COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
1 – ALTRO FLOP DEL DECRETO LIQUIDITÀ LE IMPRESE NON PAGANO PIÙ
Gian Maria De Francesco per “il Giornale”
La crisi scatenata dalla pandemia di coronavirus ha allungato a dismisura i tempi di pagamento dei committenti privati. La situazione sta mettendo a rischio la tenuta finanziaria di molti autotrasportatori, produttori di imballaggi e di una parte di attività metalmeccaniche che, durante il lockdown, hanno comunque lavorato. È quanto segnala la Cgia di Mestre evidenziando che anche in condizioni di normalità economica la sottocapitalizzazione è un tratto distintivo.
«La questione liquidità per le piccole imprese è dirimente», ha rimarcato il coordinatore dell' Ufficio studi Paolo Zabeo, aggiungendo che «occorre cambiare registro perché anche coloro che hanno lavorato faticano ad incassare le proprie spettanze». Secondo la confederazione degli artigiani mestrini sarebbe necessario intervenire sui tassi dei prestiti bancari che costringono le attività ad indebitarsi ulteriormente. Analogamente, servirebbero contributi a fondo perduto. «Se troppo indebitate le piccole imprese sono destinate a saltare, mentre lo Stato, sebbene con un debito maggiore, può reggere, grazie anche alle misure che la Bce e l' Unione Europea metteranno in campo nei prossimi mesi».
roberto gualtieri giuseppe conte patuanelli
In pratica, si tratta di un' ulteriore dimostrazione dell' insufficienza delle previsioni del decreto liquidità rivelatosi, sin dai primi giorni di applicazione, troppo macchinoso sia per i prestiti fino a 25mila euro, interamente coperti dal Fondo di garanzia che per quelli di importo superiore nonostante lo strumento «Garanzia Italia» messo in campo da Sace. Troppo stringenti le normative bancarie per erogare liquidi senza adeguate istruttorie.
Il combinato disposto è la morte certa per migliaia di aziende. Ecco perché la stessa Cgia di Mestre ha richiamato le Note Covid-19 pubblicate qualche giorno fa dalla Banca d' Italia nelle quali si mettono in evidenza le problematiche connesse al decreto liquidità e si propongono alcune soluzioni.
tavola calda chiusa in via del corso a roma
In particolare, gli artigiani di Mestre hanno fatto propria la tesi secondo la quale occorrono trasferimenti aggiuntivi a fondo perduto. Una volta scaduta la garanzia pubblica, segnalavano gli esperti di Via Nazionale, le banche avranno interesse al rientro immediato delle esposizioni nei confronti di posizioni poco solvibili. Ecco perché la Cgia guarda con interesse all' esperienza maturata in Germania in queste ultime settimane. Per sostenere le piccole imprese, infatti, il governo e i Länder tedeschi hanno erogato, alle realtà con meno di 15 addetti, fino a 15mila euro a fondo perduto.
Il problema liquidità, ovviamente, riguarda anche le imprese dei servizi alla persona che, a differenza degli autotrasportatori o di tante aziende metalmeccaniche, in queste ultime settimane sono state costrette alla chiusura. Molte hanno cominciato a «recuperare» flussi di cassa non pagando alcune scadenze. «Non sono pochi gli artigiani e i piccoli commercianti che hanno deciso di mitigare il forte calo dei ricavi registrato in questo ultimo mese e mezzo non pagando le bollette di acqua, luce, gas, l' affitto o le spese condominiali», ha ricordato il segretario della Cgia di Mestre, Renato Mason. Si è già perso molto tempo, recuperarne un poì è possibile.
2 – «I 600 EURO AL MESE ANCORA NON LI HO VISTI AVRÒ MENO DI CHI LAVORAVA IN NERO»
L. Sal. per il “Corriere della Sera”
«Vuole sapere la verità?». Sì, mi dica. «Noi onesti lavoratori siamo trattati sempre come l' ultima ruota del carro. E non mi sembra giusto». Tiziana Borgianini, 44 anni, lavora come cuoca alla Casetta degli orsi, asilo nido comunale di Genova. Anzi lavorava, perché dal giorno in cui sono state chiuse le scuole lei, è rimasta a casa con la figlia. Quarantena, come tutti. E un sacco di preoccupazioni.
Il suo stipendio sarebbe di 980 euro al mese. Adesso ha il fondo di integrazione salariale, strumento simile alla cassa integrazione. Sono 600 euro al mese. Anzi, sarebbero «perché finora non ho visto neanche una lira», come diciamo tutti quando i soldi non ci sono per davvero. «E mi tocca andare avanti con i pochi risparmi che avevo messo da parte». La burocrazia ha i suoi tempi. Il guaio è che anche la vita li ha, e quelli non aspettano proprio: «Le bollette continuano ad arrivare - dice Tiziana - la spesa bisogna continuare a farla». Ma la sua vera preoccupazione è per il futuro.
Come tutti quelli che nella scuola ci lavorano, Tiziana ha capito che purtroppo per quest' anno è andata, non si riaprirà. «Ma a settembre - chiede e soprattutto si chiede - potremo tornare a lavorare oppure no?». Il fondo di integrazione salariale al momento è garantito per nove settimane. «Ma noi come faremo ad andare avanti nei prossimi mesi?». Ed è qui, proprio qui, che la preoccupazione di Tiziana si trasforma in rabbia: «Io per ora non ho preso nulla. Ma quei 600 euro, quando arriveranno, saranno in ogni caso meno del reddito di cittadinanza o del reddito d' emergenza. Cioè, io ho perso il lavoro certo non per colpa mia. E avrò meno di chi non ha lavorato mai oppure lavorava in nero. Ecco, è questo che davvero non mi pare giusto».
3 – «UN PRESTITO? LA BANCA HA DETTO NO ORA MI SERVONO AIUTI DA NON RESTITUIRE»
Fabio Savelli per il “Corriere della Sera”
«Per favore lo scriva: è una situazione vergognosa. La banca di credito cooperativo valdostana mi ha negato il prestito da 25 mila euro con garanzia dello Stato perché ho già in essere un finanziamento da 20 mila euro con la Valfidi di Confcommercio che mi è servito solo a coprire i costi della prima settimana di blocco». Umberto Trona è un fiume in piena.
Ha in gestione un bar in centro ad Aosta con 7 dipendenti ora tutti in cassa integrazione. Ci lavora anche la sua compagna e la figlia di lei. Ha un figlio di cinque anni impossibilitato ad andare a scuola e un affitto per la casa. Sta perdendo 25-30 mila euro al mese di fatturato. «Ho chiesto alla proprietaria delle mura del bar, una dipendente della regione, di rinegoziare il canone. Mi ha risposto che se non ce la faccio posso anche non darle il preavviso. Ma il bar andava alla grande», dichiara amareggiato.
ROBERTO GUALTIERI AKA MAO TSE TUNG
L' impressione è che il conto economico dell' emergenza non sia ancora arrivato. E lo scontrino sociale arriverà inevitabile se non si ragiona su finanziamenti a fondo perduto per i piccoli commercianti piegati anche da una fase 2 che si preannuncia complicatissima.
«Mi deve spiegare come ripagherò da gennaio i debiti che spero di contrarre se ho solo costi fissi e pochi flussi di cassa immaginando una riapertura graduale. Occorre prestare a fondo perduto, perché la mancanza di liquidità di ora ci porterà tutti al fallimento e crollerà anche il gettito verso lo Stato». Umberto si dice preoccupato anche per la ripresa: «Le misure di distanziamento sociale impongono degli investimenti, presuppongono il crollo dello scontrino alla cassa. Mi sto organizzando con la consegna a domicilio delle colazioni e dei pranzi ma parliamo di un' inezia rispetto al giro d' affari di prima».
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