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A TRE ANNI DALLA SCOMPARSA DI LEONARDO DEL VECCHIO, ANCORA INFURIA LA GUERRA PER TROVARE UN ACCORDO SUL TESTAMENTO DEL "PAPERONE DI AGORDO" – LA MOSSA DEI FIGLI LEONARDO MARIA E MARISA CHE FANNO CAUSA PER PROVARE AD ACCELERARE SULL’INTESA - GLI OTTO EREDI CHIEDONO AL CEO FRANCESCO MILLERI DI NON ESSERE ESCLUSI DALLA GOVERNANCE DI DELFIN; POI, PER LA GIOIA DI CALTAGIRONE, DI VENDERE LE QUOTE IN MEDIOBANCA, GENERALI, MPS, UNICREDIT, CONCENTRANDO IL PATRIMONIO DELLA FAMIGLIA NELL’UNICA PARTECIPAZIONE CHE CONTA, ESSILUX; ED INFINE INCASSARE UNA CUCCAGNA DI DIVIDENDI (IL VALORE DI DELFIN SUPERA I 50 MILIARDI DI EURO)…

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Daniela Polizzi per “Corriere della Sera” - Estratti

LEONARDO MARIA DEL VECCHIO

 

L’obiettivo comune è raggiungere un accordo tra tutti e otto gli eredi di Leonardo Del Vecchio racchiusi nella Delfin, la holding che esprime un valore di mercato pari a 50 miliardi tra le quote in Essilux, Covivio e nelle banche. Quel 12,5% che ciascuno di essi possiede in Delfin esprime quindi un valore superiore ai 6 miliardi. Il tentativo ora è di trovare un nuovo punto di caduta in vista dell’assemblea per l’approvazione di bilancio della cassaforte che dovrebbe tenersi il 31 luglio.

 

Ma l’accordo non è ancora alle viste e il percorso appare a tratti ancora incerto. Nel frattempo affiorano altri procedimenti legali tra eredi. Leonardo Maria Del Vecchio, investitore in proprio ma anche manager di Essilux, e la sorella Marisa, da sempre custode delle volontà, hanno depositato una causa contro gli azionisti che hanno accettato l’eredità con beneficio di inventario.

 

LA GALASSIA DI PARTECIPAZIONI DELLA HOLDING DELFIN

La tesi è che, in realtà, dopo l’apertura del testamento, tutti i fratelli avessero accettato il lascito tacitamente.

 

Se la cornice appare quella di uno scontro legale, l’intento è in realtà di spingere a trovare una soluzione all’ultimo passaggio della successione dell’imprenditore scomparso il 27 giugno del 2022. Proprio da quella accettazione con beneficio di inventario da quattro dei sei figli di Del Vecchio: Paola, Claudio, Luca e Clemente Del Vecchio. Quel tipo di accettazione aveva fatto scattare regole tali da rendere complessa la chiusura della successione.

 

Il risultato è che i legati testamentari voluti da Del Vecchio non sono ancora stati eseguiti.

 

Tre i capitoli, il riparto delle imposte di successione, la cui quota a carico degli eredi è stimata in 119 milioni; il passaggio di due case di proprietà di Delfin a favore della signora Zampillo. Infine, l’assegnazione delle azioni di Essilux, per un valore stimato all’epoca in 270 milioni, a favore di Francesco Milleri, scelto dal fondatore per guidare la multinazionale. Sotto la sua guida la multinazionale ha accresciuto fino agli attuali 110 miliardi il suo valore in Borsa disegnando una traiettoria di sviluppo che ha come bussola la tecnologia.

famiglia del vecchio

 

Per mettere la parola fine a questo delicato capitolo bisognerebbe onorare le volontà dell’imprenditore scomparso.

 

E qui i piani si incrociano.

 

Un modo sarebbe di trovare un’intesa in maniera che Delfin possa distribuire un dividendo più ampio rispetto al tetto del 10% previsto dallo statuto della cassaforte e onorare i legati testamentari. D’altronde nel 2023 la società aveva stimato per l’anno successivo flussi di cassa non lontani da un miliardo. Ma per modificare quel tetto devono essere tutti d’accordo, secondo un modello di unitarietà nelle scelte voluto dal fondatore e che fin qui non è stato possibile applicare per via delle divergenze di vedute. Sono vari i punti di vista che emergono.

 

FRANCESCO MILLERI LEONARDO DEL VECCHIO

C’è chi tra gli eredi vorrebbe una modifica del sistema di governance di Delfin guidata da un board secondo le regole di un trust.

L’idea sarebbe di fissare una scadenza al board, in modo da poterlo rinnovare e introdurre altre modifiche più modeste.

 

Ora alcuni dei figli di Del Vecchio, da quanto emerge, stanno provando a percorrere altre strade che, se accettate da tutti, potrebbero sbloccare la partita. Delfin ha in pancia partecipazioni in società finanziarie che pesano per circa il 20% del suo valore di mercato. E una delle ipotesi al vaglio sarebbe proprio quella di impostare la cessione delle quote in Generali (9,9%), Mediobanca (19,8%), Mps (9,9%) più il 2,7% di Unicredit, la cui vendita è stata vagliata anche la scorsa primavera.

 

È chiaro che c’è un tema di liquidità tra gli azionisti nella holding e il graduale alleggerimento di queste quote porterebbe in Delfin, e quindi a loro, una liquidità di oltre 10 miliardi. Ciascuno di essi potrebbe poi essere libero di investire come preferisce.

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