DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Rodolfo Parietti per “il Giornale”
Una bottiglia di Prosecco? Quindici dollari, con rincaro incorporato sull' etichetta di cinque dollari in un solo colpo. Per il consumatore americano amante del buon vino italiano, una stangata probabilmente insopportabile. Risultato possibile: carrello vuoto, il nettare di Bacco lasciato tristemente a impolverarsi sullo scaffale. È quanto Coldiretti teme possa accadere a partire da mercoledì prossimo, giorno in cui si profila un singolare allineamento planetario in materia di dazi.
Da un lato, Donald Trump si prepara a mettere la firma all' accordo commerciale di Fase Uno con la Cina dopo mesi di reciproche rappresaglie tariffarie; dall' altro, arriva a conclusione la procedura di consultazione avviata dal dipartimento del Commercio Usa sulla nuova lista allargata di prodotti europei da colpire con misure punitive.
È l' atto finale del dossier Airbus. Ritenuta colpevole dalla Wto di aver erogato aiuti di Stato al consorzio aeronautico, l' Unione europea è stata condannata a subire sanzioni da parte degli Stati Uniti fino a 7,5 miliardi di dollari. L' Italia, in occasione della prima tornata di tasse supplementari entrata in vigore lo scorso 18 ottobre, era riuscita tutto sommato a limitare i danni.
MATTEO SALVINI E LA FORMA DI PARMIGIANO
Dazi del 25% avevano colpito, per un valore di mezzo miliardo di euro, prodotti famosi del nostro agroalimentare come il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il Gorgonzola, l' Asiago, ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori. Il prosecco, il pinot grigio, il lambrusco e il chianti si erano invece salvati dalla tagliola tariffaria. Ad altri, tipo i produttori francesi di champagne, il trattamento riservato era stato ben più severo. Ora, però, la batosta è nell' aria anche per noi. «Con la nuova black list - sottolinea la Coldiretti - Trump minaccia di aumentare i dazi fino al 100% in valore e di estenderli a prodotti simbolo del made in Italy».
Nel mirino, ancora pasta, vino, olio, oltre ad alcuni tipi di biscotti e caffè esportati negli Stati Uniti. Valore complessivo, circa tre miliardi, cioè i due terzi dell' export della filiera agroalimentare. Se i prezzi al consumo non riusciranno ad assorbire, almeno in parte, il sovrapprezzo imposto dalle nuove tariffe, il rischio è quello di perdere clienti per strada e veder sfiorire un mercato dove il marchio tricolore allieta sempre più palati a stelle e strisce.
Soprattutto se il consumatore Usa fosse costretto a stringere la cinghia causa recessione, un pericolo che Oxford Economics tende tuttavia a escludere (25% di probabilità di una contrazione del Pil quest' anno) proprio perché le nubi con Pechino si sono diradate.
Due semplici cifre testimoniano il crescente successo dell' agroalimentare made in Italy: nei primi nove mesi del 2019, esportazioni pari a 4,5 miliardi, con un rialzo del 13%.
Inoltre, aggiunge l' organizzazione di categoria, «il vino, con un valore delle esportazioni di quasi 1,5 miliardi di euro, in aumento del 5% nel 2019, è il prodotto agroalimentare italiano più venduto negli States, mentre le esportazioni di olio di oliva sono state pari a 436 milioni anch' esse in aumento del 5%».
Ma a rischio è anche la pasta, con 305 milioni di valore delle esportazioni e una crescita record del 19% lo scorso anno. Le ripercussioni potrebbero essere quindi serie e dal sapore piuttosto amaro. Ricorda infatti il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini: «L' Unione Europea ha appoggiato gli Stati Uniti per le sanzioni alla Russia, che come ritorsione ha posto l' embargo totale su molti prodotti agroalimentari, come i formaggi, costato al made in Italy oltre un miliardo in cinque anni». Insomma: oltre al danno, anche la beffa.
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