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Fabio Tamburini per il Corriere della Sera
Fino al 2007, prima della grande crisi, Prelios è stata la regina del real estate italiano. Un settore, quello immobiliare, ritenuto quasi per definizione il più solido su cui potevano puntare i risparmiatori. Poi la società è crollata per l'utilizzo esagerato della leva finanziaria e investimenti avventati, a partire dalla drammatica campagna acquisti in Germania. Tanto che, soltanto un anno fa, nessuno avrebbe scommesso un euro sulla ripresa.
Eppure ieri pomeriggio si è chiuso l'aumento di capitale che autorizza a pensare che Prelios, la ex Pirelli Real Estate, possa farcela. Ora è affidata a una vecchia conoscenza dell'immobiliare, in passato legato al gruppo di Francesco Caltagirone, l'uomo d'affari Massimo Caputi. Prelios è diventata un piccolo salotto di quanto resta della finanza italiana: da Intesa Sanpaolo a Unicredit (che si spartiscono in quote sostanzialmente uguali il 42% circa del capitale), da Generali a Mediobanca, passando dalla Camfin di Marco Tronchetti Provera fino a Massimo Moratti.
In particolare la presenza delle due maggiori banche, Intesa Sanpaolo e Unicredit, e delle Generali risulta emblematica perché, oltre a Prelios, il destino degli investimenti immobiliari nell'area milanese più significativi è finito nelle loro mani: Risanamento (con Santa Giulia e le proprietà parigine), CityLife (i tre grattacieli a fianco della stazione Garibaldi), l'ex area Falck di Sesto San Giovanni (dove sorgerà la Città della salute, affiancando il neurologico Besta all'Istituto nazionale dei tumori).
Non poteva che andare così perché sia Intesa sia Unicredit sono stati in anni passati finanziatori generosi, risultando poi gli unici in grado di reggere le conseguenze disastrose della caduta verticale dei prezzi. Nella Prelios sono presenti nel doppio ruolo di creditori e azionisti, anche perché hanno garantito insieme ad altre banche la sottoscrizione dell'aumento di capitale da 185 milioni varato per il rilancio.
Nel complesso la società , che ha circa 10 miliardi di patrimonio gestito, è esposta verso il sistema bancario europeo per 7 miliardi, di cui 2 miliardi in capo a Intesa e Unicredit. Nell'operazione aumento di capitale non è mancata la sorpresa: il blitz del Susquehanna international group, specializzato negli investimenti finanziari in strumenti derivati, che nelle settimane scorse ha rilevato buona parte dei diritti di opzione dell'aumento di capitale senza però esercitarli diventando azionista.
Ora la nuova Prelios riparte dopo avere svalutato oltre metà dei 2 miliardi d'investimenti in Germania e da un piano di rilancio che, contrariamente alle previsioni, ha visto un piccolo azionista su tre sottoscrivere la ricapitalizzazione. La holding ha cambiato pelle organizzando una struttura centrale semplificata (40 dipendenti, meno di un terzo rispetto al passato), un desk Europa basato a Londra e puntando sui servizi immobiliari più che sulla compravendita perché la convinzione è che, anche quando finirà davvero la lunga notte della crisi, l'epoca delle super valutazioni non tornerà per molto tempo.
Nonostante ciò la speranza è che, trascorsi quasi sei anni, dopo il brutto arrivi il bello. Ci devono credere soprattutto Intesa e Unicredit, ma lo confermano le vicende sugli altri fronti aperti. In Risanamento, nonostante le perdite subite e le clamorose disavventure giudiziarie, anche recenti, è rispuntato come se niente fosse il fondatore della società , Luigi Zunino, che ha presentato l'offerta per rilevare gli immobili francesi lasciando l'area di Santa Giulia alle banche.
Per quanto riguarda CityLife il gruppo degli investitori iniziali è decimato, con uscita di scena, più o meno obbligata, della Fonsai, dei Ligresti e del gruppo romano Toti. Sono rimasti i colossi assicurativi Generali, che controllano circa due terzi della società , e Allianz, con la parte restante.
Ma l'equilibrio risulta sbilanciato e grandi manovre sono in corso per la separazione consensuale. Una possibilità è che Generali finisca per controllare il 100 per cento di CityLife mentre Allianz, in cambio della quota, otterrebbe uno dei tre grattacieli mantenendo l'investimento nell'area. La stessa presenza che, almeno per il momento, sono costretti a conservare Intesa e Unicredit nel terreno ex Falck di Sesto San Giovanni, in passato roccaforte della Milano operaia e comunista.
Sempre per evitare la perdita dei crediti, le due banche si sono affidate ad una coppia inedita d'imprenditori: Davide Bizzi e Valter Mainetti del Sorgente group. Il primo è cresciuto lavorando con Ernesto Preatoni, il creatore di Sharm el Sheikh, in Egitto, e ha fatto il salto di qualità costruendo un grattacielo sulla quinta strada di New York, dove ha consolidato la conoscenza di Mainetti. Entrambi giocano l'asso distribuito dall'ex presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, proprio negli ultimi giorni del mandato: la costruzione nell'area di Sesto della Città della salute.
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