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1-APPLE CARICA SUI PREZZI LA TASSA PER IL COPYRIGHT BALZO DELL’IPHONE INDEX
Fabio Savelli per “Il Corriere della Sera”
«Include tassa su copyright di euro 4.00». Sul negozio online di Apple campeggia da ieri un avviso stringato che ha suscitato gli strali del ministro Dario Franceschini. «Allibito, indignato», si è detto il titolare del dicastero alla Cultura dopo la decisione di Cupertino di ritoccare al rialzo i listini dei suoi prodotti nel nostro Paese (trasferendo quindi il conto al consumatore finale) come conseguenza dell’adeguamento tariffario della cosiddetta «copia privata», cioè gli importi applicati alle memorie di massa (come gli smartphone, i tablet e i computer) a spese dei produttori hi-tech.
La ratio del decreto governativo appena entrato in vigore è quella di re-distribuire i (maggiori) proventi agli autori e ai distributori di contenuti audio e video attraverso l’intermediazione della Siae, che si è detta «sconcertata» per «l’iniziativa provocatoria di Apple». Misura che potrebbe essere emulata dalla rivale Samsung perché il rincaro equivarrebbe a una perdita nel margine di profitto di alcuni milioni di euro al mese anche per l’azienda coreana.
La vicenda - al netto delle parti in causa - suggerisce la definitiva consacrazione dell’iPhone a termometro (informale) di comparazione del potere d’acquisto delle valute. L’icona del commercio globalizzato potrebbe soppiantare l’indice Big Mac inventato dal settimanale Economist che - teorizzando la parità dei poteri di acquisto il cui corollario è un naturale aggiustamento dei tassi di cambio - ipotizzava che il panino venduto nella catena di ristorazione americana fosse in grado di stabilire con buona approssimazione l’eventuale svalutazione di una moneta. Rileva l’economista (e docente alla Liuc di Castellanza) Gianluigi Costanzo come l’iPhone sia persino meglio del Big Mac perché l’ultimo ritrovato di Cupertino è lo stesso ovunque e ha costi di produzione, trasporto e vendita sostanzialmente analoghi in tutto il mondo.
Quindi è capace di attenuare la variabile «costo del lavoro», ma non il peso, né la capillarità della distribuzione tuttavia quantificabile in 1-2% per cento di differenziale di prezzo. La cifra complessiva (evidenziata dai numeri in alto ottenuti comparando i listini di Apple nei diversi Paesi depurati dall’Iva) è che i consumatori italiani paghino qualsiasi modello iPhone di più di tedeschi, francesi e spagnoli con i quali condividono la stessa moneta, mentre risparmiano rispetto agli elvetici che però fanno shopping in franchi.
Apple interrogata sulla sua politica commerciale in Italia attribuisce questo presunto rincaro ai costi del «fare business» nel nostro Paese. Una risposta che a ben vedere suffraga la fondatezza dell’indice Apple. Perché rileva l’urgenza di riforme strutturali per una maggiore competitività del sistema-Italia anche per non pagare più degli altri non solo il Big Mac, ma anche il MacBook.
2- L’AZIENDA USA E’ CAMPIONE MONDIALE, MA SERVIRA’ NUOVA FANTASIA
Maddalena Camera per “Il Giornale”
Era il 9 gennaio 2007 quando Steve Jobs presentò al mondo la sua innovativa creatura, l'iPhone. Tra le slide che correvano sullo schermo, e raccontavano di come l'iPhone era «5 anni avanti» rispetto a tutti gli altri «telefoni intelligenti» allora in commercio, c'era anche quella che rappresentava i modelli dei più agguerriti rivali dell'epoca: Nokia, Blackberry, Motorola e Palm. Tutti marchi spariti o acquisiti. All'iPhone sono bastati sette anni per rivoluzionare il panorama della telefonia mobile che ha fatto emergere, oltre a Apple, la coreana Samsung e una serie di aziende cinesi.
Tutti quelli insomma che hanno, di fatto, «clonato» l'iPhone sfornando una miriade di smartphone simili a prezzi più o meno bassi. Ma il re del mercato per ora è ancora l'iPhone. Nei sette anni che hanno cambiato il mondo, Apple ha venduto oltre 500 milioni di pezzi, fatturando qualcosa come 300 miliardi di dollari.
E gli analisti prevedono che il trend positivo continuerà almeno fino al 2017 portando le vendite dello smartphone di Cupertino a 1 miliardo di pezzi. In effetti l'iPhone, il cui vetro non è proprio a prova di caduta, anzi si rompe spesso e volentieri, a livello di vendite resiste a crisi, concorrenza agguerrita e prezzo non certo alla portata di tutte le tasche.
La media è di circa 500 euro per 35 milioni di pezzi a trimestre. Le vendite dovrebbero impennarsi a settembre quando è prevista l'uscita dell'iPhone 6, quello che porterà lo schermo dello smartphone prima a 4,7 e poi, nel 2015 a 5,5 pollici. Un bel salto dai 4 attuali e, soprattutto, dai 3,5 pollici della primissima versione.
Eppure Apple, dal 2010, cioè dall'uscita dell'iPad, l'ultima creatura di Steve Jobs deceduto nel 2011, non ha più sfornato nuovi prodotti.L'ad Tim Cook, ex di Ibm, è riuscito a tenere a bada gli investitori scontenti e scalpitanti, distribuendo per la prima volta nel 2012 il dividendo. E poi è partito alla conquista di nuovi mercati.
La Cina innanzitutto, dove le vendite, secondo i dati del terzo trimestre usciti martedì a mercati chiusi, sono aumentate del 48% dopo l'accordo con China Mobile, il principale operatore del Paese che ha 753 milioni di abbonati. E dunque, al momento, anche senza novità, gli utili di Apple continuano a crescere.
Nel terzo trimestre sono arrivati a 7,75 miliardi di dollari, +12,3% dai 6,99 miliardi dell'anno prima con ricavi pari a 37,43 miliardi, in rialzo del 6%. «I Paesi in via di sviluppo sono stati incredibili», ha detto l'ad Cook dopo le ottime performance del gruppo in Cina, aggiungendo che, «è il trimestre migliore da quando sono alla guida di Apple». Unica nota dolente l'iPad con vendite scese del 9,2% a 13,2 milioni.
Ma con l'arrivo del nuovo iPhone 6 con schermo ultralargo si vedrà una sempre maggiore commistione tra i due prodotti mobili. In rialzo anche le vendite di computer Mac: +17,6% a 4,4 milioni di unità che, però, continuano a rappresentare una parte modesta del fatturato. I ricavi, del resto, oltre che dall'hardware, dipendono molto anche dal software e da iTunes, il negozio on line che conta ormai su 800 milioni di iscritti, una cifra da social network.
E dato che «inventare» un altro prodotto di successo come l'iPhone sembra impossbile, Cook e i suoi collaboratori, tra cui l'italiano Luca Maestri responsabile finanziario, puntano sulle acquisizioni. Nel 2013 sono state comperate 29 piccole società. E poi c'è l'accordo di Ibm sul fronte delle App per il business che potrebbe dare il colpo di grazia alla già malandata canadese Blackberry. In Borsa +2,6%.
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