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Da L'Espresso
Il paradiso sotto casa. Per un'Unione europea che cerca di armonizzare la fiscalità tra i 27 paesi membri, il buco nero è proprio fuori la porta dell'ufficio: Bruxelles, ovvero terra promessa per ricchi. In particolare francesi. Il caso Bernard Arnault, il 63enne imperatore del lusso, secondo "Forbes" l'uomo più ricco d'Europa con i suoi 41 miliardi di dollari, ha scoperchiato l'attenzione su una pratica in voga tra i benestanti d'Oltralpe: il trasloco nel vicino Regno del Belgio, un traffico che si intensifica, puntualmente, quando vincono le elezioni i socialisti.
E se non è ancora chiaro perché Arnault abbia chiesto la nazionalità belga - forse per poter essere nominato esecutore testamentario del suo grande amico Albert Frère, 86 anni, belga e con un patrimonio più o meno simile - è comunque vero che sono in molti ad abbracciare il fisco del paese vicino, così accogliente per i redditi alti.
Les étangs d'Ixelles, Place Brugmann e Uccle, topografia bruxellese e accento parigino, sono i quartieri in cui si concentrano i ricconi made in France. L'ultimissimo a prendere la nazionalità belga è stato a metà settembre Hugues Taittinger, 58enne pupillo della maison de Champagne. «I francesi scappano dalla Isf», spiega Lisandro Yelin dell'ufficio contabile Fidelium.
L'Isf, l'Imposta di solidarietà sulle fortune, nata nel 1982, dopo l'investitura di Mitterrand, tassa i patrimoni superiori a 1,3 milioni di euro con un'aliquota che varia tra lo 0,55 per cento e l'1,8. «Conti alla mano, perché valga la pena venire in Belgio bisogna possedere beni per almeno 5-6 milioni», precisa Yelin.
A ciò si somma il fatto che il Belgio non tassa i guadagni generati dalla vendita di azioni, i beni immobili li tassa senza mai rivalutarli, mette a disposizione un regime alquanto leggero per le donazioni e per la successione. «Lo Stato belga non indaga a fondo sulla natura dei patrimoni e preferisce prelievi forfettari», spiega Yelin, «ma le cose stanno lentamente cambiando». Il premier socialista Elio di Rupo ha infatti promesso di alzare le tasse sui dividendi.
Poi c'è una fuga diversa, dallo spauracchio della gauche, con i socialisti francesi che fan ben più paura di quelli belgi. «Abbiamo due nuovi clienti - racconta il commercialista - che sono appena arrivati a Bruxelles a causa di Hollande e della sua promessa di un'aliquota al 75 per cento per i ricchi». Nella vicina Olanda il socialista Roemer aveva annunciato di voler portare l'aliquota massima al 65, poi alle elezioni è andato male. Avesse vinto, la fiamminga Anversa sarebbe diventata terra promessa per gli olandesi.
«C'è anche un elemento culturale e uno logistico», spiega ancora Yelin, «gli italiani vanno a Montecarlo o San Marino, i francesi a Bruxelles. Ma non vanno in Lussemburgo, che è ancora di più un paradiso, perché non c'è niente da fare lì. Bruxelles è invece una città cosmopolita, con una sua vita culturale ed è a un'ora e venti minuti dalla capitale francese».
E perché non il Principato di Monaco? Qui entra in gioco De Gaulle e l'accordo bilaterale Francia-Monaco del 1963 per cui gli unici a pagare le tasse a Montecarlo sono proprio i francesi. Ma c'è una soluzione: basta allungare il cammino e passare, guarda caso, per Bruxelles, prendere la nazionalità belga, rinnegare quella francese e poi virare sulla Costa Azzurra con il nuovo passaporto.
Ci provò il cantante Johnny Hallyday ma gli andò male: l'arrivo al potere del suo grande amico Sarkozy nel 2007 gli rovinò i piani fiscali, obbligandolo al rientro. Nella seconda metà dell'Ottocento scapparono a Bruxelles Baudelaire, Verlaine e Rimbaud, ora lo fanno Arnault e Taittinger. Ci può guadagnare il fisco belga, anche se la cosa non va giù ai sindacati: l'aliquota massima del 53,5 per cento scatta per i redditi di appena 34.330 euro. Il Belgio è un paradiso, ma solo per ricchi.
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