DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Quirino Conti per Dagospia
Deve essere proprio così: da sempre due anime contradditorie finiscono per combattersi nel cuore del Creato.
L’intervista uscita sul Corriere della Sera, a firma Daniela Polizzi, fa di Patrizio Bertelli e di Prada una tra le più rigide e osservanti pagine di dura e stretta economia al potere, dopo che nelle scorse settimana le stesse pagine avevano trattato la Moda come lo spirito del Tempo e la più espressiva configurazione dell’anima contemporanea.
Qualcosa allora non deve filare: con, sullo stesso quotidiano, la bella promozione pubblicitaria inneggiante al puro stile della casa, ‘introibo’ alle dissertazioni pragmatico-economiche del tostissimo Bertelli.
Patrizio Bertelli e Miuccia Prada
Evidentemente la contraddizione non è solo di ora: tormentava anche il pallido Saint Laurent; seppure, più recentemente, Karl Lagerfeld - spiccio come un banchiere teutonico e sottile come un teologo della riforma – rappresentasse in sé la più lucida esemplificazione di tale inconciliabile dialettica. In lui pacificata e convivente.
Il lettore deve sapere che, sulle stesse pagine, una instancabile Paola Pollo percorre da anni mari e monti pur di narrare la poetica degli stili: facendosi di volta in volta Yourcenar, Céline, quando non la sempre presente De Beauvoir femminista.
Insomma una sorta di Contini o Citati a disposizione di abiti o accessori. Quindi, con gli stessi caratteri e sulla medesima carta, le invettive Bertelliane sui proprietari dei marchi e sul loro destino di inevitabili profughi: cacciati ogni volta dalla proterva autorità dell’acquirente.
Eppure altre sono le storie narrate da questi ultimi. Assieme al ritratto di un lupo mangiatutti alla strenua ricerca di marchi da svuotare per proprio comodo ed uso. Come dire che Giulio II, una volta pagato Michelangelo lo metteva alla porta, riempiendo l’operazione Sistina di un ottimofast foodcon comodo di pubblicità e affari di ogni caratura.
E’ vero anche che come la Trinità, nel trinomio Prada, tre sono le persone uguali e distinte: lui, duro e assertorio, il padre-padrone; l’altro, fremente, lo stilista Simons, accorso a sostenere pericolanti (gaddiane) varianti linguistiche; e lei, la paraclita Miuccia: sensibile rivoluzionaria custode del messaggio.
Ecco, in due parole, l’enorme confusione di questi ultimi anni: da Parigi a Milano la doppia natura ermafrodita di un mestiere in difficoltà, che si dibatte tra due ossessivi contentendi.
Capitò del resto anche al cinema d’autore: aggredito da una produzione sempre più imperativa e volgare. C’era una volta Fellini, ma anche qualcuno che durante la lavorazione della sua ultima opera prevedeva minacciosamente che non ce ne sarebbe stata un’altra. Proprio a causa della libertà autorale che aveva prodotto così tanti capolavori.
Miuccia Prada and Patrizio Bertelli. Photo- via Financial Times
Dovrebbe dunque nascere un nuovo Lagerfeld? Come lui infinitamente creativo, ma anche aspro e cinico come un cravattaio .
Allora Bertelli sarebbe finalmente contento. E con lui il padrone del giornale.
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