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DAGOREPORT - SERVIZI E SERVIZIETTI: IL CASO ALMASRI E' UN “ATTACCO POLITICO” ALLA TRUMPIANA MELONI?…
Marco Zatterin per ‘La Stampa’
La notizia arriva da Dublino, non è commentata ufficialmente, ma raccoglie conferme a denti stretti negli ambienti diplomatici. La Commissione Ue sta per annunciare l’apertura d’una inchiesta formale sulla Apple e il sistema complesso di società finanziarie a cui il gruppo americano affida i ricavi e - sfruttando i buchi di armonizzazione del sistema impositivo europeo - riduce all’osso le tasse pagate, sottraendo miliardi di imponibile a molti erari, compreso quello italiano. Le voci dicono che Joaquin Almunia, lo sceriffo dell’Antitrust, attaccherà oggi partendo dall’Irlanda. Un’altra fonte, però, assicura che se l’azione sarà annunciata, non riguarderà solo l’isola.
E’ da settembre che Bruxelles tiene d’occhio il gruppo di Cupertino, studiandone i comportamenti in una serie di paesi. Ad attirare l’attenzione di Almunia e dei suoi sono state le accuse rivolte dal Senato statunitense proprio all’Irlanda, imputata di consentire un ricco movimento di elusione fiscale. Il governo del popolare Enda Kenny ha respinto ogni ipotesi di malefatta, difendendo un sistema che ritiene «aperto e trasparente». Ogni intervento sulla natura del trattamento societario, ha affermato il premier, non può che essere discusso a livello internazionale. Sospetto.
In realtà l’accoglienza tributaria irlandese è celebre quanto quella dei loro pub. L’imposta di riferimento offerta alle imprese è del 12,5 per cento, nonostante le contestazioni europee che denunciano una concorrenza sleale. La logica è che questo serve per attirare le multinazionali - soprattutto quello dei servizi che nell’Eire hanno trovato l’America - e creare posti di lavoro. Così a certe imprese globali vengono anche praticati ulteriori sconti.
A Dublino, il produttore dell’iPhone dove ha strappato un’aliquota inferiore al 2%.
La camera alta statunitense aveva dichiarato che Apple faceva passare gli incassi attraverso una controllata di Cork, per poi dichiarare che la società da tassare non era fiscalmente residente in alcun paese.
L’inchiesta affermò che gli accordi facevano parte di «una complessa ragnatela di entità off shore» dislocata anche in Olanda e Lussemburgo. Da anni l’Europa delle istituzioni chiede di impedire i giochini transfrontalieri per ragioni di equità. Le decisioni fiscali, però, vanno prese a maggioranza e gli interessanti non mollano. Colpire le società, sempre che sia possibile, potrebbe essere una scorciatoia.
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