UN CALCIO DI NOME WANDA - DOPO LA SERIE A IL COLOSSO CINESE WANDA GROUP VUOLE METTERE LE MANI SULLA CHAMPIONS E SUL BUSINESS DEGLI STADI - IL PIANO DEL PRESIDENTE XI JINPING PER RENDERE LA CINA PROTAGONISTA DEL MONDO DELLO SPORT

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1. QUEL GRANDE FRATELLO CHE ORA HA IL CONTROLLO DEL CALCIO ITALIANO

Marco Mensurati per “la Repubblica

 

wang jianlinwang jianlin

QUALCHE mese fa, il nome di Wang Janlin era stato accostato alla Roma. Unicredit stava vendendo le sue quote e, si disse, il secondo uomo più ricco della Cina voleva entrare al posto della banca. Poi non se ne fece nulla. Oggi si capisce perché. Wang Janlin non voleva entrare nel capitale di una squadra. Voleva comprare direttamente tutto il calcio italiano. Perché questo e non altro significa oggi acquistare Infront Italia: prendere il controllo dell’intero movimento, diventarne il padrone.

 

La storia dell’inarrestabile ascesa dell’”advisor della Lega calcio” - così veniva, fino a poco tempo fa, sobriamente definita la società - è ormai cosa nota. Comincia nel 2008 quando Antonino Matarrese presenta Infront alla Confindustria del pallone come possibile advisor per la vendita collettiva dei diritti televisivi. In pochi, allora, sanno che cosa sia Infront, da chi sia gestita, dove voglia arrivare.

 

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Uno di questi è Adriano Galliani, che riconosce in Marco Bogarelli e nel resto del management di quella società, i “ragazzi” della ex “Media Partners” società del gruppo Fininvest. I “suoi” ragazzi. Così, aiutata proprio da Galliani e dal presidente della Lazio Claudio Lotito, Infront si aggiudica l’asta. È il primo passo. Tessendo una fitta tela di relazioni, giocando di sponda sulle debolezze di un sistema che conoscono alla perfezione, nel giro di pochi anni Bogarelli & co. assumono il controllo dell’intera macchina.

 

La chiave - lo sanno bene - è il consenso dei presidenti. Che quando non è conquistato per via politica, viene letteralmente acquistato. «Il giochino è semplice» spiegava poco tempo fa a Repubblica un osservatore interno ai fatti della Lega, «Infront compra i diritti commerciali delle società che non riescono a vendere gli spazi commerciali dentro i propri stadi, sovrastimandone sistematicamente di qualche milione il valore. La cifra pagata in eccesso è il prezzo per il voto in Lega del presidente del club. Un costo aziendale».

wang jianlin  wang jianlin

 

Il copione descritto è esattamente quello che ha portato prima Maurizio Beretta alla presidenza della Lega calcio e poi Carlo Tavecchio alla guida della Figc. Ad eleggere il banchiere e il candidato azzoppato dall’uscita su Opti Pobà e la banana, ci pensarono infatti tutti i club della “scuderia” di Bogarelli. Vale a dire Inter, Milan, Udinese, Genoa, Sampdoria, Lazio, Palermo e Cagliari. Tutte società che avevano e hanno ancora in vigore importanti contratti con Infront.

 

Inutile dire che anche quelle di Beretta e di Tavecchio, proprio come la gestione della gara per i diritti tv, erano solamente tappe intermedie dell’ascesa. Che è continuata e continua a tutt’oggi. Pochi giorni dopo la nomina del presidente federale, Infront ha vinto la gara come advisor della Figc per la gestione commerciale della nazionale di calcio.

WANG JIANLIN WANG JIANLIN

 

A quella gara - il cui esito tutti davano per scontato già un istante dopo l’elezione di Tavecchio - partecipava anche la Rcs che adesso ha chiuso un accordo, sempre con Infront, per dare vita al canale televisivo della Gazzetta dello Sport (da settimane gli uomini di Bogarelli lavorano al quarto piano della nuova sede del quotidiano milanese).

 

Wang Jianlin Quingdao Oriental Movie Metropolis Wang Jianlin Quingdao Oriental Movie Metropolis

Ma la mission aziendale è evidentemente quella del monopolio assoluto. E così, dopo i diritti televisivi, dopo le nomine delle due massime cariche istituzionali, dopo aver messo le mani sulla nazionale e aver stretto amicizia con il primo quotidiano sportivo nazionale, Infront punta a occupare in via definitiva anche gli ultimi due spazi rimasti liberi: la vendita dei diritti di archivio, e la produzione televisiva delle partite.

 

La legge Melandri per “risarcire” le grandi squadre dai danni provocati con il passaggio alla vendita collettiva dei diritti tv, lascia la possibilità alle squadre di vendere individualmente i propri diritti di archivio e di produrre autonomamente le immagini delle partite da vendere poi alle emittenti. Oggi molte squadre (non tutte) per entrambi i servizi si avvalgono proprio di Infront (che, secondo stime approssimative che circolano in Lega ci guadagna su una ventina di milioni l’anno). Per vari motivi però lo scenario sta cambiando e alcuni presidenti hanno deciso di cominciare a trattare individualmente su entrambi i fronti. Per questo a molti non è sembrata casuale la sparata di Adriano Galliani sul (non) fuorigioco di Tevez e la linea “storta” di Sky. «Hanno aperto il fronte», dicono in Lega, dove venerdì è attesa una specie di resa dei conti. Che non sarà l’ultima.

philippe blatter e marco bogarelliphilippe blatter e marco bogarelli

 

Almeno a giudicare dalle dichiarazioni di ieri di Marco Bogarelli che parlando da padrone del vapore ha tranquillizzato “i tifosi italiani” circa il passaggio di Infront nelle mani del facoltoso immobiliarista cinese. Per loro «non cambierà nulla, ma cresceranno le prospettive di crescita del mercato italiano che potrà contare su una nuova potenzialità che investirà l’indotto, il capitolo stadi, tanto per dirne uno». Anche gli stadi.

 

 

2. IL CAPITALISTA DI STATO CHE AMA MARX E PICASSO

Giampaolo Visetti per “la Repubblica

 

MARCO BOGARELLI INFRONT MARCO BOGARELLI INFRONT

La Cina vuole diventare una super- potenza anche nel calcio e Wang Jianlin è il miliardario di Stato scelto dal presidente Xi Jinping per conquistare il soft-power globale di sport e spettacolo. Il magnate di Wanda Group non è un «nuovo ricco» e neppure un giovane rampante.

 

L’uomo deciso a “cinesizzare” il football per trasformarlo nello show industriale del secolo ha 60 anni, è nato nel Sichuan ed è figlio di un alto funzionario del partito comunista, spedito da Mao in Tibet per colonizzare la «regione ribelle». Ha servito per quindici anni nell’esercito popolare di liberazione, si è laureato a Liaoning, si è iscritto al partito nel 1976 e ne è stato a sua volta dirigente, cominciando la carriera a Dalian. Il salto dallo Stato al privato risale al 1989, anno-chiave della strage di piazza Tiananmen. Anche l’era di Deng Xiaoping sta per chiudersi, la Cina si apre a commercio e finanza, l’urbanizzazione fa esplodere il mercato immobiliare.

 

philippe blatterphilippe blatter

Wang Jianlin è già un manager di successo e nel giro di quattro anni diventa direttore generale e presidente del colosso edilizio Dalian Wanda. La sua fortuna grazie alla fedeltà al partito-Stato cresce in modo vertiginoso. Oggi Wanda Group non è solo il primo gruppo dell’immobiliare cinese, con affari in tutto il mondo e 159 shopping center e 71 hotel di lusso solo in patria. Considerando maturo il business del cemento, colui che i 90 mila dipendenti chiamano semplicemente “il Presidente” ha diversificato nelle bevande, in una dozzina di mega- parchi dei divertimenti per fare concorrenza alla Disney, in centinaia di karaoke, e quasi 900 cinema Imax e 3D.

 

philippe blatter infront sports media philippe blatter infront sports media

Wang Jianlin, membro della Conferenza consultiva del popolo e di tutte le associazioni cinesi degli imprenditori, è così il proprietario con più sale cinematografiche al mondo, sta scalando le più storiche case produttrici di Hollywood e ha ingaggiato una sfida personale con Jack Ma, tycoon di Alibaba, per il controllo anche dell’e-commerce. Il suo impero, grazie alla svendita dei terreni pubblici da parte dei funzionari locali, resta saldamente ancorato all’immobiliare.

 

Con l’ascesa di Xi Jinping al potere, profeta del “sogno cinese”, si è orientato però sempre più verso l’intrattenimento, per ragioni sia di business che politiche. Parchi dei divertimenti, karaoke, cinema, web e ora sport gli hanno consentito di fondere cemento e comunicazione, commercio e cultura, la Cina con il resto del mondo, fino a oscill are tra i primi tre miliardari del Paese.

 

Jack Ma Forbes Jack Ma Forbes

Forbes e Hurun lo accreditano oggi del secondo posto, con un patrimonio di 28,1 miliardi di dollari, 26° uomo più ricco del pianeta. Davanti a lui, da poche settimane, in patria c’è il nuovo imperatore dei pannelli solari, Li Hejiun del gruppo Henergy, subito dietro proprio Jack Ma, che sconta un calo delle azioni di Alibaba dopo la quotazione record a Wall Street. I collaboratori raccontano che Wang Jianlin dirige il suo impero come fosse la sua vecchia caserma: mai un ritardo, giacca e cravatta obbligatorie, pianificazione maniacale, lavoro 24 ore su 24 ogni giorno della settimana, concorrenti considerati come nemici, meno di cento manager ammessi a partecipazioni azionarie.

 

Rispetto ai primi capitalisti post-rivoluzionari, non ha scelto il profilo basso: esibisce denaro, lusso e belle donne, si circonda di registi e star dello spettacolo, investe all’estero e non nasconde di essere uno dei più prodighi collezionisti d’arte dell’Asia. Due anni fa ha acquistato un’opera di Picasso per 28,2 milioni di dollari (base d’asta un terzo) e ha costruito uno spettacolare museo a Shanghai per esibire la sua collezione di moderni e contemporanei.

 

barack obama e xi jinping a pechinobarack obama e xi jinping a pechino

Solo la passione sportiva è recente, ispirata dagli appelli del calciatore Xi Jinping, ritratto più volte a tirare calci ad un pallone. A fine gennaio, dopo aver rilevato varie immobiliari in Spagna, ha investito 45 milioni di euro per il 20% dell’Atletico Madrid. Ieri l’ufficializzazione di Infront, per 1 miliardo e 50 milioni di euro. Se oligarchi russi ed emiri arabi accettano di farsi spennare per esibire club storici e trofei, i turbo capital-comunisti cinesi puntano al contrario, anche in Europa, a guadagnare. Per ora non acquistano squadre, ma diritti tivù, merchandising e licenze per costruire stadi-centri commerciali.

 

Due le missioni di Wang Jianlin. Quella personale è conquistare la polpa universale del pallone, da unire al cinema per trasformarsi nel re dello spettacolo globale. Quella per conto della leadership rossa è invece proiettare la Cina ai vertici mondiali dell’industria sportiva, ritenuta l’arma più formidabile per assicurare a Pechino il soft-power del secolo. Xi Jinping vuole che la Cina si trasformi entro il decennio in una potenza calcistica e sportiva, aprendo a imprese e sponsor del settore un mercato colossale. Il “nuovo Mao” ha ordinato alla nazione di tornare a qualificarsi per la fase finale dei Mondiali, poi di ospitare un’edizione dei campionati e infine di vincere la sua prima Coppa.

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Lo scorso anno Beckham è stato nominato ambasciatore del calcio cinese, i club nazionali stanno facendo razzia di allenatori e giocatori stranieri. Il governo ha stanziato 2 miliardi di euro per lanciare 200 campus e 20 mila scuole di calcio, selezionando 100 mila aspiranti campioni entro tre anni, mentre il calcio sta per diventare obbligatorio addirittura a scuola.

 

La Cina autoritaria del Duemila sostituisce gli Usa democratici del Novecento: il presidente Xi Jinping è il suo leader, il mandarino Wang Jianlin il suo profeta. Cultore del “Capitale” di Marx, che dona ai suoi ospiti, si è limitato ieri a commentare: «Più le persone diventano ricche, più cambiano le cose a cui danno valore». E questa volta, compagni, tocca al calcio.