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Enrico Caporale per “la Stampa”
GLI AUTISTI UBER SONO ASPIRANTI STAR
E dire che l’idea è nata proprio lì, a Parigi. Era una notte del 2009, pioveva, e Travis Kalanick, giovane imprenditore californiano, era alla disperata ricerca di un taxi. «Sai che forte premere un bottone e avere un autista?», pensò.
Detto fatto: un anno dopo Kalanick era a San Francisco con l’amico Garrett Camp per lanciare Uber, un’applicazione che permette di farsi raggiungere in pochi minuti da un’auto di lusso (non c’è bisogno di telefonare, non servono contanti: bastano smartphone e carta di credito). Ora la stessa Parigi ha dichiarato guerra ai creatori dell’app.
Ieri centinaia di taxi hanno bloccato le strade che collegano la capitale francese agli aeroporti di Roissy-Charles de Gaulle e di Orly. L’«operazione lumaca» (così è stata chiamata la protesta) è stata lanciata per ribellarsi alla decisione del Tribunale di Commercio di Parigi che venerdì aveva respinto il reclamo delle associazioni di tassisti, stabilendo che «UberPOP (servizio più economico dove al posto di autisti professionisti e macchine di lusso ci sono persone comuni che, dopo aver superato un colloquio, possono mettere a disposizione la propria auto per un passaggio) non è illegale».
Così, per disinnescare la tensione, il portavoce del ministero dell’Interno, Pierre-Henry Brandet, ha annunciato che dal 1o gennaio 2015, con l’entrata in vigore della «legge Thévenoud», il servizio di taxi online a basso costo sarà vietato. «Non solo è illegale - ha detto Brandet - ma costituisce un pericolo reale per il consumatore». Tutto il contrario di quello sostenuto pochi giorni prima dai giudici.
L’AZIENDA NON MOLLA
In ogni caso, l’azienda americana non intende mollare. «La recente decisione del Tribunale di Commercio di Parigi - ha comunicato - è la prima e sola decisione resa sulla base della legge Thévenoud e la decisione è quella di non sospendere UberPop. Uber continuerà anche nel 2015 ad applicarsi per innovare e offrire nuove soluzioni di trasporto che siano sicure, affidabili e accessibili». In altre parole, la società è pronta all’ennesima battaglia legale.
IL BLOCCO NEGLI ALTRI PAESI
La Francia, infatti, non è il solo Paese ad aver dichiarato guerra a Uber. Negli ultimi giorni il servizio è stato sospeso in India (dopo l’arresto per stupro di un autista), Spagna, Brasile e Olanda (lo stesso era accaduto nei mesi scorsi in Germania, Belgio e Thailandia). E ora pare che la start up sia malvista anche in Australia. Ieri, durante l’attacco terroristico in un caffè di Sydney, le corse di Uber per uscire dal centro sono aumentate vertiginosamente (fino a 100 dollari a corsa), scatenando la furia dei clienti.
La società si è giustificata addossando la responsabilità a un software automatico che innalza le tariffe quando registra più richieste e promettendo rimborsi, ma intanto l’immagine è danneggiata.Insomma, dopo quattro anni l’azienda californiana - forte dei finanziamenti di big come Google e Goldman Sachs - vale 40 miliardi di dollari (32 miliardi di euro) e opera in 45 Paesi (200 città), ma continua a collezionare nemici.
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