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DA MEDIOBANCA A BEATRICE VENEZI, TUTTO SI TIENE – PIERO MARANGHI, IMPRENDITORE CULTURALE E FIGLIO DELL’EREDE DI CUCCIA IN MEDIOBANCA, VINCENZO: “IN SPREGIO AD OGNI REGOLA SI CALA DALL’ALTO UNA FIGURA DEL TUTTO INADEGUATA AL RUOLO E, POI, SI SBRAITA CHE LE CRITICHE SONO MOSSE SOLO DA PRETESTUOSE RAGIONI POLITICHE. NON È VERO: LA VENEZI ALLA FENICE NON CI DEVE STARE” – “MPS-MEDIOBANCA? MI HA STUPITO COME IL GOVERNO ABBIA OPERATO DA PRIMO ATTORE IN UNA OPERAZIONE DESCRITTA COME DI MERCATO, MA CHE SENZA LA FORZA DI PALAZZO CHIGI NON SI SAREBBE REALIZZATA. NESSUNO, NEL PD, A PARTE PIERLUIGI BERSANI, HA DETTO NULLA. PENSATE SE LO AVESSE FATTO SILVIO BERLUSCONI E NON GIORGIA MELONI”

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Estratto dell’articolo di Paolo Bricco per “il Sole 24 Ore”

 

PIERO MARANGHI

Mio padre Vincenzo apprezzava il mio amore per la musica classica. Discutevamo della funzione del direttore d’orchestra. Non ha mai considerato un tradimento la mia scelta di fare l’imprenditore nella cultura. Anche lui era stato un outsider. Dopo la laurea in legge aveva lavorato come giornalista al “Sole”. Quando è morto abbiamo trovato in una cassaforte il menabò del periodico “Quattrosoldi”, con i segni rossi e i commenti dell’editore Gianni Mazzocchi.

 

Mia mamma Anna apparteneva a una famiglia di banchieri e di industriali del tessile, i Castellini Baldissera, e di artisti, come suo nonno, l’architetto Piero Portaluppi. Quando si sposarono, lui fu molto criticato perché sembrava il classico senza patrimonio che si era ben sistemato».

 

Piero Maranghi […] è un uomo pieno di talento e di dolore, che è riuscito a trasformare la malinconia in sensibilità e il problema dell’ombra del padre […] in una identità personale e professionale, complessa e accidentata, ma alla fine di equilibrio e di successo.

 

VINCENZO MARANGHI CUCCIA

«Fino al 2010 assomigliavo come una goccia a mio padre. Indossavo i suoi vestiti. Tutti abiti di eccellenti tessuti preparati da sarti di Milano, che stavano in piedi da soli per la cura del taglio. Dopo, per la mia vita disordinata e pasticciona, ho perso la magrezza e la secchezza di mio padre e adesso non posso più farlo».

 

Piero è un imprenditore nella cultura e nella musica: «Il prodotto che oggi mi sta più a cuore è Più Classica, il canale nativo digitale concepito per telefonini, tablet e smart tv. Al suo interno si trovano il canale lineare di Classica e, in più, un insieme corposo di attività on-demand».

 

FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE MILLERI

[…] La storia di Piero incarna la Milano del Novecento, con il tempio laico di Mediobanca e con la miscela di soldi e di cultura che ha segnato questa città più di ogni altra. Nel suo caso Milano è anche declinata nel vitalismo dell’imprenditore che conosce dei passi falsi ma che, poi, dalle cadute si rialza e persevera nella costruzione di un profilo solido.

 

Oggi la città è disorientata. La giunta Sala è isolata e resa monca dagli attacchi della Procura sullo sviluppo immobiliare e dal fuoco amico della sinistra. Milano è in attesa dell’arrivo dei “nuovi padroni” di Mps guidati da Luigi Lovaglio a Piazzetta Cuccia, fissato per l’assemblea del 28 ottobre.

 

Alessandro Melzi d’Eril

Afferma Maranghi: «La designazione di Alessandro Melzi d’Eril come nuovo amministratore delegato mi ha rasserenato. È un mio amico da sempre. Penso sia un professionista ineccepibile».

 

[…] Il prossimo 28 ottobre si avvicina. Nota Maranghi: «A me ha molto stupito come il governo Meloni abbia operato da primo attore in una operazione che è stata descritta dai suoi autori come di mercato, ma che senza la forza di Palazzo Chigi non si sarebbe realizzata.

 

E, peraltro, constato come, dopo che una banca salvata con i soldi pubblici dal fallimento e dotata della spinta propulsiva della politica ha conquistato una banca più grande, adesso gli interessi dei suoi azionisti privati, dagli eredi di Leonardo Del Vecchio tenuti insieme da Francesco Milleri al costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone, si rivolgano per il tramite di Mediobanca alle ancora più grandi Assicurazioni Generali.

 

alberto nagel

Io ho sempre avuto simpatia verso il centrosinistra. Ma nessuno, nel PD, a parte Pierluigi Bersani, ha detto nulla. Pensate se lo avesse fatto Silvio Berlusconi e non Giorgia Meloni».

 

Fra pochi giorni si chiuderà un ciclo: «A Mediobanca è domiciliata la Fondazione Giancarla Vollaro, l’assistente di Enrico Cuccia, attiva nel sostegno di ricerche oncologiche, un lascito tangibile dello spirito di Cuccia e Maranghi. La presiede Fabrizio Palenzona. Io sono nel Cda. Vogliamo credere che i nuovi maggiorenti dimostreranno sensibilità per questo pezzo di storia della banca.  Con noi due in consiglio sedeva il presidente uscente Renato Pagliaro, per cui nutro sentimenti di profonda stima, riconoscenza e affetto», dice Piero.

 

vincenzo maranghi con palenzona

Che aggiunge: «La vicenda della politica e di Mediobanca, mutatis mutandis, è paragonabile a quella di Beatrice Venezi alla Fenice. In spregio ad ogni regola di buon senso e di consuetudine si cala dall’alto una figura del tutto inadeguata al ruolo e, poi, si sbraita che le critiche sono mosse solo da pretestuose ragioni politiche. Non è vero: la Venezi lì non ci può e non ci deve stare e non deve passare. Altrimenti, poi, vale tutto».

 

[…] a Mediobanca di Cuccia e di Maranghi è stata un centro di potere e di visione strategica, di stabilizzazione e di mitigazione delle debolezze degli imprenditori italiani, di indipendenza e di forza […] rispetto alla economia pubblica da cui, per lungo tempo, è formalmente dipesa.

 

piero maranghi 34

[…] «L’unica volta in cui mio padre e Cuccia si diedero del tu davanti ad altri fu una sera, al telefono. I democristiani di sinistra, da Ciriaco De Mita a Beniamino Andreatta, cercavano di estromettere Cuccia.

 

Nel 1985 l’Iri presieduta da Romano Prodi non lo confermò nel consiglio di Mediobanca. Silvio Salteri rinunciò al suo posto in Cda e Cuccia entrò in rappresentanza del socio straniero Lazard. Alla fine di quella telefonata, alla presenza delle famiglie nelle due rispettive case, mio padre dalla nostra parte disse “ciao, Enrico” e, dall’altra, Cuccia rispose “ciao, Vincenzo”».

 

34 enrico cuccia e vincenzo maranghi

Mediobanca ha esercitato un potere riservato al limite del sapienziale. Maranghi sottolinea la durezza di quella vicenda: «L’erosione della centralità di Mediobanca è stata compiuta, in particolare, dall’establishment cattolico di sinistra. L’altro passaggio cruento e mai suturato è stato l’assegnazione della Comit alla Intesa del cattolicissimo Giovanni Bazoli.

 

È stato un atto contronatura, in senso culturale e simbolico. La Comit di Raffaele Mattioli aveva generato la Mediobanca di Enrico Cuccia. Per Cuccia e per mio padre è stata una ferita mai cicatrizzata.

 

cesare geronzi

Per mio padre fu una colpa non aver impedito che avvenisse. I cattolici sono strani. Vogliono sempre il perdono, o almeno la riconciliazione, anche in terra. Un andreottiano in purezza come Cesare Geronzi al capezzale di mio padre, che era proprio agli ultimi, si presentò con la ambulanza pronta perché andassero insieme sulla tomba di Cuccia, nel cimitero di Meina, vicino a Novara. Fu un attimo. Noi trattenemmo nostro padre. Lui tornò in sé. E disse che non lo poteva e non lo voleva fare».

 

[…]  Di fronte ai numeri milionari che vorticano intorno al Ceo uscente Alberto Nagel, Piero dice: «È tutto legittimo. In una sola cosa Nagel e mio padre sono stati uguali nella battaglia per Mediobanca: hanno ottenuto ciò che volevano. Maranghi la salvaguardia dell’istituto e dei suoi ragazzi e nulla per sé. Nagel molti milioni».

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vincenzo maranghi con anna castellini baldisseraMassimo Lapucci Livia Pomodoro Piero Maranghi_@GretaGandinipiero maranghi, nicolo' castellini baldissera

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