTI POLITICI E SESSUALI: I NOSTRI DATI CEDUTI AL MIGLIOR OFFERENTE
Alberto Flores D'Arcais per "Repubblica.it"
Che nell'era dei social network la privacy sia ad alto rischio è un dato di fatto. Se ne discute da tempo, su Internet, tra i blogger e sulla stampa specializzata, ma anche nei media tradizionali, nelle società di software e al Congresso Usa. Ieri in un lungo articoloinchiesta il Wall Street Journal ha puntato il dito contro le applicazioni usate dagli utenti di Facebook.
Esaminando un centinaio tra le più popolari "app" del social network più frequentato al mondo, ha scoperto che tra i dati personali richiesti ci sono non solo l'indirizzo email o la località , ma anche gli orientamenti sessuali, politici e religiosi. E non solo degli utenti che scaricano l'applicazione, ma anche dei loro "amici" di Facebook. Tra i casi citati ci sono celebri società come Yahoo e Skype e altre meno conosciute, tutte con un obiettivo comune: saperne di più della nostra vita e dei nostri interessi.
Naturalmente l'utente deve dare il permesso con un "click" del mouse, ma il Wsj sottolinea come l'abitudine a rispondere "sì" (senza pensarci troppo) alle varie richieste che arrivano quando si scarica un'applicazione è ormai talmente diffusa che nella maggioranza dei casi diventa quasi automatica. La "app" che richiede maggiori informazioni personali è "MyPad for iPad", tra le più popolari quelle di giochi-quiz come "Between You and Me" o "Truths about you". Quest'ultima dopo aver ricevuto la telefonata dei reporter del Wsj ha diminuito le richieste di dati.
Una delle applicazioni più discusse degli ultimi tempi (Girls around Me), che si basa sull'utilizzo incrociato dei dati di Facebook e Foursquare per rintracciare le ragazze che vivono nelle vicinanze, è stata cancellata una settimana fa dall'Apple Store.
Un problema ulteriore - che l'inchiesta del Wsj non tratta, ma su cui ultimamente si è discusso molto nella stampa americana - riguarda la raccolta dei dati privati dei minorenni. Un paio di mesi fa la Federal Trade Commission ha invitato le società che sviluppano applicazioni per bambini e gli "app store" a dare maggiori informazioni sull'argomento, in modo da verificare se i software violino la legge sulla privacy. Che proibisce, ad esempio, di conservare numeri di telefono, Id dell'utente e altri dati considerati sensibili.
In una dettagliata relazione la Ftc ha sottolineato come i genitori (o almeno una grande maggioranza) non siano in grado di stabilire prima di scaricare un'applicazione «se questa comporta rischi per le informazioni personali dei propri figli». E ha citato (in negativo) diverse "app" fornite da Apple e Google con «centinaia di programmi» destinati ai bambini, alcuni addirittura per una fascia di età che va dai due ai cinque anni.
Per capire il fenomeno basta guardare i risultati di una recente ricerca Nielsen («Le famiglie americane vedono i "tablet" come compagni di giochi, insegnante e babysitter») che ha preso in esame un campione di famiglie che hanno in casa almeno un tablet e figli sotto i 12 anni. Il 70 per cento di questi bambini li usa normalmente. Sono gli adolescenti e gli adulti del mondo di domani, in cui la privacy rischia di essere solo un ricordo.
2- INSULTA OBAMA SUL SOCIAL NETWORK SOLDATO RISCHIA ORA L'ESPULSIONE
da "Repubblica.it"
Sui social network, da anni Barack Obama viene bistrattato da milioni di americani. Ma fa notizia che ad attaccarlo su Facebook sia un soldato di 26 anni, simpatizzante dei Tea Party. E che per queste offese rischi seriamente il posto di lavoro.
Gary Stein, così si chiama questo sergente dei Marine Corps, un meteorologo di stanza al Camp Pendleton, California, che ha scritto su Facebook, «Obama codardo, nemico dell'economia e della religione». Quindi ha sostenuto che l'eventuale rielezione di Obama «rovinerà il Paese», e postato un fotomontaggio con la faccia del presidente al posto di uno dei protagonisti del film comico-demenziale "Jackass".
Un caso che è esploso in poche ore, tanto da provocare la convocazione urgente della commissione disciplinare del corpo militare che ha gravemente censurato le parole espresse da un suo componente contro il Comandante in Capo. Al termine di una riunione, i tre giudici militari hanno di fatto proposto la cacciata di Stein dalle forze armate, che ha servito per nove anni, con tanto di servizio in Iraq. La sua condotta è stata giudicata «gravemente sprezzante», da sanzionare con un licenziamento «per disonore».
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