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Ettore Livini per "la Repubblica"
Ottantotto milioni di guadagno in 24 ore. L'effetto-larghe intese continua a regalare giornate d'oro a Silvio Berlusconi. La politica (per ora) non c'entra. A far sognare il Cavaliere - dopo l'insperata rimonta elettorale e il varo del governissimo - sono le performance stellari delle sue aziende quotate in Borsa, tonificate dalla ritrovata centralità istituzionale del loro azionista di riferimento.
L'ultimo "bingo" è fresco di ieri: i titoli Mediaset, protagonisti di una seduta pirotecnica in un listino fiacco, hanno chiuso in rialzo del 6%. Mediolanum, altro gioiello del Biscione, è balzata dell'1,7%. Risultato: dopo la campanella di chiusura dei mercati, la Fininvest si è ritrovata (virtualmente) in tasca 88 milioni in più di quelli che aveva martedì sera. Il copione, anche se non a questi ritmi folli, va in replica senza soluzione di continuità dal 26 febbraio. Il risultato delle urne ha certificato l'ennesima "resurrezione" elettorale del lider maximo del centrodestra.
E le sue aziende da allora non hanno mai smesso di festeggiare: il patrimonio azionario di Arcore valeva alla vigilia del voto poco più di 1,8 miliardi. Oggi è cresciuto del 43% (contro il +7% dell'indice Mibtel) a quota 2,6 miliardi, garantendo a Berlusconi un guadagno potenziale di 782 milioni in poco più di due mesi. Un risultato mai raggiunto nemmeno nell'era - non troppo lontana - delle varie leggi "ad aziendam". La corsa della scuderia Fininvest a Piazza Affari, oltretutto, ha accelerato il passo a ritmi da slotmachine subito dopo il decollo del Governissimo.
Dal 28 aprile, giorno del giuramento dell'esecutivo Letta, il patrimonio azionario di Arcore è lievitato di 329 milioni - +21% contro il +6% del listino - regalandogli più o meno un milione di euro all'ora, notte e festivi compresi. I 100mila euro al giorno che il Cavaliere deve pagare ogni giorno a Veronica Lario saranno pure «una cifra fuori da ogni senso della realtà e della misura», come ha fatto notare con sobrietà sua figlia Marina. Il "tesoretto" accumulato dal 24 febbraio, però, basta da solo a garantire all'ex-moglie gli alimenti fino al 31 dicembre 2227.
Prosit. Nemmeno gli analisti più fantasiosi riescono a spiegare il boom di Mediaset e Mediolanum con i fondamentali delle due aziende. Specie per quanto riguarda le tv un po' acciaccate del Biscione: Cologno ha chiuso il 2012 con il primo rosso della sua storia (287 milioni) e nel primo trimestre di quest'anno ha messo assieme un utile striminzito di 9 milioni solo grazie a un pesantissimo piano di tagli ai costi.
Non solo: gli ascolti sono da tempo al palo - in aprile l'audience delle reti ammiraglie in chiaro di casa Berlusconi è scivolata quasi di un punto al 31,3% - e nemmeno la speranza di un asse con la Sky di Rupert Murdoch sulle pay-tv (i due tycoon hanno fatto pace negli ultimi mesi) basta a giustificare i fuochi d'artificio azionari di questi giorni.
Per conferma basta chiedere a Mediobanca, giudice (almeno lei) al di sopra di ogni sospetto visto che la stessa Fininvest ne controlla una quota del 3%: Piazzetta Cuccia assegna a Mediaset un target price - vale a dire un obiettivo di prezzo in Borsa tra un anno - di 1,7 euro. E qualche giorno fa, con il titolo già arrivato a quota 2,1 parlava di quotazioni «un po' troppo generose».
La prudenza dell'oracolo del salotto buono non è bastata però a frenare l'euforia tutta politica di Piazza Affari, visto che ieri le azioni delle tv del Cavaliere hanno chiuso la giornata a un soffio da quota 2,5 euro. Fininvest, intendiamoci, ha vissuto in passato momenti migliori. I titoli Mediaset sono stati collocati in Borsa nel 1995 a 3,6 euro.
Nel 2005 il Cavaliere ha piazzato sul mercato una partecipazione del 16% a un prezzo di 10,55 euro ad azione. Da allora però si è spenta la luce. E a novembre 2011, quando il leader del centro-destra - spodestato dallo spread oltre quota 700 - ha lasciato la guida del governo a Mario Monti, il valore di Cologno è sprofondato a quota 1,16.
Il recupero, guarda caso, è iniziato alla fine del 2012 quando il mercato - malgrado la crisi degli spot avesse affondato i conti del Biscione - ha iniziato a fiutare la remuntada elettorale del socio di riferimento dell'azienda.
Il boom di questi giorni aiuterà a riportare un po' di serenità anche nei vari rami dinastici della famiglia dell'ex premier. I conti Fininvest, in effetti, non sono più quelli di una volta. Il Biscione - complici i problemi delle tv e le spese pazze per il Milan - non distribuisce dividendi dal 2010.
E l'ex premier e i figli sono stati costretti a mettere mani ai loro tesoretti personali faticosamente accumulati negli ultimi anni per far quadrare i conti di famiglia. Nessuno è rimasto comunque a corto di liquidità : in fondo da quando è sceso in politica nel â94 il patrimonio custodito nelle otto casseforti di casa Berlusconi è cresciuto da 162 milioni a quasi un miliardo.
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