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Federica Angeli per La Repubblica- Roma
«Cosa mi aspetto dal processo? Che finalmente permetta di discutere su fatti, documenti e testimonianze invece che su illazioni; che stabilisca con certezza responsabilità individuali e concatenazioni di fatti e soprattutto l´assoluta inesistenza di una associazione a delinquere».
A due giorni dall´inizio del processo Gianfranco Lande, il broker in carcere per una truffa colossale ai danni di vip, calciatori e notabili romani, ha accettato di rilasciare un´intervista a Repubblica. Assistito dal penalista Salvatore Sciullo, a lui ha affidato le risposte, scritte di suo pugno dalla cella di Regina Coeli.
Secondo l´impianto accusatorio lei ha truffato migliaia di persone, promettendo facili guadagni. à così?
«Chiunque abbia parlato con me potrà testimoniare che non ho mai promesso facili guadagni a chicchessia e che, al contrario, ho sempre consigliato massima cautela. Le migliaia di persone non esistono, è un errore dovuto alla superficialità delle informative della finanza. Alcuni investitori disponevano di molteplici posizioni, a volte più di una decina a testa. Parliamo di un totale effettivo di 700/800 investitori».
Tra le persone «cadute» nella sua rete ci sono diversi vip. Molti di loro sostengono di non aver mai saputo che i propri risparmi sarebbero finiti in paradisi fiscali. Erano davvero così inconsapevoli?
«Conoscendo Castellacci e chi ha intrattenuto relazioni con lui, posso dire che tutti avevano piena coscienza di come e dove gli investimenti fossero fatti. Parliamo di persone che nella maggior parte dei casi disponevano già di posizioni simili e spesso avevano dimestichezza maggiore di quella di Castellacci. Non posso dire lo stesso di Torregiani perché ho avuto modo di parlare con alcuni suoi investitori e ho constato una qualità di informazione radicalmente inferiore».
Ci può fare i nomi dei clienti consapevoli?
«Non ritengo di fare nomi in questa intervista. Farò esempi. Un paio di gestori balneari piuttosto noti che, a quanto mi risulta hanno parcheggiato all´estero il "Delta" tra parte dei ricavi e quanto dichiarato. Un architetto modaiolo che aveva già una posizione estera preesistente; un attore che a livello artistico riscuote la mia sterminata simpatia ma che ho riscontrato aver conferito in modo "irrituale" compensi distrattamente non dichiarati. Ne ho decine e decine marchiati a fuoco nella memoria».
Nelle lettere che lei ha scritto dal carcere ai magistrati sembra, tra le righe, leggersi questo: «Se mi scarcerate vi dico dove sono i soldi». Una specie di ricatto. à questo il messaggio?
«Quella che lei cita è la posizione della procura. Il deal è chiaro: sputi il malloppo e ti scarcero perché a quel punto smetterò di far finta di credere che fuggirai o reitererai il reato».
Dove sono i 170 milioni di euro passati per Eim prima ed Egp e Dharma poi?
«Sto cercando da mesi di far capire che i 170, o i 225 milioni, non ci sono più. In sostanza la grande maggioranza degli importi transitati sui conti Eim non mi sono mai pervenuti per svolgere attività di investimento ma sono stati "girati" ad altri investitori, pur figurando produrre profitti».
Dalla stampa è stato ribattezzatto il «Madoff dei Parioli». Che impressione le fa essere paragonato a chi, negli Usa, è stato condannato a diversi ergastoli?
«La gente ha bisogno di ancòre verbali per riassumere qualcosa, quindi non mi stupisco per l´assimilazione».
Veniamo ai rapporti con la malavita. Possibile che quando ha accettato i loro soldi - dai Piromalli all´ex Nar Pierfracesco Vito - non sapeva chi fossero
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