COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
1. L'URLO DEI COMMERCIANTI "COSTRETTI A CHIUDERE SE LE TASSE NON SLITTANO"
Luca Monticelli per ''La Stampa''
Il giorno del conto è arrivato. Il Mef è stato irremovibile e oggi scatta il tax day con 4,5 milioni di partite Iva chiamate all'appello per onorare le scadenze fiscali già slittate il 30 giugno. Una partita che per le casse dello Stato vale otto miliardi e mezzo. Le piccole imprese sono sul piede di guerra e temono che la stangata acceleri la chiusura di tante realtà in debito d'ossigeno a fronte di una ripresa che stenta. Il centrodestra cavalca la ribellione dei commercialisti pronti a incrociare le braccia e propone la disobbedienza verso il fisco. Matteo Salvini dice di voler sostenere con i legali e gli esperti del Carroccio «la protesta fiscale di partite Iva, lavoratori autonomi e commercialisti: è una follia costringere milioni di cittadini a pagare le tasse minacciando multe e sanzioni», attacca.
L'affondo del leader della Lega fa breccia nella maggioranza dove le acque sono agitate. Il capogruppo al Senato di Italia viva, Davide Faraone, pensa che chiedere soldi agli autonomi a due mesi dal lockdown sia una «follia». Per i renziani il mancato differimento amplificherà le difficoltà finanziarie e rischia di «innescare la spirale dell'usura». Iv è pronta a riportare la questione all'attenzione del Parlamento, dopo che già in commissione alla Camera aveva presentato un emendamento al decreto Rilancio che stabiliva lo slittamento a novembre, ma venne bocciato.
Anche Di Maio è molto critico rispetto a questa scelta. Nei giorni scorsi, infatti, il ministro degli Esteri si era esposto dichiarandosi a favore del rinvio. «Non possiamo pensare di far pagare le tasse nel momento in cui l'Italia sta uscendo da un periodo di pandemia, dobbiamo dare respiro ai nostri imprenditori», aveva detto intervistato da "Stasera Italia" su Rete 4. Nei 5 Stelle lo posizioni sono diverse. Alessio Villarosa, sottosegretario in via XX Settembre, voleva la dilazione mentre la vice di Gualtieri, Laura Castelli, non ha mai avuto intenzione di fare sconti. Le porte del governo dunque restano chiuse, ma Confcommercio non ci sta e invoca una soluzione per evitare la mazzata: «Occorre che si prenda atto di una situazione che vedrà migliaia di imprese e lavoratori autonomi impossibilitati a procedere ai pagamenti».
Secondo la confederazione, l'esecutivo giallorosso deve trarre le conseguenze «riaprendo i termini per i versamenti di saldo e acconto almeno fino al 30 settembre e prevedendo poi moratorie fiscali più ampie. Se così non fosse il rischio chiusura si rafforzerebbe. Il suo impatto diretto e indiretto sulla finanza pubblica sarebbe ben maggiore di quello derivante dalla proroga delle scadenze fiscali». Allarme condiviso da Forza Italia che accusa Palazzo Chigi di tenere «un comportamento inqualificabile» e di non rispettare contribuenti e commercialisti. Perciò il responsabile economico Renato Brunetta e il capo dei Dipartimenti azzurri Giorgio Mulè suggeriscono al Tesoro «di inserire, nel primo provvedimento utile, una norma di "proroga ex post" che escluda sanzioni per le piccole imprese e le partite Iva individuali che verseranno entro il 30 settembre».
roberto gualtieri si congratula con giuseppe conte per l'informativa sul mes
Per quel mese, però, il governo ha altri piani e sta già pensando di permettere la rateizzazione delle ritenute e dei contributi sospesi che vanno a scadere il 16, finanziando l'operazione in deficit con il decreto di agosto. Da oggi a fine luglio saranno 246 le scadenze fiscali accumulate a causa della pandemia. Tra i versamenti da corrispondere ci sono, appunto, il saldo 2019 e l'acconto 2020 delle imposte sui redditi; l'imposta di bollo sulle fatture elettroniche; il diritto annuale alla Camera di Commercio; la cedolare secca; l'Ires e l'Irap. Chi vuole potrà optare per la finestra del 20 agosto con una maggiorazione dello 0,4%. Il rischio è che in molti scelgano la strada più semplice per sopravvivere: non pagare.
2. TASSE, IL GOVERNO TIENE DURO: CON IL RINVIO RISCHIO INGORGO
Francesco Bisozzi per ''Il Messaggero''
Scoccato il D-day delle imposte. Chiamati alla cassa oltre 4 milioni di contribuenti, soprattutto partite Iva, dopo il mancato rinvio a settembre dei versamenti degli acconti e dei saldi delle imposte sui redditi, programmati in precedenza per la fine di giugno. Parliamo di un flusso di cassa che, secondo le stime, vale oltre 8 miliardi di euro. Ma i commercialisti sono sul piede di guerra (in questi mesi le misure anti-contagio hanno rallentato di molto l'attività degli studi che ora hanno il fiato corto) e minacciano lo sciopero. In trincea i partiti dell'opposizione, che invitano alla disobbedienze tributaria. Ma il D-day delle tasse scuote pure la maggioranza.
Il partito di Matteo Renzi, Italia Viva, che in precedenza aveva spinto per inserire nel decreto Rilancio un rinvio del pagamento delle tasse al 30 novembre, proposta poi bocciata, si è smarcato dal governo. Intanto la proposta anticipata al Messaggero dal direttore dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, che punta ad abolire il sistema di saldo e acconto a favore di un prelievo mensile diretto e automatizzato, è piaciuta agli operatori professionali.
GLI ADEMPIMENTI
Sarà comunque un lunedì ad altissima concentrazione di scadenze. Si pagano Irpef, Ires e Irap (saldo 2019 e acconto 2020), l'Iva della dichiarazione annuale (se non pagata in precesenza), il saldo 2019 della cedolare secca e il primo acconto 2020, il diritto annuale alla Camera di Commercio, l'imposta di bollo sulle fatture elettroniche emesse nel secondo trimestre 2020, oltre a imposte e contributi previdenziali e assistenziali sulla base della dichiarazione dei redditi (per titolari di partita Iva e soci di società).
Ieri si è scagliato contro il governo anche il leader della Lega Matteo Salvini: «Siamo pronti a sostenere con i nostri legali la protesta fiscale di partite Iva, lavoratori autonomi e commercialisti, perché riteniamo sia una follia costringere milioni di cittadini a pagare oggi le tasse». Sul carro dei contrari è salita poi la presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni. «Il no del governo al rinvio della scadenza fiscale del 20 luglio è una batosta per milioni di lavoratori e partite Iva che stanno affrontando la crisi economica innescata dal Covid e che semplicemente non hanno la liquidità per far fronte al pagamento delle imposte», ha tuonato su Facebook la leader di Fdi.
Sulla stessa linea d'onda Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera: «La nostra ricetta è nota, occorre rinviare tutte le scadenza fiscali al 2021». Ma il governo spiega che le scadenze ordinarie del 30 giugno e del 30 luglio (quest' ultima con maggiorazione dello 0,4 per cento) avevano già beneficiato di una proroga al 20 luglio e al 20 agosto e che non era possibile fare di più. Fari puntati sul ministero dell'Economia. «Farci passare come nemici dei contribuenti è assurdo considerato che abbiamo messo in pista sgravi fiscali per 7,5 miliardi di tasse in meno nel 2020, oltre 21 miliardi nel 2021 e 28,5 miliardi nel 2022», fa i conti il sottosegretario all'Economia Antonio Misiani. Il quale, invitando a non «strumentalizzare politicamente la vicenda» rileva che un rinvio causerebbe comunque «un grande ingorgo fiscale a settembre».
LA TRASFORMAZIONE
Per quanto riguarda la proposta avanzata sul Messaggero dal direttore dell'Agenzia delle Entrate, per semplificare la riscossione delle tasse attraverso prelievi diretti, questa trova il parere favorevole di Vittorio Emanuele Falsitta, tra i più autorevoli tributaristi italiani: «Sono d'accordo con il direttore dell'Agenzia delle Entrate. Necessaria una nuova relazione culturale tra fisco e contribuente e in generale tra Stato e cittadino. Ancora oggi il fisco pensa in cuor suo che il contribuente sia mezzo evasore fino a prova contraria, mentre il contribuente viceversa stenta ad avere fiducia nel fisco e dal momento che non si sente supportato adeguatamente non esita a trattenere per sè le risorse il più a lungo possibile».
Interesse anche dal mondo dei commercialisti, nelle parole del consigliere del Cndcec delegato alla fiscalità Maurizio Postal: «Questa nuova modalità di tassazione costituisce una soluzione non priva di fascino. L'eliminazione dal calcolo del reddito di rimanenze, ammortamenti e non solo, apre le porte a una tassazione sui flussi semplificati in grado di ridurre notevolmente lo stock di credito d'imposta. Tuttavia un sistema di questo tipo potrebbe presentare una serie di criticità sotto il profilo tecnico che non sono da sottovalutare».
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