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Non è tutta roba dello Stato, ci siamo anche noi. E' questo il succo della lettera che i principali fondi - soprattutto esteri - stanno per mandare in via XX Settembre, alla vigilia del rinnovo delle nomine nelle principali controllate del Tesoro. Una specie di altolà dopo che Diego Della Valle, assai vicino al premier Matteo Renzi, ha chiesto un rinnovo completo ai vertici delle varie Enel, Eni, Poste, Finmeccanica, Cdp e Terna.
Non si tratta naturalmente di una mossa per blindare le poltrone di manager di lungo corso come Paolo Scaroni, Massimo Sarmi, Fulvio Conti o Alessandro Pansa - tutti in scadenza a maggio e di nomina lettian-berlusconiana - , ma è comunque un modo per mettere le mani avanti di fronte al rischio di designazioni di basso profilo.
E gli investitori istituzionali, che in public company come Eni sono addirittura in maggioranza, potrebbero trovare facile sponda al Tesoro di Pier Carlo Padoan, dove la linea del Piave è tracciata per ora in poche parole: "Tutelare il valore delle partecipazioni".
Non è ancora chiaro se il messaggio dei grandi fondi esteri verrà consegnato formalmente al ministero dell'Economia attraverso una lettera di Assogestioni, oppure più in ordine sparso. Di sicuro, in queste ultime ore vi sono stati diversi contatti informali con gli uomini del ministro Padoan, in gran parte di estrazione lettiana o dalemiana, per esprimere preoccupazione di fronte al ciclone Renzi. O meglio, di fronte all'eventualità che il ciclone Renzi si traduca in designazioni di persone di scarso livello internazionale, o con un curriculum non sufficientemente "testati" in Borsa.
Due esempi, per capire meglio i contorni di un problema sul quale non a caso sono già al lavoro diversi cacciatori di teste ingaggiati dall'Economia. Si parla di "nomine rosa" che sarebbero molto in linea con lo stile Renzi, ma purtroppo è un fatto che le poche donne che in Italia sono alla guida di aziende importanti hanno comunque in gestione gruppi che fatturano un decimo di Enel o Eni.
Gira poi insistentemente - soprattutto per Poste - il nome di Luigi Gubitosi. Ottimo curriculum, ammettono all'Economia, ma è difficile spostare ai vertici di una public company che si confronta ogni giorno con concorrenti veri, e con gli analisti internazionali, il direttore generale di un'azienda decisamente un po' particolare come la Rai.
Insomma, Renzi e Delrio dovranno tirare fuori nomi di primo piano, non molto inferiori a quelli di un Andrea Guerra, l'amico alla guida di Luxottica che però ha rifiutato un ministero. Diversamente, il rischio è che alcuni fondi disertino le assemblee di maggio, oppure addirittura che replichino qualche scherzetto del passato, come quella volta (era il 2012) che bocciarono un consigliere indicato dal Tesoro per Terna perché ritenuto troppo legato a Enel.
Padoan è comunque già al lavoro sul dossier-nomine. E se dal piano nobile del ministero non filtra alcun nome sicuro ("Mancano due mesi alle assemblee, fateci lavorare", spiega un alto funzionario), l'unica certezza è che il sostituto di Saccomanni farà "tutto quello che è nel potere del Tesoro per tutelare al massimo il valore degli investimenti che ci sono stati affidati".
Sembra una banalità , ma quando si entrerà nel vivo della battaglia politica sulle rose di candidati, questa linea della "difesa del valore" potrà diventare molto meno tecnica e formale di quanto oggi appaia.
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