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Nino Sunseri per "Libero"
Lunedì parte lo spezzatino di Fondiaria Sai. Il polo assicurativo costruito dieci anni fa da Salvatore Ligresti sembra arrivato al punto di svolta. Il segnale del cambiamento arriva da un fatto simbolico: dal 16 dicembre non farà più parte del circolo d'eccellenza delle blue chips di Piazza Affari. Sarà sostituita da Ferragamo. Ora Fonsai per andare avanti dovrà sottoporsi ad una colossale cura dimagrante. Usciranno gli immobili non omogenei con la gestione o giudicati superflui.
Non a caso i sindacati temono lo spostamento del quartier generale da Torino a Milano lasciando libero il grande palazzo immerso nel verde. Ma soprattutto, verranno messi sul mercato i gioielli di famiglia. Vale a dire le partecipazioni ai salotti della finanza italiana. Parliamo del 3,8% di Mediobanca, il 5,5% del Corriere della Sera, il 4,5% di Pirelli, l'1,13% di Generali, lo 0,4 di Mps e lo 0,35% di UniCredit. L'Isvap vuole capire il grado di solidità della compagnia che a oggi rappresenta uno dei gruppo di riferimento in Italia: otto milioni di clienti, terzo gruppo nella graduatoria nazionale, primo nella Rc Auto.
Proprio per questo ha convocato i vertici della società . Giancarlo Giannini, capo degli sceriffi delle polizze, vuole conoscere in anteprima il piano industriale. La gestione di Fonsai, infatti, non è stata all'altezza del blasone. Non a caso l'ex amministratore delegato Fausto Marchionni è stato sostituito da Emanuele Erbetta e da un team nominato da UniCredit in quanto principale creditore. Ad aggravare le difficoltà della compagnia ha contribuito la crisi. I valori immobiliari sono caduti e così i corsi azionari.
Le partecipazioni iscritte nel bilancio 2010 per 800 milioni di euro al momento ne valgono appena 625. In soccorso della famiglia si sta muovendo Federico Imbert, dal marzo dello scorso anno capo dell' investment banking di Credit Suisse oltre che responsabile delle attività italiane. Imbert è un vecchio frequentatore di casa Ligresti. Già nel 2001 (quando sotto la regia di Mediobanca la Sai rilevò il 22% di Fondiaria in mano a Montedison) aveva svolto il ruolo di advisor (all'epoca lavorava per Jp Morgan).
Ancora pochi mesi fa si era detto disponibile a costituire un consorzio di garanzia per l'aumento di Premafin e Fondiaria- Sai legato agli accordi, poi saltati, con Groupama. Ora Imbert è pronto a rilevare, per 250 milioni, il 40% della scatola nella quale il vecchio Ingegnere e i figli collocheranno i gioielli di famiglia. Successivamente potrebbe gestire il collocamento delle partecipazioni. Non subito magari. Nell'arco di 2-3 anni, attendendo fasi di mercato migliori dell'attuale.
Di certo i candidati all'acquisto non mancano. Diego Della Valle, ad esempio, non ha mai fatto mistero di voler crescere in Rcs Mediagroup, mentre la quota in Mediobanca, anche se verrebbe offerta in prelazione ai soci del gruppo A, potrebbe far gola a Bollorè. Più problematica, forse, la valorizzazione della piccola partecipazione in Mps, mentre Generali e UniCredit in quanto gruppi "sistemici" in Europa potrebbero piacere sia a concorrenti internazionali sia a qualche fondo sovrano.
A monte resta il problema del rifinanziamento del debito di Sinergia, la holding della famiglia Ligresti che controlla il 20% di Premafin. Nei prossimi mesi andranno rinnovati crediti per 300 milioni, in gran parte erogati da UniCredit e Banco Popolare. Alle banche interessa molto il rafforzamento patrimoniale del gruppo. Pertanto le azioni allo studio potrebbero sbloccare le trattative per arrivare ad una rinegoziazione del debito che consenta ai Ligresti di guadagnare tempo e alle banche di limare.
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