DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA…
Massimo Credito per La Verità
Cher monsieur Donnet, ci scuserà se le scriviamo in italiano, ma conserviamo ancora il piacere della nostra lingua, e d’altra parte, al contrario del suo compatriota, amico e collega Jean Pierre Mustier di Unicredit, che si ostina a non spiccicare una parola che non sia in francese o in inglese (all' uscita dalla prima della Scala lo abbiamo sentito con le nostre orecchie rispondere ostentatamente in british a una domanda sulla Butterfly di un giornalista televisivo), sappiamo che lei fatica ad articolare, ma non disdegna, l' idioma di Dante.
Ci permettiamo di disturbarla, caro Donnet, perché nei giorni scorsi abbiamo letto una sua dichiarazione in cui respingeva sdegnosamente l' accusa di essere arrivato al vertice della più importante compagnia di assicurazioni italiana con l' obiettivo (non dichiarato) di consegnarla, nel più breve tempo possibile, e magari a prezzo di saldo, nelle mani dei suoi connazionali, e più precisamente in quelle del gruppo Axa da cui lei proviene e da cui arrivano tutti i manager che lei ha portato a Trieste per formare la sua squadra (più personale che aziendale, ci sembra).
GENERALI NEL MIRINO
Naturalmente, il fatto che lei abbia smentito di essere intenzionato a fondere Generali in Axa ci ha confortato, anche se per la verità nessuna delle indiscrezioni di cui lei ha voluto negare il fondamento aveva parlato di fusione, bensì di semplice aggregazione.
Spaventa, lei lo capirà di certo, l' idea che l' ultimo grande baluardo del capitalismo italiano, la società più strategica che l' Italia possieda - non fosse altro perché detiene in portafoglio ben 70 miliardi di titoli del debito pubblico nazionale, il 4% del totale e il 15% dei suoi asset - possa finire sotto il controllo di interessi stranieri.
Non si tratta di fare il piagnisteo sull' italianità, bandiera sotto la quale spesso si sono nascosti interessi tutt' altro che patriottici, ma di essere realisti: se domani Generali fosse di proprietà francese, inevitabilmente ragionerebbe e si comporterebbe come tale. E, se permette, a noi italiani questa cosa ci fa girare non poco le scatole.
Anche perché in questi stessi momenti rischiano di diventare francesi pure Mediaset (sotto attacco di Vivendi) e Unicredit (il suo amico Mustier nega, ma l' aumento di capitale di 13 miliardi che intende varare sembra fatto apposta per spalancare le porte a Société Générale), dopo che già vi siete presi Pioneer, Telecom, Parmalat e non vado oltre. Mentre voi, quando qualche volta è capitato a gruppi italiani di tentare di mettere le zampe su qualcosa di transalpino, avete eretto le barricate. Altro che reciprocità europea.
Peraltro, il problema non è la Francia in quanto tale. Quando nei giorni scorsi l' agenzia Bloomberg ha lanciato l' indiscrezione secondo cui Generali France, «uno dei tre pilastri su cui si regge il gruppo» (sono parole sue, monsieur Donnet), sarebbe nel mirino della tedesca Allianz, il nostro cuore ha ugualmente battuto forte per la preoccupazione. E allo stesso modo ci prende l' angoscia quando le indiscrezioni - queste non ancora uscite sulla stampa, ma altrettanto fondate - riguardano gli appetiti su Generali (tutta o a pezzi) da parte degli svizzeri di Zurich. I quali, peraltro, hanno una motivazione più degli altri colossi assicurativi ad aggredire il Leone di Trieste, per via del fatto che lì è approdato come ceo il suo predecessore, Mario Greco.
MALUMORI E RIVALSE
Sappiamo che costui è animato da un forte spirito di revanche verso taluni soci, e in particolare la De Agostini che esprime in consiglio di amministrazione Lorenzo Pelliccioli, considerato da Greco traditore degli impegni presi con lui e dunque all' origine della sua uscita. Quell' uscita, monsieur Donnet, che a marzo scorso le ha consentito, con i buoni uffici del duo Bolloré-Nagel, di arrivare là dove lei - confessi - non si sarebbe mai sognato di arrivare nella sua pur brillante carriera. Ma veniamo al dunque.
La nostra lettera aperta, caro Donnet, ha uno scopo preciso: darle un suggerimento, se ce lo consente. Visto che lei tende a smentire le notizie su Generali non più italiana, e visto che esse sono originate anche e soprattutto dalla sua conclamata amicizia con Vincent Bolloré, e visto ancora che il finanziere bretone è oggi impegnato in una scalata ostile a Mediaset, scalata che lo stesso governo italiano, per bocca del ministro Carlo Calenda, ha definito «inappropriata», ecco che, cacio sui maccheroni (come si dice dalle nostre parti), le capita un' occasione straordinaria per dimostrare concretamente la sua acquisita «italianità» e soprattutto per ribadire quella di Generali: dia una mano a Fininvest, comprando una quota di Mediaset.
Diciamo tra il 10% e il 20% -al massimo sono 400 milioni, gli stessi che lei (giustamente) ha deciso di buttare nel calderone Monte dei Paschi, convertendo obbligazioni subordinate - e tanto basta per spegnere l' incendio appiccato da Vivendi.
Come dice? Non sono fatti suoi? Ah, ma perché lo sono invece le varie partecipazioni che negli anni Mediobanca ha costretto Generali a prendere? Suvvia, per Trieste sarebbero peanauts (scusi, cacahuètes). Insomma, noccioline, all' italiana. Altrimenti, come dite voi? À la guerre comme à la guerre… Grazie per l' attenzione.
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