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Da “la Repubblica”
michelle e barack obama con re salman dell arabia saudita
Il collasso del greggio non è ancora finito. Anzi, c’è chi si aspetta altri drammatici scossoni, impensabili un anno fa. Ed Morse, un rispettato analista di Citibank, prevede che il prezzo del barile possa crollare ancora fino a 20 dollari, quasi un terzo di oggi e un quinto della scorsa estate. Ma sono gli ultimi scossoni. Da luglio, gradualmente, il prezzo del greggio dovrebbe ricominciare a salire.
Lo prevedono sia l’Opec che la Iea, cioè sia l’organismo che rappresenta i paesi produttori che quello che raccoglie i grandi consumatori, Occidente in testa. In altre parole, la bonanza del greggio, quella sorta di mega quantitative easing su scala globale rappresentato dalla discesa a picco del costo dell’energia avrà, almeno nelle dimensioni attuali, una durata limitata.
E anche la relativa spinta che il barile a prezzi stracciati esercita su economie asfittiche come quelle dell’eurozona, Italia in testa, va valutata con maggior cautela. Se le previsioni di una crescita dell’economia italiana dello 0,5-1% quest’anno erano basate, in larga misura, sul petrolio a 50 dollari, andranno probabilmente rimodulate. Dietro questa previsione di ripresa dei prezzi del petrolio, c’è la constatazione che la guerra del greggio, fra sauditi e texani, sta per finire e che hanno vinto gli sceicchi.
Il prezzo, infatti, dovrebbe risalire perchè il fiume di greggio riversato sul mercato dai corsari americani del greggio da fracking rallenta. Nel 2014, la produzione Usa era aumentata di un milione di barili. Quest’anno, prevede la Iea, salirà della metà. Intanto, i produttori dell’Opec, non nel 2015, ma nel 2016, vedranno salire la loro produzione di quasi tre milioni di barili.
Per i sauditi, tuttavia, non c’è da cantar vittoria. La risalita dei prezzi vedrà i produttori americani del fracking ritrovare le convenienze economiche a produrre e quindi sfidare nuovamente Riad, per un mercato più debole. Il mondo del petrolio, infatti, è cambiato, e la sete di greggio non appare più inestinguibile. Fino al 2009, la domanda mondiale cresceva al ritmo dell’1,9% l’anno. Ora la previsione si ferma all’1,2%.
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