COSA HANNO ANCORA IN COMUNE FIAT E ITALIA? – DALLA BOLDRINI ALLA FIOM PASSANDO PER IL VESCOVO DI NOLA, E’ UNO SFANCULAMENTO CONTINUO

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1-LA FIAT ACCUSA IL VESCOVO DI NOLA: "NIENTE INCONTRO, STA CON I VIOLENTI"
Diego Longhin per "La Repubblica"

Dopo il «no» della presidente della Camera, Laura Boldrini, alla visita allo stabilimento Sevel Val di Sangro, arriva anche un «no» del Lingotto. Un rifiuto per lettera del responsabile dello stabilimento di Pomigliano, Giuseppe Figliuolo, diretto al vescovo di Nola, Beniamino Depalma, che ha preso parte ai sit-in contro i sabati recuperati davanti ai cancelli della fabbrica il 15 giugno.

Missiva, resa nota da Il Mattino, con cui Figliuolo annuncia che non sarà all'incontro con i sindaci che lo stesso vescovo sta organizzando. Il direttore ricorda la presenza di Depalma ai picchetti «dalla parte dei violenti e dei prevaricatori, manifestanti che con azioni e minacce hanno tentato di impedire l'ingresso ai lavoratori».

Il Lingotto non ha dubbi che la scelta del monsignore «è stata involontaria e causata dalle mistificazioni veicolate dalla stampa». L'azienda invita Depalma a visitare lo stabilimento dove ci sono «3.200 lavoratori degni quanto gli altri della sua solidarietà». E aggiunge: «In tale occasione si affronteranno tutte le questioni».

Ormai è un'escalation. Prima il pronunciamento della Consulta, che dichiara illegittima la parte dell'articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori dove si prevede la rappresentanza sindacale solo alle sigle firmatarie di intese, punto che ha permesso al Lingotto di escludere la Fiom dalle fabbriche. Poi il «no» della presidente di Montecitorio, Boldrini, all'invito fatto da Marchionne di visitare la fabbrica dove si produce il Ducato e il richiamo a evitare «una gara al ribasso sui diritti».

Richiesta che l'ad aveva fatto a Boldrini dopo l'incontro tra la presidente e una delegazione di lavoratori Fiat guidati dal segretario Fiom, Landini. Ora si apre un nuovo fronte con la Chiesa. Il vescovo di Nola non replica, ma persone della Curia a lui vicine sostengono che sia «amareggiato e scosso» per le parole del Lingotto. «Ha sempre cercato il dialogo tra le parti, per cercare di far calare la tensione - dicono - la sua presenza davanti allo stabilimento è stata travisata».

Critiche arrivano dal segretario Cisl Raffaele Bonanni: «Il vescovo deve usare la virtù del discernimento perché la posizione della Chiesa è molto importante». La Cgil di Pomigliano considera la lettera «un attacco gratuito, volgare e mistificatorio», dice il responsabile Salvatore Velardi. Don Tonino Palmese, vicario episcopale del cardinale di Napoli, Sepe, e referente di Libera, è convinto che «la presenza del vescovo ai cancelli non significa sposare i violenti, ma comprendere il disagio espresso pacificamente dalla maggioranza».

Il deputato Pd, Edoardo Patriarca, domanda: «Si vuole ripristinare il reato d'opinione? » E aggiunge: «Depalma conosce la realtà sociale di Nola, non so se lo stesso vale per i dirigenti Fiat».

Il coordinamento cassintegrati è «indignato», ma Gerardo Giannone, tuta blu di Pomigliano in cassa, ha scritto al vescovo, a Boldrini e al direttore della fabbrica per chiedere a tutti «di fare un passo indietro per permettere agli operai, senza essere tirati per la giacchetta, di farne due in avanti. Vediamoci di fronte ai cancelli al cambio turno per parlare con chi sta dentro e con chi sta ancora fuori».


2. SINDROME D'ACCERCHIAMENTO AL LINGOTTO - TORNA LA TENTAZIONE DELL'ADDIO ALL'ITALIA
Paolo Griseri per "La Repubblica"

Prima Laura Boldrini che si sbaglia e riceve a Montecitorio una delegazione della Fiom. Poi il vescovo di Nola che si fa prendere in braccio da un gruppo di violenti e prevaricatori. Negli ultimi giorni il Lingotto è in rotta di collisione un po' con tutti e lo fa con toni tanto forti da indurre ieri il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, a chiedere «maggiore equilibrio».

Salvo poi essere costretto nel pomeriggio a una precipitosa rettifica per spiegare che l'appello all'equilibrio era rivolto solo al vescovo e non alla Fiat che ha attaccato il monsignore dipingendolo come un ingenuo. Episodi del tutto inconsueti dietro ai quali c'è la sindrome di accerchiamento che ha preso il sopravvento a Torino negli ultimi giorni. E che nasce da un fatto preciso: la sentenza della Corte che dichiara anticostituzionale l'interpretazione dello Statuto dei lavoratori data dalla Fiat con lo scopo di escludere la Cgil dalle fabbriche.

Quella interpretazione è stata per tre anni l'architrave del sistema di contratti che il Lingotto ha messo in piedi da quando ha scelto di uscire da Confindustria. Non c'è da stupirsi che oggi il suo venir meno crei allarme al Lingotto. Perché se si consegna il diritto di avere rappresentanti in fabbrica anche ai sindacati che non concordano con le scelte dell'azienda, si mette in crisi uno dei principi enunciati da Marchionne nel lontano 2007, quando ancora era ben visto anche a sinistra.

Nel corso di una trattativa l'ad aveva detto ai sindacalisti: «Voi non avete capito. Oggi la competizione non è più tra lavoratori e impresa, come si diceva all'inizio del Novecento. Oggi la guerra è tra impresa e impresa, tra la comunità di una azienda e quelle delle altre». In questo schema non c'è posto per chi dichiara sciopero in trincea. Per questo
la Fiom è stata messa fuori dalla fabbrica.

Per questo il Lingotto si preoccupa se, come sta accadendo in queste ore, in conseguenza della sentenza della Corte i sindacalisti della Cgil si preparano a imbracciare gli scatoloni con le fotografie di Di Vittorio e a riportarli nelle salette sindacali da dove erano stati cacciati. Negli ultimi giorni Marchionne ha lasciato trapelare la sua indignazione per la piega che stanno prendendo gli avvenimenti. I suoi collaboratori hanno riferito riflessioni allusive sul fatto che «in queste condizioni è difficile investire in questo Paese».

Vari commentatori favorevoli alle tesi del Lingotto hanno attaccato la scelta di Laura Boldrini di non visitare, domani, lo stabilimento Sevel di Atessa, dove Marchionne l'aveva invitata con una lettera polemica («ho avuto modo di leggere del Suo interessamento ai problemi del lavoro in fabbrica») dopo la decisione della Presidente della Camera di ricevere il segretario della Fiom.

Nei commenti delle ultime ore c'è chi si è spinto a criticare 'l'invasione di campo' della Corte Costituzionale, come se la Consulta fosse il cda della Volkswagen. L'attacco al vescovo di Nola è la logica conseguenza di questa sindrome da accerchiamento.

E appare la probabile premessa a nuove esternazioni dell'ad del Lingotto che oggi all'Unione industriale di Torino e domani alla Sevel avrà l'occasione per far conoscere il suo punto di vista. Le polemiche di queste ore non servono però a sciogliere il nodo principale: due stabilimenti italiani dell'auto su cinque vivono solo grazie alla cassa integrazione e senza il contestato welfare europeo sarebbero chiusi o sull'orlo della chiusura. E lo sarebbero anche se il vescovo di Nola, la Presidente della Camera e la Corte Costituzionale si comportassero secondo i desiderata dei vertici del Lingotto.

 

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