DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto da www.ilmigliorista.eu
gianni agnelli lapo e john elkann
Nella fluviale intervista che si è fatto fare dai giornali di casa, “la Repubblica” e “La Stampa”, nel ventennale della scomparsa di Giovanni Agnelli, John Elkann ha concluso con un attacco alle banche la rievocazione dell’illustre nonno che l’aveva incoronato. Riferendosi alla gravissima crisi del 2003, l’erede del senatore a vita Agnelli, ha detto: “Il sistema bancario e finanziario italiano, che da sempre aveva beneficiato della Fiat, in quel momento non ci ha sostenuto. Una vera e propria violenza, aumentata con la scomparsa di mio zio Umberto nel 2004. Ma quello è stato anche il momento in cui la mia famiglia si è unita per fare fronte comune, rafforzando il nostro legame con la Fiat ed esercitando le responsabilità che ne derivavano”. Da non credere.
Nel 2003, la Fiat era ormai prossima al fallimento. È storia patria. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, aveva addirittura fatto analizzare la possibilità di salvare la Fiat Auto attraverso la nazionalizzazione. […]
Ebbene, nel 2003, proprio quando il dramma stava per finire in tragedia, furono le banche, allertate e organizzate dalla Banca d’Italia, a fornire tre miliardi di euro alla Fiat attraverso un prestito obbligazionario convertendo che così si chiamava perché nel 2005, in mancanza di rimborso, sarebbe stato automaticamente convertito in azioni.
Le banche procurarono quell’ossigeno anche per proteggere i propri crediti verso la Fiat e l’indotto? Certo, è un buon argomento. E l’intervento del governatore Antonio Fazio ne è un’indiretta conferma. Ma Elkann dovrebbe ugualmente ringraziare le banche per quel convertendo. O no?
E poi il nipote dovrebbe ringraziare le banche una seconda volta perché queste stesse banche vendettero subito e alla cieca le azioni Fiat che erano finite nei loro portafogli alla conversione del convertendo. Avrebbero potuto tenersele, quelle azioni, e formare un fronte con una partecipazione aggregata analoga a quella delle holding degli Agnelli ma infinitamente più robusta sul piano finanziario.
DISEGNO DI FABIO SIRONI - CESARE ROMITI GIANNI AGNELLI ENRICO CUCCIA E DE BENEDETTI
Forti di quella posizione, le banche avrebbero potuto scommettere sul rilancio della Fiat, al quale stava lavorando Sergio Marchionne. E vendere più avanti, guadagnando. Avrebbero con ciò fatto ombra agli Agnelli? Ne avevano tutto il diritto. Anzi, visto il successivo apprezzamento del titolo, ne avrebbero avuto il dovere di fronte ai propri soci.
Ma del senno di poi sono piene le fosse. E tuttavia, se non avevano capito subito il valore di Marchionne e dunque se volevano uscire al più presto dal rischio Fiat, le banche avrebbero anche potuto cedere le loro azioni Fiat alla cordata guidata da Roberto Colaninno e dalla Lehman, che avevano in mente piani analoghi a quelli di Marchionne. Sarebbe stata l’occasione per lucrare un sovrapprezzo e/o un earn out. E invece le banche hanno venduto sul mercato. Subito e in perdita, perché la cura Marchionne era ancora agli inizi. Imprevidenza? Sudditanza psicologica alla famiglia Agnelli? Resta il fatto che, in tal modo, le banche hanno lasciato il pieno controllo a Elkann. Che adesso mette loro le dita negli occhi. Mah. Ma non è finita.
A nome del nonno, Elkann avrebbe dovuto ringraziare il “sistema bancario e finanziario”, guidato ante 2003 da Mediobanca, anche per altre ragioni. L’erede del senatore a vita potrebbe chiedere ai suoi uffici il rendiconto di quanto la Fiat ha investito in Mediobanca e di quanto ha ricevuto. Scoprirà che, sul piano storico, è debitore.
il ritorno di giulio tremonti alla camera
Non solo sul piano degli investimenti, ma anche sul piano del potere. Fu infatti Mediobanca a sostenere il risanamento della Fiat operato da Cesare Romiti negli anni di ferro del terrorismo tagliando l’erba sotto i piedi a Carlo De Benedetti che vi si era introdotto con ambizioni dominio. E fu ancora Mediobanca a orchestrare e garantire l’aumento di capitale del 1993, che salvò la Fiat da un’altra, grave crisi. Un aumento di capitale al quale, in forza delle piramidi societarie del tempo, la famiglia Agnelli poté partecipare con un esborso risibile. […]
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