DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Josh Kleiman per “Daily Beast”
Vi siete masturbati oggi? Probabilmente sì, secondo il “Kinsey Institute”. Il 50% degli adulti fra i 18 e i 50 anni lo fa quotidianamente, consultando riviste, computer, cellulari, televisione. Solo l’anno scorso l’industria per adulti ha creato 13.000 video per incassi da 13 miliardi di dollari. Nello stesso periodo, i 504 film di Hollywood hanno incassato solo 8 miliardi di dollari. Ma il porno è sottovalutato per certi punti di vista, infatti viene totalmente ignorato il suo ruolo di pioniere nello sviluppo tecnologico.
Le innovazioni sono dovute al fatto che il porno è “un ecosistema in cui i partecipanti vogliono (e sono costretti) a sperimentare. E qui la sperimentazione non è azzoppata dal buon gusto o dalla burocrazia”, spiega Bruce Arnold, a capo della “Caslon Analytics”, azienda che fa ricerche e analizza i dati.
Negli anni ’90 Richard Gordon fondò la “Electronic Card Systems”, processore per l’uso di carte di credito on line che venne adottato per primo da siti come “ClubLove”. Anni dopo il sistema fu adottato da “Amazon”. Molto prima di “Netflix”, “Hulu” e “CNN”, siti come “Danni’s Hard Drive” mettevano video in streaming.
L’industria del porno ha influenzato quella mainstream, in modo diretto e indiretto. E’ veloce come nessun altro ad adattarsi alle nuove piattaforme. Il giorno stesso in cui la “Apple” annunciò il lancio dell’”iPad”, nel gennaio del 2010, Ilan Bunimovitz (CEO del “Private Media Group”) annunciò che la sua azienda avrebbe lanciato una app porno su quella nuova piattaforma. I creatori di contenuto indipendenti hanno trovato come canale “YouTube”, che ha un modello di business identico a “PornHub”, nato 7 anni prima.
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Mentre piattaforme come “PornHub”, “YouTube” e “Vimeo” avanzano, le vecchia aziende del mondo dei media arrancano. La carta stampata soffre, mentre internet offre notizie attraverso blog, video, articoli, tutto a portata di un clic e tutto gratuitamente. Una gran cosa per gli utenti, un percorso che porta all’estinzione per i giganti mediatici del passato.
I giornali non possono più affidarsi alle strategie tradizionali per monetizzare. I consumatori migrano al digitale ed è quasi impossibile farli pagare per avere accesso ai contenuti. I lettori si aspettano gratuità ovunque. Se qualcosa viene messo a pagamento, viene ignorato o piratato nel giro di poco tempo. Questa rivoluzione, il mondo del porno l’ha già vissuta.
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Anni fa il porno era distribuito su carta stampata. Man mano che internet cresceva, l’industria per adulti diventava più “democratica”, permettendo l’ingresso di nuovi e piccoli “competitor”, i quali introducevano contenuti di nicchia e più rischiosi, nuove strategie di distribuzione e soprattutto accesso gratuito.
La rivista “Playboy”, nel 1972, vendeva 7 milioni di copie, oggi ne vende meno di un milione e mezzo, registrando un declino dell’ 80%. Per sopravvivere “Playboy” si è dovuto trasformare. Prima diventando una casa di produzione, poi ideando il canale “Playboy TV”, una stazione radiofonica su “Sirius XM” e un “reality show” su “E!” Network.
Ha creato un rapporto più intimo con il suo pubblico inaugurando nightclub, hotel, casinò ed eventi alla “Playboy Mansion”. L’industria delle notizie ha cercato di fare lo stesso, vedi “Bloomberg”, “Yahoo!”, “CNN” e “Daily Mail” che organizzano eventi e usano nuove piattaforme tecnologiche. Devono inseguire il mondo in continuo mutamento che internet di volta in volta crea. E le lezioni importanti le insegna l’industria del porno, che conosce bene le abitudini e i desideri degli utenti. Se impariamo da lì, un lieto fine ci aspetta.
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