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Fabio Pavesi per "Il Sole 24 Ore" di domenica 3 giugno 2012
Da tempo Generali ha perso il passo dei suoi concorrenti europei. Lo dicono con chiarezza le quotazioni di borsa. Il Leone di Trieste ha lasciato sul campo, solo a partire dall'inizio del 2011, l'anno della crisi dell'eurozona, ben il 40% del suo valore. La francese Axa ha perso il 29% nello stesso periodo. La tedesca Allianz è in calo del 21% e Zurich solo del 18%. Perdite quasi doppie quindi per il Leone di Trieste. Miopia del mercato? Non pare. In fondo la borsa premia o punisce i titoli in base alla redditività .
E da questo punto di vista Generali appare assai meno interessante dei suoi diretti concorrenti. Secondo le stime di Credit Suisse il rendimento del capitale netto tangibile è per la compagnia italiana del 7,9%. Axa ha un Rote del 20%; Zurich del 16,8% e Allianz è al 9,4%. Come si vede sono tutte più profittevoli di Generali. Ma non basta. Non basta riferirsi ai numeri nudi e crudi sulla profittabilità . La crisi come si vede c'è stata per tutti ma su Generali pesa qualche inciampo di troppo. Vediamoli.
LO SCIVOLONE SU ATENE
Che ci facevano 3 miliardi di bond greci in pancia al colosso assicurativo italiano? Quei bond erano lì da tempo e più la crisi di Atene si incupiva più il management di Generali stava a guardare. Sono stati svalutati alla fine di ben 2,3 miliardi, il 76% del loro valore di portafoglio e hanno contribuito alla maxi-svalutazione da un miliardo che ha dimezzato l'utile netto della compagnia passato da 1,7 miliardi del 2010 agli 856 milioni del 2011.
Quei 3 miliardi di bond erano un rischio palese. Se ci si fosse liberati del loro ingombrante peso nel giugno del 2011 la perdita sarebbe stata di 1,4 miliardi e non di 2,2 miliardi. Oltre alla Grecia ha poi continuato a mietere perdite sui conti del gruppo il portafoglio partecipazioni. In particolare è la partecipazione in Telecom Italia, via Telco dove Generali è l'azionista più importante, a non dare tregua.
IL PESO DI TELECOM ITALIA
Ancora l'anno scorso quella quella quota del 30% in Telco ha voluto dire un impatto negativo sull'utile netto per altri 307 milioni. Se poi si sommano perdite di valore per 239 milioni sul portafoglio azionario ecco che l'utile non poteva che soffrirne. Eppure le Generali si sono sempre contraddistinte per un approccio assai prudente. Prudente forse ma che non ha evitato del tutto i rischi. Al contrario. Oggi la compagnia di Trieste agli occhi del mercato non solo corre poco, ma appare paradossalmente più rischiosa. Perché? Eppure Generali investe poco in azioni e molto in obbligazioni. Ben 241 miliardi di euro sono investiti in bond.
Ma con la crisi dei debiti sovrani della periferia d'Europa quel che appariva una scelta prudente si rivela oggi un boomerang. Il rischio del debito sovrano Generali infatti ha in pancia quasi 46 miliardi di titoli italiani. Ma ci sono anche Bonos spagnoli per 5,5 miliardi; bond portoghesi per 1,6 miliardi e titoli irlandesi per altri 1,6 miliardi. Con l'aria che tira sul Sud Europa e gli spread tornati a correre, quei 50 miliardi sono una sorta di cappio al collo. Su un portafoglio che ha durata media di 7 anni possono voler dire minusvalenze potenziali nell'ordine dei 2-3 miliardi.
LE MINUSVALENZE DEI GRANDI SOCI
E il tema del riassetto ai vertici ha proprio a che fare con le minusvalenze dei grandi soci sul titolo. Oggi ai prezzi attuali di Borsa l'investimento di Leonardo Del Vecchio vale la metà il che significa circa 400 milioni di perdite potenziali, mentre un investitore come la De Agostini nell'azionariato dal 2006 conta qualcosa come 900 milioni di perdite se il titolo non si riprenderà . E la novità è che anche Mediobanca registra forti affanni sulla sua partecipata più prestigiosa. Quella partecipazione al 13,24% è in carico storicamente a 2,06 miliardi. Oggi vale solo 1,76 miliardi. Mentre solo a marzo del 2012 c'era una plusvalenza per 337 milioni oggi c'è una perdita per 300 milioni. Il redde rationem parte anche da qui.
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