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Carmelo Lopapa per "la Repubblica"
La lettera di dimissioni dalla vicepresidenza del Senato intende presentarla questa mattina. Oltre non avrebbe potuto resistere. Alla fine, anche i pochi amici che l´hanno circondata nelle ore della più profonda solitudine sono riusciti a convincere Rosy Mauro. Fosse stato per lei, sembra, la resistenza l´avrebbe portata avanti a oltranza. Convinta com´è che «il fango dei giornali» prima o poi sarebbe stato cancellato. Questa volta non sarà così.
Asserragliata tra la casa-fortino di Gemonio e la sede milanese del Sindacato padano, la senatrice ha tenuto i telefoni staccati per tutto il giorno. In contatto diretto solo con il Capo. Ed è stato proprio Bossi a infrangere le ultime ostinazioni. La Mauro ha compreso che la corsa era finita solo quando l´Umberto ha ordinato le dimissioni del figlio dal consiglio regionale lombardo sulla scia delle nuove rivelazioni dell´autista. Solo allora, a metà giornata, l´eminenza "nera" del «cerchio magico» si è rassegnata.
Dopo i due Bossi, pure la sua uscita di scena ormai era stata scritta. Lascerà la vicepresidenza - quello scranno dal quale in questi quattro anni di legislatura non ha mancato di dare spettacolo - ma non abbandonerà il Senato. A differenza di Renzo manterrà il seggio in Parlamento per quest´ultimo giro di boa della legislatura. E certo, racconta chi l´ha sentita, non lo farà per assecondare i desiderata di Roberto Calderoli.
Uno dei triumviri che a sorpresa ieri ha sollecitato le dimissioni di Rosy perché così «aiuterebbe il partito». Richiesta interessata, dicono i nemici interni, se è vero che l´ex ministro punterebbe a tornare su quello scranno già occupato nella passata legislatura. Impresa ardua, tuttavia, gli equilibri interni sono cambiati anche per lui, neo triumviro. E poi non si sa ancora dove andrà a parare l´inchiesta giudiziaria delle tre procure.
Se Rosy «la badante» ha accettato di farsi da parte, allora, è solo perché così le ha imposto l´unico leader al quale ha sempre ritenuto di dover rispondere: il Senatur. A poco era valsa anche la moral suasion del presidente del Senato Renato Schifani, col quale del resto l´ultima chiacchierata telefonica risale al fine settimana. La seconda carica dello Stato avrebbe potuto insistere fino a un certo punto.
Il presidente e i suoi vice non possono essere sfiduciati o costretti alle dimissioni: il forfait è un gesto rimesso alla volontà e alla sensibilità individuale. Certo è che le pressioni sono divenute per lei insostenibili. L´inchiesta cavalca, nuovi colpi di scena sono possibili, la pressione della base, ma anche quella delle opposizioni, cresce. In ultimo ieri sera l´appello di Anna Finocchiaro: «Sostituisce la seconda carica dello Stato in aula e fuori, si dimetta per il bene delle istituzioni».
In realtà la Rosy finita nei guai per le presunte spese private sostenute coi soldi della Lega (a beneficio proprio e dell´»amico» Pier Moscagiuro) cede a una mossa in parte obbligata, in parte strategica. In questo modo, tanto lei quanto Renzo, con l´ultimo disperato richiamo al «senso di responsabilità » contano di evitare l´espulsione dal partito: la condanna definitiva che equivarrebbe alla radiazione dalla politica. Non a caso, per entrambi, il passaggio delle dimissioni viene consumato tra ieri e oggi, comunque prima che i «barbari sognanti» di Maroni e Tosi e Zaia diano sfogo alla voglia di repulisti nell´adunata autoconvocata per stasera a Bergamo.
«Ma non basteranno le loro dimissioni, non ci accontenteremo, solo l´espulsione può cancellare l´onta che con i loro comportamenti hanno gettato sull´intero partito» raccontava ieri sera un autorevole deputato e dirigente vicino a Maroni. D´altronde, lo showdown in programma stasera ha per certe solo ora e location, ma gli esiti sono imprevedibili. Perché incontrollabili sono ormai gli umori e la rabbia della base che non attendeva altro che un´occasione per darvi sfogo.
L´acclamazione dell´ex ministro dell´Interno quale leader da subito, al posto del triumvirato appena designato da Bossi, sarà la svolta più probabile. Difficile capire come tutto questo prenderà poi forma in un partito in cui il leader ferito e i suoi uomini proveranno ancora a resistere.
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