“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Raffaella Polato per il "Corriere della Sera"
Solo una settimana fa, venerdì 3 agosto, riceveva dal governo italiano il mandato di advisor nell'operazione di cessione alla Cassa depositi e prestiti della quota Fintecna detenuta dal Tesoro. Incarico (con relative ricche commissioni) ovviamente accettato. Chissà se almeno con un filo - pur sottile, pur soltanto di facciata - d'imbarazzo. Magari «confessato» a Palazzo Chigi. Quella stessa Goldman Sachs che all'Italia, intesa come Stato, si ripresenta (invitata) negli abiti del consulente, dall'Italia era già fuggita negli abiti dell'investitore. O per conto dei «suoi» investitori, per «supportare la nostra clientela», come si giustifica la banca d'affari.
La differenza, se c'è, non è poi così fondamentale. La sostanza quella è. A fine marzo, attestano i file delle comunicazioni trimestrali inviate ieri alla Sec, Consob americana, la merchant bank Usa aveva in portafoglio titoli del nostro debito sovrano per 2,510 miliardi di dollari. A fine giugno, Btp, Cct eccetera erano scesi alla modica quota di 191 milioni. Un taglio secco del 92%.
Ora. Può essere che il disinvestimento quasi totale non rifletta il reale giudizio di Goldman sul Paese. Ed è vero che neppure la cifra di partenza del confronto - i due miliardi e mezzo di dollari, poco più di due miliardi di euro - era in sé una goccia nel mare dei titoli di Stato italiani: tanto per dare un'idea, il paracadute aperto da tutte le maggiori banche nazionali ha visto l'esposizione-aiuto di un istituto come Intesa salire fino a una cinquantina di miliardi (dati dell'ultima semestrale).
à però vero anche che, a inizio anno, la stessa Goldman nella Repubblica era in realtà tornata a investire. Adesso il gruppo guidato da Lloyd C. Blankfein - e che in passato ha avuto tra i suoi consulenti sulla Penisola nomi di questo calibro: Mario Monti, Mario Draghi, Romano Prodi - inverte di nuovo la tendenza. Fino quasi ad azzerare la propria posizione.
E allora, la cifra non sarà enorme, magari a non fidarsi della nostra capacità di farcela sono davvero solo i suoi clienti e non la banca d'affari (che comunque evidentemente non raffredda le paure di chi le ha affidato i patrimoni da gestire né, fin qui, esprime pubblicamente il proprio giudizio). Ma l'allarme suona comunque. Ancora più forte perché segue a stretto giro altri brutti segnali di rafforzamento, di nuovo, di quello che è stato chiamato «il partito delle scommesse contro l'Italia».
Aveva cominciato Pimco, il maggior fondo obbligazionario del mondo, con la sua perentoria «raccomandazione»: «State alla larga dal debito italiano, spagnolo, greco». Hanno continuato, dimostrando di essere già passate ai fatti, le banche d'affari Usa.
In settimana era stata J.P Morgan, la prima ad annunciare di aver aumentato la propria copertura assicurativa sul rischio-Paese: credit default swap associati a Bot, Btp, Cct portati nel trimestre dal 52 al 61% del relativo totale. Ieri, lo schiaffo di Goldman (costato al governo, per via dell'operazione Cdp-Fintecna, anche una durissima nota del capogruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: «Si favoriscono centrali di potere che agiscono contro gli interessi del Paese»). E l'attesa per le altre big americane. Ma l'incognita riguarda solo i numeri, e chi sia destinato a vincere o perdere la «posta italiana»: perché, che anche Citigroup e Bank of America abbiano ridotto l'esposizione, i mercati lo danno per scontato.
lloyd Blankfein DI GOLDMAN SACHSMARIO MONTIMAURIZIO GASPARRI CITIGROUP Bank of America
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