DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Francesco Spini per "La Stampa"
La strategia porta i suoi frutti. L' accoppiata tra gestione di patrimoni e banca d' affari permette a Mediobanca di chiudere i primi sei mesi - l' esercizio chiude a giugno - con risultati oltre le attese del mercato. I profitti triplicano rispetto al semestre precedente e assommano a 411 milioni di euro, sebbene sotto i 467,6 milioni di un anno fa, a causa del minor apporto di Generali nel primo trimestre.
Nel secondo, gli utili di Piazzetta Cuccia fanno +5% sul precedente, a 211 milioni. «I ricavi del trimestre ammontano a 675 milioni: credo sia il secondo miglior trimestre della storia della banca, cosa non ovvia durante il covid. L' impatto c' è, ma abbiamo fatto molto meglio di quanto immaginavamo», dice l' ad Alberto Nagel.
Si sente la spinta dei motori su cui il piano 2020-2023 fa maggior affidamento: wealth management e Cib. La banca d' affari, tra ottobre e dicembre, registra il picco storico dei ricavi, a 182 milioni. Fatto sta che nei 6 mesi le commissioni nette salgono del 27% sul semestre precedente e del 17% sull' anno prima, a 383 milioni. Numeri che permettono alla banca di confermare l' ipotesi di distribuire il 70% dell' utile netto in dividendi. E se la Bce dirà ancora di no, «nel 2022 dovremo immaginare una politica di distribuzione che tenga conto del fatto che per due anni non abbiamo potuto dare la cedola agli azionisti», dice Nagel.
Il quale pensa ancora ad allargarsi nel wealth management. «Dobbiamo essere vigili e abbiamo i mezzi per fare un' acquisizione ma non è l' unico modo per crescere e remunerare gli azionisti». C' è disponibilità anche a «valutare operazioni importanti se fossero disponibili acquisizioni». Ma ciò che conta «è consentire agli azionisti una buona remunerazione». A proposito di soci, la continua salita di Leonardo Del Vecchio verso il 20%, arrivata a ridosso del 13,2%, non preoccupa il banchiere fresco di riconferma.
Con lui e gli altri azionisti «come strategia e cose da fare siamo allineati», assicura Nagel.
Chissà se l' allineamento proseguirà anche tra un anno, quando si tratterà di rinnovare il cda delle Generali (dove Del Vecchio ha il 4,84%), sebbene la lista la stenderà l' attuale consiglio. Per il momento Nagel afferma di aver «supportato» il riassetto appena messo a punto dall' ad del Leone, Donnet.
Nagel, a pieno diritto, si iscrive nel partito dei banchieri a sostegno di Draghi. «Nella sfortuna, siamo stati fortunati ma spetta alla politica e ai partiti non disperdere questa opportunità». Il Recovery fund non è la «panacea» perché «senza interventi strutturali potrebbero essere soldi non ben spesi».
Servono riforme su nodi come istruzione, Pubblica amministrazione, rapporto Stato-Regioni, bassa produttività e crescita. «È una lunga lista, bisogna vedere se Draghi viene messo nella condizione di operare, io mi auguro di sì».
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