1. L’”ITALIAN JOB” DI MARPIONNE: SI PRENDE LA CHRYSLER CON I SOLDI DELLA CHRYSLER! 2. FIAT SGANCIA SOLO 1,75 MLD $. IL RESTO DEL MALLOPPO LO PRELEVA DALLA CASSA DI DETROIT 3. PER CARITÀ, È PIÙ CHE LECITO USARE LA CASSA, SPECIE SE TE LO PERMETTONO GLI AZIONISTI E I SINDACATI AMERICANI. SEMMAI, A DETROT CI SARANNO MENO SOLDI PER FINANZIARE E PRODURRE AUTOMOBILI MIGLIORI E DI PROVARLE A VENDERE ANCHE IN EUROPA 4. IN ATTESA DI CONOSCERE, ENTRO APRILE, LE RICADUTE DEL COLPACCIO DI CAPODANNO SUGLI STABILIMENTI ITALIANI, SI PUÒ SICURAMENTE AFFERMARE CHE MARCHIONNE È UN VALIDISSIMO GIOCATORE DI POKER. CON I SOLDI DI CHI, SI VEDRÀ PIÙ AVANTI

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1. MENO CASSA UGUALE PIU' IDEE VINCENTI?
Francesco Bonazzi per Dagospia

Ci sono in paio di semplici osservazioni che difficilmente leggerete sui giornaloni italiani, impegnati a intonare i peana per Sergio Marpionne. La prima è che se il Lingotto esclude aumenti di capitale significa che si può presumere un aumento dell'indebitamento bancario del "nuovo" colosso dell'automobile.

Per carità, è più che lecito - specie se te lo permettono azionisti e sindacati - usare la cassa di una società per un affare del genere, ma qui a occhio se ne usa un po' tanta. La seconda considerazione è che il famoso "player globale" la cui nascita viene annunciata oggi tra plurimi squilli di tromba, in realtà è su piazza da oltre quattro anni.

Dal punto di vista del prodotto e del mercato, non si capisce che cosa cambi davvero. Se Marpionne e la sua squadra di ingegneri avevano idee forti potevano buttarle sul mercato fin dal 2009: il sindacato americano non gli proibiva certo di produrre macchine migliori e di provarle a vendere anche in Europa. Semmai, con il completamento dell'acquisizione da parte dei sedicenti torinesi, a parità di idee vincenti ci saranno meno soldi in cassa per finanziarle e produrle.

In attesa di conoscere, entro aprile, le ricadute del colpaccio di Capodanno sugli stabilimenti italiani, si può sicuramente affermare che Marchionne è un validissimo giocatore di poker. Con i soldi di chi, si vedrà più avanti.


2. L'ACCORDO CON IL FONDO VEBA PER ARRIVARE AL 100% E' PIU' ONEROSO DI 4,35 MILIARDI
Carlotta Scozzari per Dagospia

L'anno nuovo, per Fiat, prende il via sotto i migliori auspici. Dopo il tanto sofferto accordo con il fondo statunitense Veba per rilevare il 100% di Chrysler, annunciato ieri, oggi, a Piazza Affari, nel primo giorno utile di contrattazione, le azioni del gruppo automobilistico guidato da Sergio Marchionne volano e al momento prendono il 12,45% a 6,685 euro. Il mercato apprezza innanzi tutto che si sia finalmente arrivati a un accordo, cosa che un mese fa non sembrava poi così scontata. E, in seconda battuta, che la società del Lingotto riuscirà a sobbarcarsi l'esborso senza bisogno di aumenti di capitale.

C'è poi chi fa notare che il prezzo concordato sia al di sotto sia delle aspettative sia di quanto offerto dalla stessa Fiat. Ma in questo caso i conti non sembrano tornare. Vediamo perché: la società guidata da Marchionne ieri, in una nota, ha spiegato che acquisirà il 41,5% del capitale di Chrysler non ancora detenuto poiché in mano a Veba al prezzo di 3,65 miliardi di dollari (pari a circa 2,7 miliardi di euro).

Tale cifra, aggiunge la nota, è suddivisa in un'erogazione straordinaria che la casa automobilistica di Auburn Hills pagherà a tutti i soci, per un totale complessivo pari a circa 1,9 miliardi di dollari, più il versamento, attraverso la liquidità disponibile di Fiat, di 1,75 miliardi di dollari.

Posto che per quel che riguarda la parte di dividendo straordinario il denaro uscirà dalle casse della Chrysler e il massimo che la casa automobilistica torinese farà sarà rinunciare alla parte di propria spettanza, pari a circa 1,11 miliardi, per girarli a Veba, in coda al comunicato si aggiunge un'ulteriore precisazione.

E cioè che Chrysler Group e il sindacato della Uaw hanno concordato un memorandum d'intesa che prevede "ulteriori contribuzioni da parte di Chrysler Group al Veba Trust per un importo complessivo pari a 700 milioni di dollari in quattro quote paritetiche pagabili su base annua". E' dunque evidente che ai 3,65 miliardi citati nella nota vanno aggiunti questi 700 milioni, interamente sborsati dalla società americana (al pari del dividendo, del resto).

Il prezzo pagato da Fiat (o meglio: soprattutto dalla stessa Chrysler) per salire al 100% del gruppo americano sale così a 4,35 miliardi, cifra superiore ai 4,2 miliardi che negli ultimi tempi si diceva che il gruppo del Lingotto avesse messo sul piatto per trovare un accordo con Veba.

Così come circa 4,2 miliardi era la valutazione della partecipazione in mano al fondo coerente con il valore di 10 miliardi che era stato individuato per l'intera Chrysler quando si temeva che la quota di minoranza, vista la mancanza di un accordo tra i due azionisti, sarebbe finita sul mercato con una Ipo. I 4,35 miliardi concordati sono invece inferiori ai 5 miliardi chiesti da Veba.

"Penso che il prezzo raggiunto - dichiara Stefano Aversa, managing director di Alixpartners al Financial Times - rifletta il desiderio della due parti di raggiungere un accordo senza arrivare a un'Ipo, cosa che era nell'interesse di entrambi". La transazione consente così alla Fiat di contare sempre meno sul malconcio mercato automobilistico europeo e di aumentare la propria esposizione a quello statunitense, dove le Jeep della Chrysler hanno già dimostrato di essere tra le maggiori beneficiarie della ripresa americana.

 

 

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