I RICCHI NON PIANGONO - SE I RUSSI SONO ALLA CANNA DEL GAS, IL GIGANTE DELL’ENERGIA, ROSNEFT, INCASSA DA PUTIN L’EQUIVALENTE DI 10 MILIARDI DI DOLLARI - E IL GRUPPO HA SUBITO CAMBIATO I RUBLI IN VALUTA PREGIATA

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Fabrizio Dragosei per il “Corriere della Sera

 

putin lascia il g20 australiano 4putin lascia il g20 australiano 4

Se il vertice russo continua ad accusare la speculazione internazionale e l’Occidente per i guai economici, nelle ultime ore si sono invece levate voci contro i gruppi di potere che controllano le risorse del Paese, come la compagnia petrolifera statale Rosneft del potentissimo Igor Sechin, legato a doppio filo al presidente Vladimir Putin: alla base dell’ultimo tonfo del rublo ci sarebbe l’emissione di bond Rosneft per 625 miliardi di rubli (quasi dieci miliardi di dollari) che sarebbero stati acquistati quasi interamente dallo Stato.

 

La compagnia, che ha subito smentito sdegnata, è stata accusata di aver cambiato immediatamente i rubli in valuta pregiata. In ogni caso, si dice negli ambienti economici, la sola idea che il gigante petrolifero avesse nelle casse così tanto contante ha spinto gli operatori ad anticiparlo, rifugiandosi nel dollaro e nell’euro.

 

E il solo fatto che a parlar male dei potenti oggi non siano solo gli oppositori incalliti e senza speranza, ma anche tecnici e osservatori è un segno delle difficoltà alle quali Vladimir Vladimirovich potrebbe andare incontro. Non solo economiche ma anche politiche.

putin isolato al g20putin isolato al g20

 

L’euro salito a cento rubli ha destato una grande impressione, anche se poi nel corso della giornata ha ripreso un po’ quota. La Banca centrale era intervenuta pesantemente alzando dal 10,5 al 17 per cento il costo del denaro, ma con scarso risultato. Una successiva riunione d’emergenza del governo non ha prodotto, almeno fino a ieri sera, misure concrete.

 

E ora la gente si aspetta il peggio, tanto che c’è stato un boom di richieste da parte di banche e cambiavalute di nuovi tabelloni luminosi che possano prevedere un cambio a tre cifre tra il rublo e le due principali valute mondiali.

Si profila lo spettro della crisi economica degli anni Novanta.

 

Le accuse a Sechin e alla Rosneft sono partite inizialmente dall’ex ministro delle Finanze Aleksej Kudrin e dallo storico oppositore Boris Nemtsov: «Transazione non trasparente», ha definito Kudrin l’operazione Rosneft, mentre Nemtsov l’ha bollata come «un aiuto per il business di Putin-Sechin da parte della Banca centrale che ha avviato la macchina stampa-rubli». Ma poi è intervenuta anche una professionista indipendente, l’economista capo della Alfa-Bank Natalya Orlova, che ha spiegato come il mercato temesse una iniziativa di Rosneft e l’ha anticipata.

Igor Sechin di rosneft Igor Sechin di rosneft

 

Alla base di tutto c’è certamente il calo del prezzo del petrolio che appare inarrestabile. Ma influiscono pure le sanzioni varate dall’Occidente e il Paese se ne sta rendendo conto. Putin reagisce ufficialmente cavalcando il nazionalismo e gridando al complotto contro la Grande Russia.

 

Nei giorni scorsi ha ordinato manovre militari con novemila uomini e missili Iskander nell’enclave di Kaliningrad che si trova tra Polonia e Lituania, due Paesi Nato. Ieri però il ministero della Difesa ha annunciato la fine di queste manovre e ha anche fatto sapere che i micidiali Iskander sono stati ritirati. Un segnale positivo che si somma a quelli che vengono dall’Ucraina orientale (all’origine della crisi) dove l’attività militare è moderata.

 

Così il presidente americano Barack Obama si appresta a firmare la legge su nuove sanzioni varata dal Congresso, ma allo stesso tempo il segretario di Stato John Kerry riconosce che le autorità russe hanno fatto «progressi costruttivi» negli ultimi giorni. E afferma che se il Cremlino continuerà su questa strada anche le sanzioni già in vigore potrebbero essere revocate entro breve tempo.

ROSNEFT ROSNEFT

 

E questo, naturalmente, sarebbe un passo che incontrerebbe l’approvazione di parecchi Paesi europei, quelli che sono in prima linea perché hanno stretti rapporti commerciali con Mosca, come ha ricordato ieri Romano Prodi che si trova in visita in Bielorussia. L’ex premier, contrario allo scontro con la Russia, sostiene poi che tutte le misure decise dall’Occidente «hanno invece danneggiato solo minimamente gli Stati Uniti».