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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
1. GLI SCANDALOSI COSTI DELL'EUROPA DI BRUXELLES E STRABURGO
Gli amanti dell'antipolitica hanno goduto come pazzi quando ieri sera la televisione ha trasmesso le immagini dello scazzo furibondo tra l'europarlamentare Baldassarre del Pdl e un giornalista della tv olandese che lo ha pizzicato mentre entrava all'Europarlamento per mettere la firma per intascare la diaria di 300 euro.
Questo comportamento scandaloso non è soltanto italiano perché sembra che molti dei 754 eletti a Strasburgo abbiano le stesse abitudini. Quando nel 1958 è nata la prima Assemblea parlamentare europea che nel '62 prenderà il nome ufficiale di Parlamento, i rappresentanti dei vari Paesi avevano un comportamento ben diverso. Poi nel corso degli anni ha prevalso il vezzo di una toccata e fuga tra le due sedi di Bruxelles e Strasburgo dove si tengono le sessioni plenarie.
Che l'Europa nel suo complesso costi troppo gli italiani lo provano sulla loro pelle ogni giorno, ma un discorsetto a parte e una bella spending review andrebbe fatta sugli sprechi dell'Europarlamento che il 17 giugno del prossimo anno rinnoverà le rappresentanze dei vari Paesi.
Soltanto per le spese di interpretariato nel 2012 si sono sprecati 5,5 milioni di euro, un milione in piu' rispetto all'anno precedente. Ma non è tutto perché ,come ha rivelato un paio di settimane fa il giornalista Pietro Romano sul settimanale "Il Mondo" ,ciascuno dei parlamentari guadagna 8.500 euro al mese e si è permesso il lusso di offrire un viaggio premio a 110 amici ospiti con una spesa complessiva di 21,3 milioni.
C'è poi da considerare l'assurdità delle due sedi, Bruxelles e Strasburgo, un duplicato costoso che è nato quando la Francia impose la sede di Strasburgo per farne il simbolo della ritrovata unità dopo le sanguinose divisioni tra gli europei.
Oggi il Parlamento del capoluogo alsaziano costa 196 milioni l'anno oltre ai quali vanno considerate le spese per i parlamentari e per l'esercito di funzionari e lobbisti che sistematicamente deve saltellare lungo i 300 chilometri che separano Strasburgo a Bruxelles. Anche qui, nella capitale politica dell'Unione europea, non si bada a spese. L'ultima notizia è che l'Europarlamento ha affittato nel cuore del quartiere Leopold un immobile di 11 piani con ristorante privato e parcheggio sotterraneo.
Sono 40mila metri quadri che vanno ad aggiungersi ai 300mila di cui già dispone l'Europarlamento.
2. DIETRO LE ESTERNAZIONI A BRACCIO DI LUPI VEDE LA MANINA DI MAURO MORETTI, IL CAPO DELLE FERROVIE CHE CON UNA GUERRA SELVAGGIA SULLE TARIFFE VUOLE METTERE DEFINITIVAMENTE FUORIGIOCO L'ALITALIA
Nel quartier generale dell'Alitalia sono rimasti letteralmente spiazzati dalla sortita del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi che ieri batteva le mani come un ragazzino nell'adunata di Giuliano Ferrara a piazza Farnese.
Con un omaggio tardivo alle scelte compiute da Berlusconi nel 2008 quando l'Alitalia poteva essere venduta ad AirFrance, il 54enne ministro milanese ha buttato una secchiata d'acqua fredda in faccia a Colaninno e a Gabriele Del Torchio, il manager di Varese che ad aprile è diventato amministratore delegato della Compagnia.
Il getto d'acqua sarà arrivato sicuramente anche sui patrioti italiani di Cai ai quali il dimenticato Corradino Passera affidò il salvataggio dell'Alitalia. L'ineffabile ministro ha detto in pratica che l'idea di un'alleanza strategica con i francesi è da archiviare perché il mercato sta cambiando ,e si è chiesto se non abbia più senso guardare ad alleanze con compagnie dell'Est.
Da tempo si sussurra di accordi, puntualmente smentiti con i russi di Aeroflot e inesistenti compagnie cinesi, quindi non si capisce a chi alluda il politico berlusconiano quando parla di partnership alternative. Il primo risultato della sua esternazione è stato il rinvio di una settimana della presentazione del piano sul quale Colaninno e Del Torchio stanno cercando di ritrovare la rotta per coprire il buco da un miliardo della nostra Compagnia.
Nelle prossime ore al quartier generale di Alitalia si cercherà di apportare qualche modifica al piano che già prevedeva di sganciare l'Alitalia dalla serrata competizione sul mercato domestico con i treni che viaggiano tra Milano e Roma, la rotta che è stata la principale fonte dei guadagni. E c'è qualcuno che dietro le esternazioni a braccio di Lupi vede la manina di Mauro Moretti, il capo delle Ferrovie che con una guerra selvaggia sulle tariffe vuole mettere definitivamente fuorigioco l'Alitalia.
Da parte sua l'ex-sindacalista di Rimini si sente fortissimo per il rapporto con il ministro cementato dalle frequentazioni ai Meeting di Rimini di "Comunione&Fatturazione".
Moretti ormai viaggia sicuro verso la riconferma del suo incarico e nell'euforia fa squillare le trombe dicendo che le Ferrovie hanno i conti talmente a posto da potersi permettere di andare a caccia di nuovi mercati. Anche ieri, mentre il suo amico ministro metteva in crisi l'Alitalia, ha dato fiato all'entusiasmo, ma con l'astuzia che lo distingue ha professato fiducia nei francesi. Non alludeva a quelli di AirFrance bensì ai francesi di Alstom che erano schierati con i massimi dirigenti nello stabilimento di Savigliano dove si costruiranno 70 nuovi treni regionali per una spesa di 450 milioni.
Sembrano passati anni luce da quando l'ingegnere di Rimini sparava cannonate nei confronti della società francese accusata di inefficienza per il treno regionale Minuetto. Ma l'uomo è fatto così: minaccia di fare guerre e sfracelli inauditi, poi si mette d'accordo e questo copione ,collaudato in varie occasioni, lo ha esattamente ripetuto con i francesi di Alstom. L'ineffabile ministro Lupi dovrebbe però chiudere la bocca e riflettere per un attimo sulla strategia del suo amico Moretti che invece di proteggere il mercato nazionale dei produttori di treni fa accordi con gli stranieri di Alstom e di Bombardier.
Anche lui dovrebbe sapere che in questo momento c'è un'azienda italiana che si chiama Ansaldo Breda drammaticamente in crisi con la prospettiva di chiudere lo stabilimento di Pistoia. E anche se è vero che Breda ci ha messo del suo rifilando al Belgio e all'Olanda treni per l'Alta Velocità che non funzionano al meglio, dovrebbe porsi insieme all'amico ministro il problema di salvaguardare le imprese italiane.
Dovrebbe farlo tenendo conto che non più tardi di ieri proprio il ministro dei Trasporti ha tessuto un elogio sperticato di Finmeccanica, la holding che controlla Ansaldo Breda. Ma chiedere al tandem Moretti-Lupi di tapparsi la bocca è chiedere troppo.
3. L'EUFORIA DI GHIZZONI
C'è un banchiere a Milano che negli ultimi giorni si è messo a suonare la musica dell'ottimismo.
à Federico Ghizzoni, il roseo piacentino di Unicredit che non sembra credere agli scenari greci e ostenta grande fiducia nel governo di Enrichetto Letta. Pochi giorni fa ha rilasciato un'intervista all'inserto "Style" del "Corriere della Sera" in cui ha spiegato che la sua banca ha un piano per aiutare 9mila aziende e un programma che porterà ... "salute e felicità ai dipendenti". E oggi sul "Sole 24 Ore" dice con orgoglio che piazza Cordusio ha erogato nell'ultimo mese e mezzo 1,7 miliardi di prestiti a 12mila imprese che puntano a crescere.
Il suo ottimismo è basato soprattutto sulla fiducia che l'attuale Governo ponga fine all'instabilità politica,una situazione felice sta portando all'aumento di prestiti e di mutui.
A leggere oltre le righe si capisce che il roseo Ghizzoni sente che il vento nel mondo della finanza sta cambiando. Da un lato c'è l'avversario storico IntesaSanPaolo che nonostante gli sgomitamenti e le rivoluzioni organizzative dell'amministratore delegato Cucchiani (ospite fisso nei conclavi del Bilderberg) non riesce ad eccitare i mercati e a realizzare performances significative.
Basti pensare che i ricavi della banca (dove il presidente Abramo-Bazoli ha la testa soltanto per le vicende del Gruppo Rcs), nel primo trimestre sono scesi del 14%. E i piccoli terremoti interni non sono finiti come dimostra il licenziamento "non consensuale" di Giuseppe Castagna, il manager che a luglio dell'anno scorso era indicato come futuro responsabile della Banca dei Territori.
Sarebbe sbagliato comunque interpretare l'euforia di Ghizzoni solo alla luce delle difficoltà del suo principale competitor. In realtà il roseo piacentino che nel settembre 2010 ha raccolto la pesante eredità di Alessandro Profumo, ha ingranato la quarta dopo la rivoluzione copernicana annunciata da Mediobanca per bocca del pallido Alberto Nagel.
L'operazione di piazzetta Cuccia per cambiare la pelle da merchant bank a banca retail, ha fatto sorridere il gotha della finanza milanese che la ritiene impossibile tale da non creare alcuna preoccupazione a piazza Cordusio e a Banca Intesa.
Da qui l'euforia, probabilmente esagerata, di Ghizzoni che si trova uno spazio di manovra e di mercato molto più ampi rispetto a quelli previsti qualche mese fa. L'obiettivo per lui, considerato malignamente un bancario più che un banchiere, è di occupare il primo posto nella classifica della finanza. Per farlo dovrà schiarirsi un po' i giudizi sul governo e sulla politica, una cosa che farà a metà luglio quando Unicredit chiamerà Prodi, Amato e altri nomi eccellenti a un convegno internazionale da concludere con un concerto di Pino Daniele.
4. REGINA INCAZZATO CON SACCOMANNI
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che Aurelio Regina è terribilmente incazzato.
A rendere furioso l'imprenditore e manager foggiano è l'esclusione della società Egon Zehnder dalla lista degli headhunter ai quali il ministro Saccomanni ha affidato la selezione dei manager per le poltrone che scadono nei prossimi giorni".
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