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IL LUSSO DI ABBASSARE I PREZZI - FRENA LA CRISI DELLA MODA, DOPO CHE LE PRINCIPALI SOCIETÀ HANNO INTERROTTO LA VERGOGNOSA SPECULAZIONE SUI PREZZI: DOPO LA PANDEMIA, IL COSTO DEI PRODOTTI ERA SCHIZZATO ALLE STELLE, ALLONTANANDO LA FETTA PIU' GRANDE, I CONSUMATORI "ASPIRATIONAL" O AMATORI, CHE NON SI POTEVANO PIÙ PERMETTERE DI RICONCORRERE I RIALZI DEI BRAND - A RIVITALIZZARE IL SETTORE IL VALZER DEI DIRETTORI CREATIVI E UNA RINNOVATA SPINTA PER L’ESPERIENZA IN NEGOZIO - DA ESSILUX A PRADA, CHI PUÒ TORNARE A RESPIRARE…
Estratto dell’articolo di Sara Tirrito per "la Stampa"
Dopo anni di cali ininterrotti, il settore del lusso mostra segnali di ripresa. A ottobre, le principali società quotate del fashion di alta gamma hanno pubblicato i dati finanziari: Hermès ha chiuso il terzo trimestre con vendite in rialzo del 9,6% a cambi costanti, a 3,88 miliardi di euro. Cucinelli ha registrato un fatturato di 1.019,2 milioni nel 2025 (+11,3% a cambi costanti).
Il gruppo Prada ha segnato il 19esimo trimestre di crescita, con ricavi netti a 4.070 milioni nei 9 mesi (+9%). Protagonista Miu Miu, +41% da inizio anno e +29% nel trimestre, compensando la flessione del brand Prada (-1,6%). Infine, EssilorLuxottica ha vissuto il miglior trimestre nella sua storia, con ricavi a 6.867 milioni (+11,7% a cambi costanti). Al 30 settembre il fatturato ha raggiunto i 20,891 miliardi (+8,8%), trainato dai Ray-Ban Meta.
Segnali che sono una boccata d'aria per un comparto che ha visto 50 milioni di clienti in meno in due anni (dati Osservatorio Altagamma 2024). Con cautela, gli esperti intravedono una ripresa: «Siamo nella fase in cui la decrescita sembra tendere a finire. Da qui in poi dovrebbe ripartire la crescita», spiega Dario Minutella, analista di Kearney.
Tre i fattori principali che hanno contribuito al cambio di passo. Il primo è stato «il valzer dei direttori creativi, qualcosa che non si vedeva da 20 anni», e che ha ravvivato l'interesse dei consumatori verso marchi che rischiavano di apparire stagnanti. […]
Il secondo fattore riguarda i consumatori. «Nel periodo post-pandemico la leva economica è stata abusata – spiega Minutella – C'era la convinzione che il cliente del lusso fosse inelastico al prezzo. Ora è chiaro che non è vero».
Gli aumenti hanno stufato gli ultra ricchi e allontanato i consumatori "aspirational", o amatori, «la fetta più grossa», che si è allontanata anche stando al rapporto Global Bue uscito ieri. I brand hanno quindi corretto la rotta: «I rincari sono stati minori se non addirittura interrotti e molti brand hanno creato linee differenziate per servire le diverse categorie». Il terzo fattore è il retail fisico. «Dopo la pandemia, molte case hanno rimesso al centro l'esperienza in negozio».
Arrivano comunque anche segnali deboli. Kering ha registrato nel trimestre un fatturato di 3,415 miliardi (-10% reported, -5% comparabile). LVMH, pur con una ripresa nel trimestre (+1%), ha archiviato i 9 mesi con 58,090 miliardi e una variazione organica del -2%.
La divisione fashion di Louis Vuitton a -2%. Numeri che comunque hanno fatto schizzare il titolo in Borsa (+14% il 15 ottobre, dopo i conti) perché gli analisti non si aspettavano un risultato positivo. Ferragamo ha chiuso il terzo trimestre a pari. «Anche se non c'è stata crescita, è un buon segno», dice Minutella.
Ad alimentare la crisi negli ultimi anni sono state in parte le tensioni geopolitiche, il "fake made in Italy" e la contrazione del turismo cinese. [...]
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