DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Francesco Spini per La Stampa
Primo faccia a faccia, ieri, tra l' ad di Tim, Amos Genish, e il fondo Elliott, deciso a cambiare gli assetti di governo del gruppo. Gli uomini del fondo americano sarebbero decisi a stringere i tempi: nonostante ci sarebbe tempo fino a fine mese, già settimana prossima contano di chiudere la lista con cui, il 24 aprile, tenteranno il ribaltone del cda.
Anche ieri, con quasi 300 milioni di pezzi passati di mano, il titolo dell' ex monopolista del telefono è stato gettonato dai grandi investitori - soprattutto americani di ritorno - che stanno prendendo posizione in vista dello scontro. Elliott, invece, ha ribadito che rivelerà la quota «come e quando richiesto dalla legge italiana», al superamento del 5%.
Il prezzo di Tim, pure in una giornata piatta per la Borsa, è salito di un altro 1,09% a 0,83 euro, dopo aver superato anche quota 0,84 euro. Se lo scopo di un fondo speculativo come Elliott è quello di guadagnare, la strada è quella giusta: nella prima settimana di battaglia il titolo ha fatto un +14%. Nel corso del primo incontro a Londra con i rappresentanti del fondo, peraltro già previsto da tempo, Genish ha difeso le scelte effettuate nel piano industriale. Del resto il manager, dopo l' uscita allo scoperto delle intenzioni, ha tentato di aprire al dialogo nei confronti degli americani.
A cominciare dalla rete, il cui scorporo (contestato da Elliott per le modalità con cui è condotto, anziché con una scissione e la quotazione in Borsa), sostiene, aprirà «un ventaglio di opportunità per il futuro», che non escludono a priori alcuna strada. Allo stesso modo, parlando con l' agenzia Bloomberg a Londra, ha operato un distinguo sulla sua posizione: si dice allineato ai soci francesi di Vivendi (che di Tim hanno il 23,9%) ma di non rappresentarli. Basterà a dissipare i dubbi di Elliott e evitare che il manager venga allontanato da Tim dopo appena 5 mesi di reggenza?
C' è chi sussurra che le aperture di Genish agli americani (e a New York, a dire il vero, pare non tutti siano concordi nel cacciare l' ad) abbiano provocato le ire dentro la Vivendi di Vincent Bolloré. Voci che non trovano riscontro presso fonti vicine al gruppo francese, che riaffermano la fiducia del primo azionista di Tim nel manager israeliano.
Genish è però riuscito a indispettire, e non poco, Elliott accusandolo, con l' operazione, di mirare alla fusione tra Tim Brasil e Oi, operatore sull' orlo del dissesto. «Non abbiamo alcuna quota in Oi - ha però risposto il fondo al Financial Times - e quindi non ha alcun fondamento il fatto che possiamo spingere per un' aggregazione tra Oi e Tim Brasil».
La settimana prossima sarà cruciale: nei primi giorni Tim pubblicherà l' avviso di convocazione assembleare che permetterà a Elliott, assistita da Vitale&Co, di inviare la richiesta di integrazione dell' ordine del giorno. Sarà chiusa la lista, a ieri ancora fluida nell' andirivieni dei nomi (Paolo Dal Pino l' ad probabile, ma non scontato), con Fulvio Conti candidato presidente in pectore. Poi inizierà il "road show", un giro di incontri con gli investitori per convincerli a defenestrare la maggior parte - a cominciare dai francesi - degli amministratori indicati da Vivendi, accusati di agire in conflitto di interessi.
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