SO’ RAGAZZI DE BORGATA - DE LAURENTIIS FA IL BULLO INSULTANDO TUTTI, MA HA TROVATO UN DEGNO SCASSACAZZI: IL PROCURATORE EX PIZZAIOLO RAIOLA - AURELIONE LO PROVOCA E MINO LO PIZZICA INGOLOSENDO HAMSIK E CAVANI CON PROSPETTIVE DI SUPERCONTRATTI IN ALTRE SQUADRE - IL “BADANTE” DI BALOTELLI ED IBRA INFILZA BLATTER, PLATINI E ABETE - “UEFA E FIFA SONO QUANTO DI MENO TRASPARENTE ESISTA. FOSSERO IN SICILIA, TUTTI PARLEREBBERO DI MAFIA. LA FIGC? UN DISASTRO…”

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1- AURELIONE ‘O LIONE
Malcom Pagani per il "Fatto quotidiano"

La sintassi, elementare, ferita dalla rabbia: "Poiché il mondo delle comunicazioni non fanno altro che dire solo cazzate". La speranza tradita: "Non mi voglio più inquietare". Il corpo a corpo: "I giornalisti di calcio sono dei gran cafoni". L'assalto definitivo (paonazzo, in crescendo, con un sorriso metallico, tramontata da pochi secondi la timida reazione corporativa del cronista: "Cafone non me lo dice"). "Io glielo dico e mi permetto e sa perché?".

La minaccia: " E le metto le mani addosso se continua. Lo sa percheeé? Saa percheeé, Lo sa percheeé o no?". Seguono mendàci dissertazioni sul denaro, paragoni impropri con il proprio universo di riferimento, altre stilettate alla cieca all'italiano: "Noi del cinema siamo dei gran signori perché di Brad Pitt e Angelina Jolie non si dirà mai qual è il proprio (sic) contratto. Di un giocatore vi interessa soltanto sapere quanto vale, per quanto è stato venduto e quanto guadagna". Sipario.

L'antico vizio, lo stesso che ne sfuma i lineamenti e li confonde, del gran teatro "Aurelio De Laurentiis" offre una replica al giorno. Un po' Alberto Sordi, un po' Costantino Rozzi, Un po' Romeo Anconetani, Aurelio non tradisce mai. Appare abbronzato su Sky e dotteggia di massimi sistemi. Scende in campo e saluta la curva. Va in panchina. Tramontato Luciano Gaucci e istituzionalizzato il latinese di Lotito, per fortuna, ci tiene allegri Il Dela.

L'anno scorso, di questi tempi, invano trattenuto da Massimo Cellino, Aurelio sbraitava in Lega Calcio contro i colleghi presidenti per un calendario a suo dire inaccettabile: "Siete delle merde, siete delle teste di cazzo, voglio tornare a fare cinema". Situazionista, fuggì in groppa al motorino di uno sconosciuto trasformando l'estate in cinepanettone e confermando l'augusta scuola che fa della Serie A ideale arena per esperimenti nel solco del Borgorosso e dei nostri presidenti, flautato cabaret buono per ogni stagione.

Sulla strada del presidente del Napoli, dopo il sindaco De Magistris (due giorni fa, prima di far pace via telefono, Aurelio lo aveva omaggiato a suo modo sulla questione stadio di proprietà: "'Sto paraculo") c'è adesso - ma la sfida dialettica dura da un po' - Mino Raiola da Nocera Inferiore, ex stenditore a cottimo di lievito e mozzarella, agente miliardario di mezzo emisfero pallonaro dalla Parigi di Thiago Silva a Timor Est. Raiola il poliglotta.

Uno che parla sette lingue e gestisce calciatori per 100 miliardi. Il pingue affarista che il suo assistito Ibrahimovic definisce "un mafioso, pizzaiolo e ciccione". Raiola ha la procura di un paio di talenti di Aurelione, quello che medita rivoluzioni estreme su Cavani: "Lo pago quanto vuole e lo faccio marcire in panchina" e sugli adeguamenti contrattuali del protetto di Raiola, Hamsik, ha idee chiare e, va detto, condivisibili. Sia come sia, dopo aver adombrato una Guantanamo per il circolo vizioso di procuratori in costante combutta con la stampa corrotta (critiche via tv anche all'ambiguità di Moggi Junior) e averlo definito "rompiscatole", Aurelio ha subìto il contropiede di Mino, novello storico.

Prima disturbante su Cavani: "Se potesse andrebbe via subito", poi insinuante sulla nuova madonna del presepio Napoli, Lorenzo Insigne: "Può diventare un campione se non si fa trattare come una statuina da De Laurentiis, infine definitivo. Per lui Aurelio è il sinonimo di Benito: "De Laurentiis non accetta critiche, forse pensa di essere ancora ai tempi del fascismo, crede di essere un duce. È un presidente che semina terrore nei top player. Pensi a sé e non alle mie parole, io dico ciò che voglio e non starò zitto perché lo dice lui. Hamsik è un campionissimo, ma deve confrontarsi in squadre di livello superiore al Napoli". Scontro tra giganti. Tenerezze. Messaggi alla nazione. Si attendono nuove, a breve. Ogni epoca ha le sue Radio Londra.

2 - RAIOLA, MISTER MERCATO "IL RISTORANTE LA MIA SCUOLA"
Alberto Mattioli per "La Stampa"

Con l'arrivo di Ibrahimovic al Psg a colpi di petrodollari, il calcio francese sembra Alice finalmente giunta nel paese delle meraviglie. Fra i vari personaggi scoperti con incredulo stupore dai giornali locali c'è anche il procuratore di Ibra, Carmine Raiola in arte Mino, in effetti molto pittoresco di suo. Però attenzione. Raiola sbaglierà anche qualche congiuntivo (del resto, è cresciuto pensando in napoletano e parlando in olandese) e non porterà la cravatta (anche perché non ha il collo), ma la testa è di prim'ordine. Il «meraviglioso ciccione» (copyright di Ibrahimovic) sa quel che dice, anche se non dice tutto quel che sa. E in ogni caso può dirlo in otto lingue, napoletano compreso.

Signor Raiola, lei è un agente...
«No, sono un procuratore».

Che differenza c'è?
«L'agente fa affari. Il procuratore li fa solo se ci guadagna il suo assistito».

Non dirà che a gestire Ibrahimovic o Balotelli ci rimette.
«No. Però i soldi vengono dopo».

Dopo cosa?
«Dopo la qualità. A Ibra ho sempre chiesto: vuoi essere il top player o il top payed, il miglior giocatore o il giocatore più pagato? L'importante è diventare un campione. Poi le garantisco che arrivano anche i soldi».

Appunto: come si costruisce il rapporto con un campione?
«Questione di fiducia, non di contratti. Infatti non ne firmano. Io voglio bene ai miei giocatori e loro ne vogliono a me».

Tradotto: devono darle retta.
«Se io vi dico A e voi fate B, allora cercatevi un altro».

Con Balotelli lei fa l'agente, scusi, il procuratore, o il badante?
«Mario è difficile da gestire se non lo capisci».

Cosa c'è da capire?
«Che lui è Peter Pan. Vede, noi abbiamo tutti, dentro, un Peter Pan. Balotelli lo porta fuori. Gli è venuta voglia di vedere un carcere, è andato a bussare al portone. Lei e io saremmo stati arrestati. Con lui, l'agente si è messo a ridere. Sarebbe un problema se fosse cattivo. Ma Mario è buonissimo. Poi, certo, i giornali ci mettono del loro. L'80% di quel che scrivono di lui sono c...».

Vabbé. La figlia è sua?
«Se uno chiede il test del Dna vuol dire che non ne è sicuro».

Lei ha paragonato Ibrahimovic alla Gioconda.
«Perché Zlatan è la perfezione».

Bum!
«Ha la tecnica, il fisico e la volontà. E ha voglia di vincere. Trascina la squadra anche nella partitella d'allenamento».

Veniamo a lei. Come ha fatto il figlio di un pizzaiolo emigrato in Olanda a diventare il re del mercato?
«Il ristorante è stata una grande scuola. Lì ho conosciuto un sacco di gente. Ho imparato a parlare con tutti: dall'operaio al governatore della banca centrale. E lì ho incontrato il presidente dell'Haarlem, il primo a darmi fiducia».

Perché ce l'ha tanto con la Uefa e la Fifa?
«Perché i loro presidenti sono lì soltanto per scaldare la poltrona. Credevo che Platini avrebbe cambiato qualcosa, macché. Uefa e Fifa sono quanto di meno trasparente esista. Fossero in Sicilia, tutti parlerebbero di mafia».

E la Figc?
«Un disastro. Scandali e fiaschi a ripetizione, però non si dimette mai nessuno. Abete è sempre lì».

L'Italia è ancora un mercato interessante?
«Il mercato è il mondo. L'Italia deve cambiare mentalità e smetterla di aspettare che arrivino i Van Basten. Se i soldi per comprare un Van Basten fatto non ce li hai, bisogna che trovi un Van Basten che si farà».

Chi vince il prossimo scudetto?
«La Juve».

E la prossima Champions?
«Il Paris Saint-Germain».

Quale sarà il prossimo colpo di mercato?
«Jonathas del Brescia».

Dove va?
«Ci sto lavorando. Ma di certo va».

Cosa dice quando dicono che lei è il miglior procuratore del mondo?
«Preferisco che di me parlino male».

Perché?
«Perché vuol dire che sto lavorando bene».

 

 

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