aeroporto venezia

L’AEROPORTO DI VENEZIA VOLA IN FRANCIA – I FONDI ESTERI APPROFITTANO DELLA SEPARAZIONE DEI SOCI STORICI E SI PREPARANO A LANCIARE UN’OPA SULLO SCALO DELLA LAGUNA – I BENETTON, AL MOMENTO, RESTANO ALLA FINESTRA. DECIDERANNO A GIUGNO SE INCASSARE IL DIVIDENDO O SCENDERE IN PISTA

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

 

Gianluca De Maio per “la Verità”

 

AEROPORTO VENEZIA1AEROPORTO VENEZIA1

Il terzo polo aeroportuale italiano, quello di Venezia, a giugno rischia concretamente di diventare francese. Dopo mesi di tensioni Enrico Marchi e Andrea de Vido, soci paritari di Finint, si sono separati. Marchi subentrerà nella holding che controlla la maggioranza di Save, la società che gestisce gli scali di Venezia e Treviso (passeggeri in crescita del 10% rispetto al 2015). De Vido da tempo chiedeva di essere liquidato al socio con cui aveva avviato Finint scegliendo anni fa le strategie vincenti fuori da un bar milanese. Poi gli anni sono passati e soprattutto i corsi e ricorsi storici dell' Italia si sono concentrati in un solo dossier. De Vido avrebbe infatti un indebitamento che si aggira intorno ai 100 milioni di euro, frutto di operazioni con la Popolare dell' Etruria e Veneto Banca.

 

CORSI E RICORSI

AEROPORTO VENEZIA2AEROPORTO VENEZIA2

Verrebbe da dire l' ironia della sorte per una Regione che sta assistendo allo sfilacciamento dell' intero tessuto economico. La crisi bancaria sta infatti rendendo sempre più palesi gli effetti a cascata che si trasformano nell' incapacità di mantenere sul territorio gli asset strategici. In questo caso specifico, l' uscita di De Vido ha spinto Marchi a liquidare l' ex socio con circa 120 milioni e a restare azionista della concessionaria aeroportuale con nuovi partner finanziari: il fondo francese InfraVia che avrà un ruolo di spicco e un fondo di Deutsche Bank. Ma la quota che resterà al manager trevigiano sarà meno della metà di quella attuale. Finint alla fine dell' operazione avrà un 12% circa, molto sotto ai soci francesi e tedeschi. A giugno scatterà l' Opa sul gruppo e la strada imboccata sembrerebbe portare in una sola direzione: al di fuori dei confini italiani.

 

AEROPORTO VENEZIA4AEROPORTO VENEZIA4

Mentre si assiste all' ennesimo tentativo di salvataggio di Alitalia, dover cedere a fondi stranieri la proprietà del terzo polo aeroportuale non aiuterà in alcun modo il tentativo di creare leve di crescita dell' economia e della logistica. Le scelte strategiche avverranno inevitabilmente a Parigi e Berlino. A tenere presente tali rischi non sembrano però essere più in molti. E chi ne conosce le conseguenza non ha la possibilità di intervenire.

 

Assente la politica, a parte quella locale, l' unica scelta industriale in grado di bloccare l' avanzata (su invito) dell' asse franco-tedesco sarebbe la famiglia Benetton. Atlantia, la società di infrastrutture, detiene circa il 22% di Save e fino a oggi è stata a guardare. In realtà come raccontato da quotidiani locali, i Benetton avevano, tra ottobre e novembre 2016, fatto sapere a Marchi di poter intervenire al suo fianco. La risposta sarebbe stata fredda. Salvo poi stupire tutti dopo la «liquidazione» di De Vido e la successiva scelta esterofila.

 

FAMIGLIA BENETTON FAMIGLIA BENETTON

Ufficialmente Atlantia ha più volte ribadito che quello in Save è un mero investimento finanziario (il titolo è salito del 30% nel 2016) e di non essere interessata a nuovi esborsi. In molti però scommetterebbero sul fatto che a giugno i Benetton possano calare l' asso e dare il via a una contro Opa in grado di sopravanzare InfraVia e il fondo di Deutsche Bank. Gli stessi analisti sostengono che la nuova liquidità in arrivo dalla cessione del 15% di Autostrade (circa 2,5 miliardi) possa essere impiegato anche in Italia. In realtà, il gioco della contro Opa è pericoloso e alla fine Atlantia potrebbe accontentarsi di incassare la propria plusvalenza e lasciare la concessionaria aeroportuale in mano alla cordata avversaria. E così un altro pezzo di industria italiana prenderebbe il volo.

DEUTSCHE BANKDEUTSCHE BANK

 

E non si tratta di una frase fatta. A maggio del 2016 gli spagnoli di Abertis si sono assicurati il 51% delle Autostrade A4 (Brescia-Padova) spendendo soltanto 594 milioni di euro. Pochi mesi dopo, a settembre, la concessionaria iberica è salita al 60%, per poi acquisire una quota non secondaria anche della Serenissima (Padova-Venezia) e pure di Autovie Venete.

 

QUOTE LOCALI

Le Province, che detengono qua e là partecipazioni nella rete autostradale, si sono subito dette disponibili a cedere le proprie azioni. La fame di liquidità è tanta. Da quando poi la mezza riforma targata Graziano Delrio ha lasciato agli enti le competenze ma ha tolto i fondi, una gestione equilibrata degli investimenti sta diventando un' utopia che rischia di sfiorare la tragedia se si aggiunge il fatto che tutti gli acquisti di partecipazioni sono stati fatti ai tempi d' oro.

 

FRANCESCHINI DELRIOFRANCESCHINI DELRIO

SVENDITA

Ovvero quando i prezzi erano alle stelle. Sperare che spuntino altri investitori italiani è praticamente un miraggio. Ancor di più immaginare il sostegno del sistema bancario. I due istituti veneti - Pop Vicenza e Veneto Banca - stanno affrontando uno dei momenti più delicati e sono sul filo del rasoio che li separa da una possibile ricapitalizzazione precauzionale con i soldi dei contribuenti e un molto probabile bail in, con i soldi dei correntisti. Che cosa succederà a giugno è ancora presto per dirlo. Attorno a Save potrebbero esserci presto sorprese. Per quanto riguarda invece le banche e il resto delle infrastrutture c' è da aspettarsi soltanto un pedaggio molto salato.