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L'ALITALIA NON È PIÙ UN BIDONE, EPPURE CI COSTA 1,1 MILIONI AL GIORNO - I RICAVI CRESCONO, I COSTI SONO SOTTO CONTROLLO (SALVO IL CARBURANTE), IL SETTORE È ANDATO MOLTO BENE. E ALLORA PERCHÉ LA COMPAGNIA RESTA UN POZZO SENZA FONDO? È COLPA DI VECCHIE GESTIONI E DI UN MERCATO CHE ORMAI È IN MANO ALLE LOW COST, CHE HANNO RESO IL MODELLO ALITALIA INSOSTENIBILE. NUMERI E SPIEGAZIONI

 

1. 1.150.196  - ECCO QUANTO CI COSTA L' ALITALIA OGNI GIORNO

Ettore Livini per ''la Repubblica''

 

 

La melina del governo gialloverde su Alitalia costa carissima ai contribuenti tricolori. I conti dell' ex-compagnia di bandiera - malgrado il buo n lavoro dei commissari -non tornano. La società vola in profondo rosso e brucia sul fronte operativo 330 mila euro al giorno, che sommati ad ammortamenti e interessi sul prestito ponte garantito dallo Stato portano le perdite quotidiane a quota 1,1 milioni: nel dettaglio 1.150.196 euro ogni 24 ore.

 

I RISULTATI DI ALITALIA GRAFICO DEL SOLE 24 ORE

L' aumento dei ricavi del 2018 (+6,9% quelli dei biglietti) e il taglio ai costi dei leasing non sono bastati a recuperare l' equilibrio di bilancio in un anno molto positivo per il settore aereo che ha messo insieme 32 miliardi di profitti. Alitalia viaggia ancora controcorrente: il modello di business - concentrato sul breve e medio raggio - non funziona, i prezzi del carburante sono saliti di quasi 100 milioni.

 

E ogni 24 ore di decolli e atterraggi nelle casse della società entrano 8,4 milioni ma ne escono (a livello di perdite nette) circa 9,5. La spunta voce per voce nasconde diverse sorprese. Il costo degli stipendi del personale ad esempio, contrariamente a quanto si pensi, pesa solo per il 17% delle uscite totali (1,6 milioni al giorno) ed è in linea con quello dei concorrenti. La bolletta più salata è quella del carburante - cifra condizionata dalla variabile indipendente del prezzo del greggio - costato nel 2018 2,2 milioni ogni giorno, 100 mila euro in più rispetto al prezzo del pieno del 2017. Somma che quest' anno dovrebbe essere simile.

 

alitalia

Restano invece stabili altre due uscite legate a tariffe difficili da comprimere: i diritti di sorvolo dello spazio aereo, costano ad Alitalia quasi 700 mila euro al giorno, i diritti aeroportuali 620 mila euro mentre il carico- scarico dei bagagli e la gestione dell' aereo al parcheggio si mangiano 320 mila euro al dì. Quasi 900 mila euro se ne vanno per la manutenzione dei jet, mentre 2 milioni si perdono in tanti altri rivoli come spese commerciali, Mille Miglia e oneri vari. E solo la paziente rinegoziazione dei costi del leasing degli aerei, sforbiciati dall' amministrazione straordinaria da 816 mila a 649 mila euro al giorno, ha consentito di limitare il passivo del gruppo. Alitalia ha chiuso il 2018 con una perdita operativa di 121 milioni di euro.

 

ANDREA GIURICIN, LE PERDITE DI ALITALIA E GLI UTILI DI FERROVIE

 Molto meglio dei 282 dell' anno precedente, ma una cifra che non fotografa per intero il buco della compagnia: a completare il bilancio ci sono gli ammortamenti (le rate di spese annue per contabilizzare gli investimenti più importanti come gli aerei) pari nel 2017 in media 53 milioni a trimestre - 580 mila euro al giorno - e gli interessi. Solo quelli sul prestito ponte sono 252 mila euro ogni 24 ore. Cifre che non vanno a mangiarsi per ora la liquidità del gruppo - in cassa c' erano a fine febbraio 483 milioni più circa 190 di depositi - ma che fanno parte integrante del buco della società e finiranno in mano o ai nuovi acquirenti (improbabile) o ai liquidatori della bad-company che resterà dopo la cessione.

 

I 45 giorni di proroga concessi dal governo all' iter della vendita - con il termine spostato dal 30 aprile al 15 giugno - costano qualcosa come 50 milioni ai conti netti di Alitalia. Soldi ben spesi per chi - come l' esecutivo - aveva interesse a rinviare la partita sul futuro della società a dopo le elezioni europee. Un buco preoccupante invece per i tre commissari Enrico Laghi, Stefano Paleari e Daniele Discepolo. Quest' ultimo aveva caldeggiato una proroga molto più breve perché se il processo di cessione non si chiude in fretta l' azienda «deve essere messa in liquidazione».

 

Con un costo per i contribuenti che a quel punto sarebbe ancora più salato. Le prossime settimane saranno così decisive per il futuro del gruppo. E non solo perché Fs, Tesoro e Delta dovrebbero finalmente mettere assieme la cordata per il salvataggio. La congiuntura del trasporto aereo mondiale sta infatti peggiorando. I rialzi del petrolio e la guerra dei prezzi hanno mandato in rosso o peggiorato di molto i conti di molti dei big. Alitalia continua a crescere, con le vendite di biglietti salite del 3,7% nei primi quattro mesi dell' anno ma il ritmo dei progressi è in decisa frenata rispetto al +6,9% del 2018.

E il milione e centomila euro abbondanti di perdite al giorno, invece che restringersi, rischia di allargarsi ancora.

 

Alitalia_Ryanair

 

2. MEGA TARIFFE E MERCATO APERTO. COSA BLOCCA IL RILANCIO DI ALITALIA

Ugo Arrigo per ''il Fatto Quotidiano'' dell'8 maggio 2019

 

Si è consolidato da molto tempo nel nostro Paese il mito di un' Alitalia come compagnia eternamente perdente a causa del susseguirsi di gestioni disastrose. Senza in alcun modo trascurare i danni prodotti dalle medesime, siamo tuttavia certi che sarebbe in grado di salvarsi se gestita in maniera ineccepibile? L' ambiente in cui opera ne permette ancora la sopravvivenza?

 

Il mercato italiano del trasporto aereo è ormai di grande concorrenza in molti segmenti per via della liberalizzazione europea. Di conseguenza, i proventi unitari di Alitalia, gli yield, sono decisi dai concorrenti sul suo mercato e sono più bassi dei grandi vettori europei, ancora dominanti nei loro Paesi, nei loro hub e nella considerazione dei loro clienti nazionali. Se fosse vera solo la teoria della cattiva gestione, dei costi incontrollati e degli sprechi, Alitalia avrebbe costi unitari maggiori degli altri vettori. Invece non è così.

Alitalia arrivederci

 

 

Nel 2018 i costi operativi sono stati pari a 3,4 miliardi di euro e con essi si può stimare siano stati prodotti sui suoi voli 48 miliardi di posti km (il numero di posti per chilometro è l' unità per misurare la capacità di trasporto di un vettore aereo). Si ha pertanto un costo di produzione di 71 euro per ogni posto che vola per mille chilometri. Sempre lo scorso anno il gruppo Lufthansa ha prodotto complessivamente 350 miliardi di posti km, oltre sette volte Alitalia, spendendo 25 miliardi di euro, con un costo anche in questo caso di 71 euro per un posto che vola mille chilometri. I costi unitari di Alitalia e Lufthansa sono risultati identici nel 2018 mentre negli anni precedenti i secondi erano addirittura maggiori.

 

Sui proventi unitari vi è invece una differenza profonda: lo scorso anno i ricavi industriali di Alitalia sono stati pari a 81 euro per ogni passeggero che vola mille km mentre nel caso Lufthansa di 95 euro. Se Alitalia avesse potuto vendere i suoi biglietti agli stessi prezzi di Lufthansa avrebbe incassato 520 milioni in più e chiuso l' esercizio con un risultato operativo positivo per oltre 200 milioni e un saldo netto finale in pareggio, dopo aver versato allo Stato ben 90 milioni di interessi sul prestito ponte. Non male, dovremmo dire.

 

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Ma i prezzi di Lufthansa non sono replicabili in Italia a causa della concorrenza molto maggiore dei vettori low cost che detengono ormai il 56% di quota di mercato sui voli domestici, oltre il 60% sui voli infracomunitari e il 52% dell' intero mercato. In Germania la quota dei vettori low cost è appena il 32% e di essa quasi la metà è detenuta da Eurowings e dunque dallo stesso gruppo Lufthansa. La quota dei restanti vettori low cost non supera invece il 17%.

 

Diverse considerazioni possono essere tratte a complemento dell' analisi. La prima è che la rapida crescita dei vettori low cost in Italia è stata enormemente favorita dal ridimensionamento di Alitalia nel 2009. Il piano Fenice avrebbe dovuto tagliare i costi ma in realtà tagliò l' offerta, regalando in breve tempo almeno 14 milioni di passeggeri ai nuovi competitori. La seconda considerazione è che non si può parlare esclusivamente di Alitalia che perde ma bisogna anche gettare luce su chi guadagna.

 

L' elenco è lungo e in esso sono notoriamente presenti nelle prime posizioni tanto i profittevoli low cost quanto gli altri grandi vettori tradizionali europei, i quali captano domanda italiana nei nostri numerosi aeroporti per alimentare i loro affollati hub nazionali.

 

Ma pochi hanno rilevato che i maggiori beneficiari sono i viaggiatori sui cieli italiani. Se usiamo come stima del risparmio unitario la differenza tra i prezzi tedeschi e quelli italiani, pari a 14 euro ogni mille km, allora il risparmio totale, dati 250 miliardi di km totali volati, è pari a tre miliardi e mezzo di euro all' anno, una cifra pari a sette volte le perdite del vettore di bandiera. Per ogni euro che Alitalia perde i consumatori ne guadagnano sette per effetto dell' assetto molto concorrenziale del mercato, che non può in conseguenza essere considerato reversibile.

COMMISSARI ALITALIA GUBIOSI PALEARI LAGHI

 

Per salvare Alitalia senza sacrificare i benefici della concorrenza è indispensabile agire dal lato dei costi unitari, ma molte voci non sono comprimibili: il costo del carburante è esogeno, quello del lavoro è ai minimi storici, il leasing è già stato rivisto dai commissari. Le tre voci fanno quasi metà dei costi operativi. Resta l' altra metà, di cui tuttavia la metà è anch' essa esogena rispetto alla gestione in quanto riferita a tariffe regolate dei servizi aeroportuali e di quelli di assistenza al volo.

 

Siamo sicuri che siano state determinate nel tempo in maniera economicamente corretta e compatibile con la sostenibilità economica di un vettore nazionale gestito con efficienza? Proprio nelle scorse settimane abbiamo letto dei brillanti risultati di bilancio dei principali gestori aeroportuali italiani e dell' Enav, l' azienda pubblica dei controllori di volo. La Sea di Milano ha chiuso il 2018 con un risultato operativo di 190 milioni su 713 di ricavi, Aeroporti di Roma con un risultato di 416 milioni su 922 di ricavi, l' Enav con 164 milioni su 890 di ricavi.

 

Si tratta di ottimi risultati, tuttavia conseguiti nell' ambito di monopoli naturali. Invece Alitalia, cliente obbligato di questi monopoli, e principale cliente di due dei tre oltre che vettore europeo tradizionale più soggetto alla concorrenza, ha chiuso per l' ennesima volta con una pesante perdita. Poiché è un vaso di coccio tra i due vasi di ferro dei concorrenti low cost da un lato e dei fornitori monopolisti dall' altro, la sua sopravvivenza potrebbe risultare impossibile, in assenza di cambiamenti di rilievo, come quella di una specie animale portata all' estinzione dai cambiamenti ambientali.

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