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Michele Arnese per il "Foglio"
Non sono finite le sfide e gli appuntamenti interni per Unicredit. Archiviata la trimestrale, il gruppo di Piazza Cordusio oltre a lavorare al piano industriale che conterrà "azioni di gestione del capitale", come ha detto l'ad, Federico Ghizzoni, inizierà presto a occuparsi anche formalmente della successione di Dieter Rampl.
Il presidente tedesco scade con l'assemblea del prossimo aprile, ma già da settembre la banca comincerà a dibattere del post Rampl. Infatti l'uscita di scena di Herr Rampl, che compirà 65 anni nel settembre del 2012, è scontata: lui ha più volte ribadito di seguire la consuetudine germanica di lasciare per limiti d'età .
Così com'è altamente improbabile che ci sia un'altra presidenza espressione della componente germanica, visto che Hvb ha ormai scarso peso, come la rilevanza del pur prestigioso socio Allianz, in consiglio rappresentato da Enrico Tomaso Cucchiani. Sarà quindi la volta di un presidente espressione diretta delle fondazioni azioniste, come la torinese Crt o Cariverona?
C'è chi esclude la possibilità . In questo momento, ragionano a malincuore gli enti creditizi, i mercati considererebbero l'eventualità come un'eccessiva influenza degli interessi italiani nella banca, anche se l'indicato presidente avesse tutte le caratteristiche, pure di autorevolezza, per ricoprire la carica. D'altronde i nomi in grado di succedere a Rampl non mancherebbero: in primis il vicepresidente Fabrizio Palenzona, uomo forte delle fondazioni, a partire dalla Crt.
Gli osservatori più attenti e informati scommettono invece su un altro nome, già presente nel cda dell'istituto di Piazza Cordusio, su indicazione dei fondi di investimento stranieri. In questo senso il più funaccreditato, per incarichi ricoperti e anzianità , sarebbe Anthony Wyand, inglese, classe 1943, consigliere di Aviva France e di Société Foncière Lyonnaise, nonché vicepresidente di Société Générale. Un nome di tutto rispetto, che però al momento non troverebbe l'entusiasmo di Rampl, che di sicuro vorrà dire la sua parola sul successore.
Ma c'è chi dice che l'asso nella manica dell'attuale presidente - e candidato naturale, per altri esponenti dell'istituto - sia Lucrezia Reichlin: competente, appassionata, dalle giuste relazioni anche internazionali, e per questo legittimamente ambiziosa, dice chi la conosce e la apprezza. Un candidato perfetto, italiano, che conosce il gruppo visto che è presente come consigliere indipendente nel cda e in tre comitati interni alla banca, e con un cognome che rimanda a una storia anche familiare di impegno sociale e politico: è figlia di Alfredo Reichlin, storico dirigente del Pci- Pds e per più legislature parlamentare.
Chi, nel centrodestra, volesse etichettare la Reichlin come "comunista" sbaglierebbe: nata a Roma, laureata a Modena, ha una formazione di stampo anglosassone, ha vissuto e lavorato per anni negli Stati Uniti e ha frequentazioni internazionali ad alto livello. A parlare sono il curriculum e le pubblicazioni: Ph.D. in Economia alla New York University nell'86, ha lavorato come consulente della Federal Reserve, della Banca nazionale svizzera, della Banca d'Italia e della Banca centrale svedese; e ha fondato e presieduto l'Euro Area Business Cycle Network. Dopo aver insegnato alla Columbia nel '93, per dieci anni è stata ordinario di Economia all'Université Libre di Bruxelles.
Poi, per tre anni, fino al 2008, è stata direttore generale alla ricerca della Bce a Francoforte. Adesso insegna al dipartimento economia di London Business School. La soluzione Reichlin ha più atout indubitabili. E' donna, e in epoca di quote rosa da rispettare sarebbe una novità rilevante. La norma italiana è stata apprezzata dalla stessa Reichlin: "In Italia c'è una discriminazione talmente forte nei confronti delle donne che questa legge è un segnale importante, anche fuori dai cda, per il paese", ha detto il 30 giugno scorso in un'intervista al quotidiano la Stampa, nella quale ha anche espresso un auspicio: "Il problema è fare innanzi tutto in modo che nei cda non vengano cooptate mogli, figlie o amanti.
La ricerca, come nei paesi anglosassoni, dovrebbe essere basata su metodi di reclutamento che privilegiano meriti e competenze con l'uso dei cacciatori di teste". Altra caratteristica gradita ai mercati? Reichlin è espressione dei fondi esteri. Gli analisti non dimenticano che l'economista fu l'unico consigliere, quando il cda di Unicredit silurò l'allora amministratore delegato, Alessandro Profumo, a votare contro l'estromissione del banchiere proveniente da McKinsey.
Oltre a essere una stimata economista, esperta di politica monetaria e di governance bancaria, da alcuni mesi è diventata anche editorialista di economia sul Corriere della Sera. E c'è chi, tra i più maliziosi degli osservatori, ha notato che il 20 luglio scorso sul quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli ha lodato la Bce, contraria alla partecipazione dei privati nella ristrutturazione del debito greco.
Ben diversi i toni e gli argomenti utilizzati nel settembre del 2010 sulle posizioni dell'Istituto di Francoforte. In un seminario del centro studi di Confindustria, Reichlin disse: "La situazione del mercato interbancario è ora dicotomica: stabilizzazione per le banche buone, ma una parte del settore bancario è diventata dipendente dalla liquidità della Bce. Ma questo significa che ci sono zombie banks tenute artificialmente in vita dalla Bce". Banche zombie, a chi si riferiva?
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