DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
1 - FONSAI, FALSO IN BILANCIO TORINO INDAGA I LIGRESTI INCHIESTA SUI TRE FIGLI E CINQUE EX AMMINISTRATORI...
Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
Sui Ligresti e sui loro amministratori non c'è più soltanto lo spettro milanese della contestazione di bancarotta dopo il fallimento delle holding familiari Imco e Sinergia, l'accusa di ostacolo alla Consob per il parcheggio del 20% di Premafin in due trust alle Bahamas costato il sequestro del pacchetto azionario, e l'accusa di ostacolo alla Consob in concorso con Nagel per il «giallo» della lettera accordo/non accordo: dopo tutte queste tegole in Procura a Milano, sulla famiglia di Salvatore Ligresti e sui loro amministratori si abbatte un'altra inchiesta, stavolta della Procura di Torino, che ieri ha mandato la Guardia di Finanza a perquisire gli ex componenti del comitato esecutivo di Fondiaria-Sai (che ha appunto la sede legale a Torino).
I pm Vittorio Nessi e Marco Gianoglio contestano l'ipotesi di reato di falso in bilancio e ostacolo all'autorità di vigilanza non a Salvatore Ligresti ma ai suoi tre figli Jonella (presidente) e Paolo e Giulia (vicepresidenti), ai pure vicepresidenti Massimo Pini (che rappresentava Fonsai nel patto di sindacato Rcs) e Antonio Talarico, agli amministratori delegati Emanuele Erbetta e Fausto Marchionni (uomo di fiducia dell'ingegnere andatosene con una buonuscita di 10,5 milioni di euro), e al consigliere Vincenzo La Russa, fratello dell'ex ministro (Ignazio) della Difesa.
Alla base di questa inchiesta ci sono i rilievi del collegio sindacale attivato dalle denunce del fondo Amber, che, titolare di quasi il 2%, ha da tempo messo nel mirino i rapporti di Fonsai con parti correlate (cioè con i Ligresti) che nei bilanci 2008-2010 comportarono per la compagnia assicurativa oneri per 413 milioni e proventi per 178. In particolare i pm di Torino si stanno interessando non tanto agli aspetti di colore (per quanto non da due soldi come il cavallo di Jonella, le maxiconsulenze del padre o le retribuzioni dei manager), quanto alle operazioni immobiliari che in quei due anni hanno sfiorato i 600 milioni.
Operazioni come l'acquisto di Atahotels dalle società della famiglia, o come il Porto di Loano per il quale Fonsai affidò i lavori di sviluppo a società «correlate», sono ad esempio costate alla compagnia 100 milioni di svalutazioni nel bilancio 2011.
Anche a Milano, ieri, si sono intanto addensate nuove nubi per la galassia Premafin dell'era Ligresti: tre funzionari della Consob, infatti, hanno incontrato in Procura il pm Luigi Orsi, non per discutere la questione della lettera Nagel-Ligresti, ma per consegnare al magistrato un esposto dell'autorità di vigilanza relativo a una nuova circostanza che, dopo la pausa estiva, darà luogo a ulteriori accertamenti.
2 - E L'INGEGNERE SPIEGÃ: LA LETTERA? UN PATTO TRA GENTILUOMINI MA NIENTE TELEFONINI...
Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
Uno è l'amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, e al pm garantisce di non aver nascosto alla Consob alcun accordo con i Ligresti, ma solo «siglato per presa di conoscenza un foglio scritto da Jonella Ligresti che elencava i desiderata della famiglia». L'altra è il segretario del patto di sindacato della stessa Mediobanca, l'avvocato Cristina Rossello, e al pm assicura invece che «ho ricevuto mandato congiunto da entrambi», cioè sia da Ligresti sia da Nagel, il quale «mi ha incaricato di verificare la possibile realizzazione di quelle clausole che sono indicate nel documento da voi sequestrato».
Eppure parlano della medesima lettera: anche se magari un po' tardivamente, visto che è ricomparsa in mano a Rossello con la firma originale di Nagel e Ligresti (anziché nelle prime due versioni senza firma consegnate al pm da Jonella Ligresti e da Rossello) soltanto dopo che la figlia dell'ingegnere aveva portato in Procura la registrazione fatta di nascosto di un suo colloquio con Rossello.
«Accordi tra famiglia e e Nagel» - Il foglio firmato da Nagel, e scritto a mano da Jonella Ligresti con le condizioni (45 milioni più altre garanzie per i figli) pretese dalla famiglia per non sbarrare la strada all'operazione Unipol-Fonsai, è intestato «Accordi tra famiglia e Nagel, Pagliaro, Cimbri e Ghizzoni»: e questo anche se il presidente di Mediobanca e gli amministratori di Unipol e Unicredit non erano presenti né sinora risulta fossero a conoscenza del papiro.
Per Salvatore Ligresti «il senso di questo documento era quello di rappresentare a Nagel il contenuto degli accordi che avevamo già preso con lo stesso Nagel». L'avvocato Rossello conferma: «Effettivamente il giorno prima ci siamo trovati in Mediobanca io, Jonella e Nagel. Abbiamo parlato dello stesso tema del documento sequestrato».
Ma mentre «il 16 maggio Nagel ha detto chiaramente che non si poteva dar seguito a quelle richieste», poi «io non so cosa è successo» e «nel pomeriggio del 17 maggio mi hanno chiamato, e Jonella mi ha consegnato alla presenza di suo padre e Nagel il documento che mi avete sequestrato».
«IN MEDIOBANCA BASTA LA PAROLA» -
Nagel nell'interrogatorio ha giustificato la propria firma come un atto quasi di umana comprensione verso un Salvatore Ligresti talmente insistente da giungere a minacciare il suicidio. E ha rimarcato come non potesse avere valore di accordo (peraltro mai eseguito) un pezzo di carta che certo non avrebbe potuto impegnare Unipol e Unicredit a riconoscere ai Ligresti i benefici patrimoniali che a tutto concedere era Nagel di Mediobanca a promettere.
Ma Ligresti con il pm fa l'uomo all'antica: quei benefici «io so solo che dovrei prenderli. Sono andato da Nagel, ho parlato con lui e con lui ho firmato questo documento. Lo ritenevo e lo ritengo un impegno tra gentiluomini assolutamente serio. Con Mediobanca basta la parola».
Di certo tutti erano consapevoli che quella lettera fosse un po' particolare, tanto da affidarla in custodia a Rossello nella doppia veste di ambasciatrice delle richieste dei Ligresti e di garante anche di Nagel per il suo ruolo nel patto di sindacato di Mediobanca: «Affidammo il documento all'avvocato Rossello - spiega Ligresti - perché aveva la fiducia mia e di Nagel».
«MI DIEDERO MANDATO CONGIUNTO» -
In effetti Rossello, nel difendere strenuamente l'obbligo di riservatezza verso i propri clienti, inizialmente chiede di «essere liberata dal segreto professionale sia da Nagel che da Salvatore Ligresti». Quando questo avviene ma a opera di un giudice, Rossello spiega che «ho ricevuto mandato congiunto da entrambi il giorno (17 maggio) che ho ricevuto il documento scritto da Jonella che avete trovato nello studio».
Rossello se ne descrive come non solo custode: «Nagel mi ha incaricato di verificare la possibile realizzazione di quelle clausole che sono indicate nel documento da voi sequestrato, alla luce dei vincoli normativi, sia per la fattibilità che per la conformità alla legge. L'incarico prevedeva lo studio della fattibilità e compatibilità con le norme».
LA BEFFA DEI TELEFONINI -
«Ricordo bene di aver sentito dire a Nagel: "Lo firmo solo se lo tiene la Rossello"», depone Jonella Ligresti. Che aggiunge un particolare ora di involontario humour: «Mi sono allontanata dalla stanza in cui ci trovavamo io, mio padre e Nagel per andare a controllare le comunicazioni sul mio telefonino: Nagel, infatti, aveva chiesto che i telefonini rimanessero fuori dalla sala in cui ci trovavamo». Profetico, visto che poi è proprio con un cellulare che Jonella il 19 luglio ha registrato di nascosto (e consegnato al pm) il colloquio con Rossello che ha riscritto tutta questa vicenda.
ALBERTO NAGEL ALBERTO NAGEL NAGEL E SIGNORA ALBERTO NAGEL E SALVATORE LIGRESTIALBERTO NAGEL LUIGI ORSIProcura di MilanoGiulia Paolo Jonella e Salvatore LigrestiAVVOCATO CRISTINA ROSSELLOALBERTO NAGEL E RENATO PAGLIAROCARLO CIMBRIFEDERICO GHIZZONI
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