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Marco Palombi per “il Fatto Quotidiano”
Ci sono strani e a loro modo deliziosi andamenti circolari in certe storie di potere e politica: non è solo l’andare e venire della fortuna e nemmeno il dispiegarsi del karma, per chi ci crede, ma proprio quella che Gadda chiamava “l’animaccia porca” del destino. È il coagularsi di quel sistema di forze che deve avere prodotto in queste settimane il seguente cortocircuito: mentre Rossella Orlandi “ripulisce” l’Agenzia delle Entrate dalla struttura di potere messa in piedi da Giulio Tremonti (e dal suo braccio destro, l’ex finanziere Marco Milanese) ripristinando il regno dei “Visco boys”, a Finmeccanica sembra in corso una riedizione in sedicesimo dello scontro che nel quindicennio berlusconiano divise il variegato mondo dell’intelligence italiana tra le cordate di Gianni De Gennaro e Niccolò Pollari.
ANDIAMO con ordine: il 29 ottobre scorso, con apposito comunicato, la direttrice dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi inviava un caro e commosso saluto a Marco Di Capua e Salvatore Lampone, dirigenti degli anni di Attilio Befera (e del centrodestra) che lasciano il Tesoro per andare a lavorare in Finmeccanica. È l’ultimo atto della reconquista dell’Agenzia da parte dei funzionari cresciuti e valorizzati (Orlandi compresa) ai tempi di Vincenzo Visco, cioè del primo e/o secondo governo Prodi.
GIANNI DE GENNARO FOTO ANDREA ARRIGA
Oltre a Di Capua (vicedirettore vicario che doveva diventare numero 1, ma fu bruciato da Matteo Renzi) e Lampone (già a capo della fondamentale direzione Accertamento), pure Luigi Magistro, già alle Entrate, poi dirigente dei Monopoli, cooptato da Di Capua pochi mesi fa nel cda di Equitalia, s’è dimesso proprio dopo l’avvento della Orlandi. Ovviamente se qualcuno esce, altri entrano: l’Accertamento, per non dire che della poltrona più grossa, è finito a Aldo Polito, dirigente assai legato a Massimo Romano, a capo dell’Agenzia sempre negli anni di Visco.
È qui, però, che il disfarsi di quel blocco di potere all’ingrosso tremontiano nei gangli del ministero crea un gustoso testacoda dentro Finmeccanica, la più grande società controllata dal Tesoro: Di Capua e Lampone, infatti, sono stati chiamati dall’amministratore delegato Mauro Moretti, già a capo di Ferrovie, ad occuparsi rispettivamente dell’Internal Audit e del Risk Management.
Ed ecco il cortocircuito. Di Capua e Lampone, infatti, sono entrambi ex ufficiali della Guardia di Finanza, di quel gruppo che a via XX settembre chiamavano “i ferrovieri”, perché negli anni Novanta lasciarono la divisa per andare a lavorare in Ferrovie dello Stato (ne seguirono polemiche e persino interpellanze parlamentari): è lì, presumibilmente, che nasce il rapporto con Moretti, in Fs praticamente da sempre.
Dopo l’esperienza ferroviaria, molti di quel gruppo arrivarono al ministero sotto la regia di un altro ex Gdf, Marco Milanese, braccio destro di Tremonti e compagno di corso di Dario Romagnoli, poi socio di studio del ministro. Il gruppo di ex finanzieri che si installa nelle agenzie fiscali dal 2002-2003 - a partire dal futuro direttore delle Entrate Raffaele Ferrara, altro “ferroviere” - ha un’altra caratteristica in comune: è in ottimi rapporti con un ex generale della Finanza, in quel momento a capo dei servizi, Niccolò Pollari, caro a Berlusconi.
Andrea Di Capua, per dire, fratello di Marco, fu chiamato proprio da Pollari a dirigere la sezione del Personale di quello che oggi è l’Aise, il servizio segreto militare. E allora? Si domanderà il lettore. E allora si dà il caso che l’ingombrante presidente di Finmeccanica - unico rottamando non rottamato da Renzi - sia Gianni De Gennaro, tra le molte cose già capo della polizia e dei servizi civili, nonché sottosegretario di Monti con delega proprio ai servizi, protagonista in anni recenti di una battaglia senza esclusione di colpi con la cordata guidata da Pollari.
EBBENE non è un mistero che tra Moretti, manager sicuramente capace ma digiuno di intelligence (competenza che in Finmeccanica non è secondaria), e De Gennaro i rapporti non siano idilliaci: i due nuovi manager, con quel curriculum tra Finanza, Fs e Tesoro, nonché estranei - eufemizzando - alla catena di potere di De Gennaro, possono cominciare a creare un ambiente un po’ più amichevole a piazza Monte Grappa per l’amministratore delegato. Di Capua, peraltro, all’Audit dovrà probabilmente occuparsi dell’inchiesta che vede Giulio Tremonti indagato proprio per una presunta tangente avuta da Finmeccanica.
Corsi e ricorsi, anche a Finmeccanica, dell’eterna transizione italiana: una recita in famiglia, come scrisse Enzo Forcella del giornalismo politico, in cui anche quelli che si detestano si vogliono bene. Se fosse così, sarebbe per gratitudine: d’altronde si tengono a vicenda.
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